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07/12/2023

USA - Il Senato dice basta gli aiuti a Kiev

Ormai siamo alla retorica pura, a fini esclusivamente interni agli Stati Uniti.

La più recente puntata della drammatica telenovela sugli “aiuti all’Ucraina” rivela che il cuore della discussione non riguarda più il destino di Kiev, ma l’orientamento strategico dell’area euro-atlantica, incerto sul da farsi come mai prima e alle prese con ben due guerre.

Joe Biden aveva già provato a scuotere la maggioranza del Congresso – repubblicana, e quindi all’opposizione della Casa Bianca – sulla fine dei finanziamenti autorizzati a partire dal primo gennaio 2024.

È un problema di legalità della spesa pubblica degli Stati Uniti, insomma, che determina il “che fare” internazionale della superpotenza un tempo egemone sul mondo intero.

Biden ha presentato una richiesta per un pacchetto supplementare di aiuti a Kiev per un totale di 106 miliardi di dollari. Ma è risultata totalmente bocciata fin dalla prima tranche (50 miliardi per l’Ucraina e 14 per Israele).

A sostegno della propria proposta aveva riproposto tutto l’armamentario di slogan che ha accompagnato i primi due anni di guerra e rifornimenti per Kiev. E quindi: “non possiamo permettere che vinca Putin“, “Il mondo ci guarda. Se gli Stati Uniti non sostengono l’Ucraina, chi lo farà? Cosa succederà alla Nato? Al G7? Se noi molliamo, come faranno i nostri amici europei ad aiutare Kiev?“.

Un crescendo di chiacchiere che paradossalmente ha dimostrato che questa amministrazione Usa non ha un piano di riserva e quindi spinge stupidamente sulla perpetuazione di una strategia già fallita, insieme alla “controffensiva” sul terreno.

“Se Putin conquista l’Ucraina non si fermerà lì”, esattamente come diceva anche due anni fa e nonostante Mosca abbia chiaramente dimostrato (oltre che detto) che i propri obiettivi si limitano alla “protezione” della parte russofona dell’Ucraina (i quattro oblast del Donbass e la Crimea) e alla “neutralità strategica” della futura Kiev, e quindi senza l’adesione alla Nato che permetterebbe di schierare armamenti strategici a 300 km da Mosca.

Nel tentativo di fare breccia nel muro dei trumpiani – interessati soprattutto ad alzare muri sull’immigrazione e aumentare le trivellazioni petrolifere – Biden ha calcato ancora di più il tasto del catastrofismo irresponsabile.

Se Putin dovesse vincere “allora avremo qualcosa che non vogliamo e che non abbiamo oggi: truppe americane che combattono contro truppe russe... se si muove in altre parti della Nato“. E quindi il rischio concretissimo di un conflitto che slitta nella note atomica.

“Il Congresso deve approvare il finanziamento all’Ucraina prima della pausa delle festività, è semplice. I nostri alleati europei sono preparati a restare al nostro fianco, sanno che Putin continuerà ad andare avanti e attaccherà gli alleati Nato“.

Ma non è servito a smuovere il Senato. Anzi, anche il senatore “socialista” del Vermont, Bernie Sanders, ha votato contro la proposta “democratica”.

Naturalmente non è finita qui. Ora partirà la solita trattativa tra repubblicani e “democratici” per trovare un compromesso tale per cui i finanziamenti per Kiev (magari meno faraonici) siano accompagnati da corrispettivi per i temi che stanno a cuore alla destra (anti-immigrazione e trivellazioni).

Fiutando l’aria negativa, lo stesso Zelenskij aveva rinunciato sia alla presenza fisica a Washington, in occasione della votazione, sia ad un collegamento audiovideo. Del resto anche lui deve affrontare una pesante fronda interna, visto il fallimento della strategia militare da lui pretesa, e la sempre più evidente impossibilità di una vittoria.

Non a caso anche i media più guerrafondai di casa nostra stanno cambiando registro e narrazione, evidenziando – sempre con toni enfatici e “trionfali”, ovviamente – come siano ormai le donne a ricoprire centinaia di mansioni lavorative prima esclusive dei maschi. Che sono andati al fronte, ma con sempre meno possibilità ormai di tornarne vivi o in salute.

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