Resistere retrocedendo, mentre il fronte dei creditori mostra crepe impensabili fino a qualche ora prima. Il governo greco è, sì, “riformista”, ossia impegnato a mantenere Atene dentro l'unione Europea ma cercando di metter fine alle politiche di austerità, ma non ha molto a che vedere con i “riformisti” nostrani, che sarebbe forse meglio cominciare a definire “venduti”.
Vediamo cosa sta combinando.
Ieri ha rimborsato al Fmi la quota di 750 milioni dovuta entro il 12 maggio. Ma lo ha fatto in modo molto “creativo”. Ha cioè rinunciato alla proprietà dei “diritti di prelievo” (650 milioni di dollari) detenuti da Atene presso lo stesso Fmi; insomma, la sua quota di partecipazione. Di fatto, ne ha versati soltanto 100. In teoria, la quota dovrebbe essere ricostituita entro un mese, di fatto segnala uno “sganciamento” ellenico rispetto al fondo di Washington. Se non rimette la quota, è fuori.
Il Fmi, da parte sua, ha acconsentito a malincuore: "L'Fmi era d'accordo sul loro utilizzo, viste le condizioni critiche di liquidità della Grecia; senza l'utilizzo di quelle riserve, il pagamento dovuto oggi non sarebbe stato possibile". Ma ha fatto sapere agli altri due membri della Troika (Bce ed Unione Europea) di non voler partecipare a un terzo salvataggio della Grecia (si parla di 50 miliardi di ero da trovare tra creditori riluttanti); e anzi ha invitato i partner a essere realisti e considerare il debito greco come non restituibile. In pratica, ha aperto la strada alla “ristrutturazione del debito”, ossia a una sua sostanziosa riduzione.
La Bce, nel frattempo, ha aumentato a 80 miliardi la liquidità d'emergenza alle banche (Ela) elleniche, mentre ha rinviato ogni decisione sull'eventuale svalutazione dei titoli di stato portati da Atene come garanzia.
Tutto ciò dovrebbe servire a tenere la Grecia dentro la Ue, ma intento si stanno preparando dei “piani B” nel caso, niente affatto teorico, che il default si verifichi molto presto, quando Atene dovrà restituire – questa estate – due diverse tranche a Fmi e Bce. Visto che la liquidità disponibile è stata calcolata nelle ultime ore pari a soltanto 600 milioni di euro, l'ipotesi appare decisamente peregrina.
Fine dei giochi, dunque?
No. Nelle stesse ore Sergei Storchak, vice ministro delle Finanze russo, ha formalizzato nei confronti di Atene la proposta di entrare a far parte della banca dei Brics, formata da Russia, Cina, Brasile, India e Sudafrica, nata come alternativa alla Banca Mondiale e che può vantare riserve per oltre 100 miliardi e condizioni meno capestro.
Tsipras e Varoufakis hanno naturalmente colto al volo questo salvagente, cosi il premier greco andrà al forum economico di San Pietroburgo – dal 18 al 20 giugno – con la partecipazione dei leader dei cinque principali paesi in via di Sviluppo.
C'è vita, fuori dall'Unione Europea. Si può rompere la gabbia e evadere. Meglio se in tanti, no?
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