Prendiamo il caso della “flessibilità” sui conti pubblici concessa dalla Commissione Europea al governo italiano, su cui Renzi ha speso lodi per il suo ministro (Pier Carlo Padoan) e intestandosi il “successo” “anche se la dimensione della flessibilità ottenuta è “meno di quello che avrei voluto”.
Effettivamente la Commissione Ue concederà all’Italia una flessibilità “senza precedenti, mai richiesta né ricevuta da nessun altro”, si legge nella lettera che i due Commissari agli affari econonomici – Dombrovski e Moscovici – hanno spedito al governo italiano per “promuovere” la bozza di legge di stabilità per l’anno in corso. L’iter completo si concluderà solo a dicembre, ma in base ai trattati europei ogni singolo passo deve essere contrattato con la Commissione (e la Troika), ricevendo il via libera solo dopo le eventuali correzioni richieste.
Ha vinto Renzi, insomma? Niente affatto. La flessibilità ottenuta – lo 0,85% nel rapporto tra deficit e Pil – vale solo per quest’anno; e in ogni caso, rispetto al disegno presentato da Padoan, la Ue pretende una correzione di 3 miliardi (quasi lo 0,2%) per evitare che la “deviazione” rispetto al percorso stabilito verso il “consolidamento” dei conti si trascini sull’anno successivo, aggravando lo sbilanciamento del prossimo anno.
Questa concessione, però, è gravata da un vincolo più ferreo sulla manovra del 2017: il deficit dovrà essere infatti portato obbligatoriamente all’1,8% del Pil. E nessuna nuova flessibilità potrà essere richiesta in quella sede.
Mettendo insieme le due cose, insomma, ne vien fuori che il margine di manovra spuntato per l’immediato andrà restituito interamente l’anno prossimo. Dov’è dunque la “vittoria” sbandierata dal cosiddetto premier?
In un solo punto: Renzi potrà gestire la campagna elettorale per il referendum controcostituzionale di ottobre senza che l’Unione Europea faccia sentire quotidianamente i suoi artigli sulle condizioni di vita della popolazione. Una flessibilità tutta politica, insomma, per non complicare un percorso allineatissimo con le disposizioni della Troika, con un occhio ai sondaggi che sottolineano il forte rischio di una bocciatura del golpe costituzionale.
Insomma, Bruxelles si preoccupa di far restare al suo posto un fedele esecutore delle direttive, accettando di buon grado i presunti “pugni sul tavolo” che Renzi recita a beneficio dei media di regime.
I conti veri – tagli alla spesa pubblica per il welfare e aumento delle tasse indirette (a cominciare dall’aliquota Iva, specificamente compresa in cima alla lista delle “clausole di salvaguardia”) – si faranno l’anno prossimo, nella speranza di avere a Palazzo Chigi sempre le stesse facce e l’identica obbedienza.
Non a caso Dombrovskis e Moscovici sottolineano “l’ambizioso piano di riforme italiano”, ricapitolando quanto fatto per smantellare le tutele dei lavoratori, diffondere e legalizzare la precarietà contrattuale in ogni senso, creare un “ambiente favorevole alle imprese e ai capitali da investimento esteri”. Un’opera criminale che va dunque portata ancora più avanti, per ora con l’identica squadra.
La “flessibilità” viene così ragionieristicamente composta: “tutto lo 0,5% disponibile per le riforme, lo 0,25% per gli investimenti, lo 0,04% per l’aumento dei costi legati al flusso di migranti e lo 0,06% per le spese eccezionali legate alla sicurezza”. Soltanto in tema di migranti viene invece respinta la richiesta italiana di un ulteriore margini dello 0,2%.
Il gatto e la volpe di Bruxelles, comunque, ci tengono a far presente che questa concessione “senza precedenti” va controbilanciata con impegni “chiari e credibili” sui conti del 2017. Per questo Bruxelles blinda l’obbligo di far scattare le clausole di salvaguardia nel caso in cui l’obiettivo di bilancio non venisse raggiunto.
La stessa “flessibilità”, peraltro, non è lasciata alla libera gestione del governo italiano. Valdis Dombrovskis e Pierre Moscovici descrivono minuziosamente le modalità con cui si potrà fare «migliore uso» della flessibilità rispettando il Patto di stabilità e crescita (Psc). In pratica, uno “sforzo fiscale maggiore dello 0,5% per il 2017 e per il 2018”.
Come sottolinea Adriana Cerretelli, attenta analista de IlSole24Ore:
Dunque la strada per una correzione senza «deviazioni significative» è segnata. Ed è più stretta di quella attualmente prevista nel Def. Si tratta ora di percorrerla fino in fondo, sperimentando l’applicazione della nuova legge di Bilancio unificata (quella che manderà in pensione la legge di Stabilità). Nessun assalto alla diligenza sarà concesso.Detto altrimenti: Renzi ha ottenuto fiato politico, e Bruxelles glielo ha concesso perché trovare un esecutore più servizievole potrebbe rivelarsi difficile.
La lettera integrale dell’Unione Europea
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