Si è svolta il 29 aprile la visita del presidente turco Erdogan a Roma, in occasione del quarto vertice intergovernativo Italia-Turchia. Da entrambe le parti la volontà era quella di stringere ulteriormente l’intesa su vari dossier ritenuti importanti, a partire da quelli sugli accordi in ambito militare e sui migranti.
Giorgia Meloni, alla fine degli incontri, ha ribadito che i due paesi sono “nazioni alleate sullo scenario euro mediterraneo e in ambito di alleanza atlantica”. Questi sono i vettori che la presidente del consiglio ha voluto sottolineare, evitando in ogni modo argomenti scomodi: la conferenza stampa dei due leader ha visto solo dieci giornalisti italiani e dieci turchi, e non è stata concessa alcuna domanda.
Ad esempio, qualcuno avrebbe potuto ricordare a Meloni che per lungo tempo tra le sue rivendicazioni c’era stata quella di impedire ad Ankara l’ingresso nell’UE, considerandolo un canale utile all’islamizzazione del continente. Ieri, invece, i media turchi evidenziavano il sostegno di Roma nell’entrare a far parte della comunità europea.
La realtà è che, come al solito, bisogna seguire i soldi per capire cosa è pura propaganda e cosa sia invece un interesse concreto. Bisogna innanzitutto dire che Meloni ha ringraziato Erdogan per aver combattuto le partenze di migranti dal suo paese: anche se questo è tema da sbandierarsi tra l’elettorato più retrivo del paese, è anche utile alla UE.
Da tempo ormai Bruxelles ha adottato la visione per cui, in un mondo dove alimenta sempre più conflitti e provoca flussi migratori più sostanziosi, deve anche ‘selezionare’ la forza lavoro da sfruttare secondo le necessità del sistema produttivo europeo. Con l’approvazione di von der Leyen, l’Italia e Giorgia Meloni sono state in prima linea sull’argomento.
Non sono mancate alcune parole per la crisi in Ucraina, quella in Palestina e quella libica, in cui si incrociano presenze e influenze di tutti i principali attori del Mediterraneo allargato. Gli accordi stretti negli ultimi anni da Erdogan con le autorità libiche hanno visto la presenza turca rafforzarsi appena al di là della Sicilia, rendendo se non necessario almeno utile accordarsi sul futuro del paese africano.
La Libia è di grande interesse per le risorse energetiche che offre. Anche questo tema è entrato tra gli undici accordi siglati a Roma, che rafforzano il rapporto in ambito commerciale. La presidente del consiglio ci ha tenuto a ricordare come la partenrship con Ankara sia tra le più importanti, innanzitutto per il gas naturale che passa attraverso il Tap, ed ora vuole essere espansa alle rinnovabili e all’idrogeno.
Meloni ha sottolineato che “l’Italia è il primo partner commerciale della Turchia nell’area del Mediterraneo, il secondo in Europa, con un interscambio cresciuto negli ultimi anni in modo considerevole passando da 26 miliardi nel 2023 al record di oltre 32 miliardi di dollari nel 2024”. Superato con largo anticipo l’obiettivo fissato al vertice intergovernativo del 2022, ora si punta a raggiungere i 40 miliardi.
Al forum delle imprese che ha accompagnato gli incontri diplomatici erano presenti ben 620 realtà (345 italiane, 275 turche), tra cui Beko, l’azienda di elettrodomestici con cui il ministro delle Imprese Urso ha da poco firmato un accordo per quattro stabilimenti italiani. Meloni ed Erdogan sono intervenuti in questo consesso riaffermando l’importanza delle sinergie tra i due paesi.
Al riguardo, a finire sotto i riflettori è stato quello che è probabilmente il più importante dossier industriale tra i due paesi, ovvero quello dell’acquisizione da parte di Baykar della Piaggio Aerospace e il memorandum of understanding con cui Leonardo e Baykar hanno deciso di creare una joint venture con sede in Italia per lo sviluppo di droni.
È ancora una volta Leonardo e il complesso militare-industriale a farla da padrone in una UE che è avviata definitivamente sulla strada dell’economia di guerra. La Turchia è vista come un alleato indispensabile su questo piano inclinato della guerra, negli equilibri da tenere nel Mediterraneo allargato.
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