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04/05/2016

Il capo è nervoso

“Attenti oggi il capo è nervoso”. Chissà quante volte ve lo sarete sentito dire arrivando al lavoro. Nella maggior parte dei casi il capo è nervoso perché qualcuno, più “capo” di lui, gli sta con il fiato sul collo; oppure perché i suoi dipendenti contestano le sue decisioni, talvolta apertamente, talvolta con lo “sciopero del cuore”, silenzioso ma non per questo deferente.

Che Matteo Renzi sia molto nervoso lo testimoniano le quantità di contestazioni (e di manganellate della polizia) che lo inseguono ovunque vada, sia essa una grande città o un piccolo centro. E’ nervoso perché sa di aver fatto parecchio del lavoro sporco che gli era stato richiesto contro lavoratori, pensionati, risparmiatori. La lettera della Bce firmata da Draghi e Trichet il 5 agosto del 2011, è stata applicata... alla lettera.

Ma i suoi mandatari non sono ancora contenti.

Non lo è l’Unione Europea che mal sopporta le sue rodomontate così come non sopportava le stramberie di Berlusconi.

Non lo è la Confindustria, oggi pesantemente ipotecata dalle aziende di cui il governo è azionista, e che lo placca stretto per rendere strutturali e non congiunturali gli sgravi contributivi, la mano libera alle imprese nel licenziare o assumere con salari da fame.

Non lo è un potere forte come la magistratura, la quale mostra forti segni di fastidio verso un premier che, come Berlusconi, ritiene che la legalità vada bene per tutti tranne che per i suoi uomini e donne ripetutamente beccati con le mani nella marmellata.

Renzi è contrariato dal fatto che gli indicatori economici sull’andamento della recessione smentiscono ogni sua fanfaronata sulla disoccupazione, i redditi, i consumi, il risparmio, la fiducia sul futuro.

Renzi è preoccupato dal fatto che l’unica carta su cui può ancora contare è che le classi dominanti non hanno ancora trovato un “leader” di ricambio con cui sostituirlo senza ricorrere alle elezioni. Esattamente come venne fatto con Berlusconi (piazzandoci Monti) o con il povero Letta (messo alla porta dal collega di partito Renzi).

Renzi occulta il suo nervosismo ricorrendo a tweet sferzanti e a interviste televisive con giornalisti in ginocchio. Ma cercare di vincere facile non è un buon allenamento, se vuoi ingaggiare sfide serie.

Renzi è talmente nervoso che ha anticipato di mesi le nomine ai vertici di polizia, servizi segreti, guardia di finanza, per cercare di legare a sé gli apparati coercitivi dello Stato che gli stanno salvando il culo dalle contestazioni nella strade e nelle città italiane. Come contropartita hanno però preteso che Carrai, l’amico di Renzi, venisse tenuto fuori dai servizi di sicurezza.

Renzi è molto nervoso perché ha verificato come un cittadino su tre sia andato a votare al referendum contro le trivelle, anche se lui gli avevo detto di stare a casa.

E’ nervoso perché l’aria che tira per le elezioni comunali nella grandi città vede i suoi candidati in serissima difficoltà di consensi.

E’ nervoso perché ogni volta che annuncia che andrà a casa, se perde il referendum sulle riforme controcostituzionali ad ottobre, non c’è nessuno che cerchi di dissuaderlo dal non farlo.

Renzi va mandato a casa. E stavolta sarebbe molto meglio che la spinta venisse dalla società e non da giochi ridefiniti dentro i salotti esclusivi dei poteri forti o dentro qualche loggia. Le tensioni con Confindustria, Magistratura ed Unione Europea si stanno accumulando pericolosamente per il “capo”, ma un’altra operazione come quella contro Berlusconi non sarebbe affatto, come non lo fu quella, una svolta democratica di cui tutti sentono il bisogno.

A ottobre ci sarà un referendum decisivo, non solo per impedire che la Costituzione diventi come il bugiardino delle medicine, ma per dare una spallata ad un capo nervoso e pericoloso, più per gli altri che per sé stesso.

A ottobre la partita che si gioca sarà di importanza straordinaria, è bene dircelo sin da adesso. Chi continua ad auspicare di spacchettare i quesiti e magari su alcuni votare no e su altri si – nell’illusione che “gli italiani” possano concentrarsi su formule volutamente astruse piuttosto che, all’evidenza, pro o contro una svolta reazionaria malamente nascosta da una faccia da impunito – non comprende il carattere strategico di questa battaglia democratica.

Anche in questa occasione non sono possibili “riduzione del danno”. Lo scontro sul referendum di ottobre è uno spartiacque: o con Renzi (e la Troika) o con la democrazia.

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