di Michele Giorgio
«Mettiamoci al lavoro» ha
esortato con un tweet l’altra sera Saad Hariri poco dopo l’annuncio
della nascita del nuovo governo libanese dopo quasi nove mesi di
trattative salutata dai fuochi di artificio che hanno
illuminato la notte di Beirut. E di lavoro da fare ne avranno parecchio
il primo ministro sunnita e i suoi 30 ministri. I problemi sono
enormi, a partire dal disastro economico e finanziario del paese. Hariri
in queste ore si mostra soddisfatto ma ha dovuto mandare giù due rospi
segno della sua crescente debolezza. Il primo è politico. Dopo aver puntato i piedi per mesi ha dovuto accettare la nomina di un ministro fuori dai ranghi del suo partito sunnita.
Si tratta di Hasan Mrad del gruppo parlamentare sunnita indipendente
vicino allo schieramento “8 Marzo” guidato dal movimento sciita
Hezbollah alleato di Damasco e Tehran. Il secondo è la chiusura del quotidiano al Mustaqbal, di proprietà della sua famiglia. Una chiusura figlia della forte riduzione dei finanziamenti che Hariri riceve dall’Arabia Saudita. Riyadh lo ha scaricato.
Le elezioni dello scorso maggio hanno ridimensionato la coalizione
capeggiata, con crescente difficoltà, da Hariri, il fronte “14 Marzo”. Il nuovo governo è, più o meno, lo specchio del successo dello schieramento di Hezbollah.
Non a caso l’Iran si è rallegrato per la nascita di un esecutivo
libanese ben diverso da quello che desideravano l’Arabia Saudita e
l’Amministrazione Trump. Il movimento sciita comunque ha tenuto conto
della particolarità del sistema politico e istituzionale del paese dei
cedri, volto ad equilibrare il peso delle varie comunità religiose e a
favorire la sempre precaria unità nazionale. Riconfermando la
formula dell’esecutivo di consenso nazionale, ha lasciato agli alleati
cristiani della Corrente dei liberi patrioti, il partito del capo dello
stato Michel Aoun, la fetta più grande della torta. Ben 10 ministeri.
Hezbollah ne avrà tre (come l’altro partito sciita Amal) tra cui quello
della salute, il quarto per budget.
Si tratta di una scelta strategica. Questo ministero renderà
arduo se non impossibile per i donatori internazionali boicottare
Hezbollah così come vorrebbero gli Stati Uniti che nell’ultimo
anno hanno varato una raffica di sanzioni contro il movimento sciita
perché alleato di Siria e Iran e nemico di Israele. Non solo. «Il
ministero della salute è uno di quelli che consentono di distribuire
servizi agli elettori e di generare consenso», spiega Karim Bitar dell’Institute for International and Strategic Affairs. Hezbollah in questo modo potrà aggirare almeno in parte le conseguenze delle sanzioni Usa
volte a colpire le sue risorse finanziarie usate anche per l’assistenza
ai settori più poveri della comunità sciita (e non solo) libanese.
Non si prevedono scossoni politici interni. I pericoli più concreti per il Libano restano quelli esterni.
Una nuova devastante offensiva militare israeliana e le sanzioni Usa
contro Hezbollah che di riflesso colpiranno tutta l’economia libanese
già in una fase di grande fragilità. Il Libano ha un debito
pubblico di 80 miliardi di dollari, il 141% del Pil nel 2018. La sua
crescita che viaggiava intorno al 9% negli ultimi due anni prima
dell’inizio, nel 2011, della guerra nella confinante Siria, è crollata
all’1%. Il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 36%.
Il nuovo governo è chiamato a varare profonde riforme e un
piano di tagli di spesa e di risanamento dei conti che, come sempre in
questi casi, pagheranno i settori più deboli della popolazione. L’obiettivo immediato del premier Hariri sarà ottenere i 9,5 miliardi di euro promessi dai paesi donatori quasi un anno fa alla conferenza Cedre a Parigi. E saranno importanti per le casse nazionali i 500 milioni di euro messi a disposizione dal Qatar
avversario dell’Arabia Saudita che mira ad unirsi ai tanti paesi,
occidentali e mediorientali, che con le loro imposizioni condizionano la
vita del Libano.
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