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11/10/2018

Potere al Popolo. Rifondazione sta ferma e cammina

Hai votato. Ti dicono il risultato, ti fai un’opinione, sai che altri ne avranno una diversa dalla tua e va bene così. E’ nella logica delle cose, e si può dire che è una fortuna: se avessimo tutti la stessa opinione su tutto, il mondo sarebbe una gabbia di matti.

Una certezza ce l’hai: al di là delle interpretazioni che ognuno darà della faccenda, dopo la votazione Potere al Popolo ha finalmente uno Statuto. E’ un punto fermo. Ora – ti dici – andremo rapidamente avanti, perché da qualunque parte la guardi questa amara vicenda, su un punto almeno siamo d’accordo tutti: è ora di piantarla. Polemiche a scontri pubblici in un Coordinamento che nessuno ha mai eletto hanno prodotto danni evidentemente gravi. Non è più tempo di due verità contrapposte. Chi non è nel Coordinamento non ha alcuna possibilità di giudicare. C’è solo un modo per uscirne: organizzarsi, così come prevede lo Statuto approvato.

Davvero tutti d’accordo? Chi ha votato certamente sì. Non lo sono, invece, Acerbo e compagni, che subito dopo il voto ricominciano il can can. Altro che andate avanti. Rifondazione non accetta l’esito della votazione! Andrebbe bene persino così, se in nome della storia e dell’identità del partito, i dirigenti decidessero di sbattere la porta e andare per la loro strada. Le cose però non stanno così. Rifondazione non esce e non entra. Sta ferma sotto l’arco della porta, chiede di ignorare – o calpestare? – la decisione di chi ha votato e tornare a discutere in quel Coordinamento di autonominati che ha prodotto i due Statuti.

In un sussulto di ottimismo, speri che, assieme alla richiesta di tornare alla discussione, Rifondazione abbia assicurato anche che non deciderà più nulla in tema di appelli, alleanze, poli ed elezioni, finché non saremo fuori dal pantano.

Un ottimismo eccessivo: Rifondazione non garantisce nulla. Potere al Popolo ha firmato l’appello di Lisbona? Pazienza. Ferrero e gli antiliberisti come lui hanno lavorato, lavorano e lavoreranno ancora per formare un “quarto polo” che includa i liberisti di Leu. Una scelta inconciliabile con Potere al Popolo.

Come per lo Statuto, così per le eventuali elezioni e per gli alleati, Potere al Popolo è inchiodato a un’eterna e forse mortale discussione. Rifondazione non se ne va, non esce, non entra, sta sotto la porta: qui aspetta e altrove contratta. La conseguenza evidente del mistero fisico per cui un partito sta fermo e contemporaneamente corre, è sotto gli occhi di tutti: finché ha potuto tenere la sua “non posizione” e starsene immobile, mentre camminava, il partito della Rifondazione ha fatto ciò che credeva, come meglio voleva, frenando la corsa di Potere al Popolo.

E’ inutile chiedere nuove discussioni. L’approvazione dello Statuto apre una fase nuova e indietro non si torna. Rifondazione deve scegliere se stare ferma o camminare. Se, per dirla tutta e fuori dai denti, restare o andare via.

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