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Una proposta per la sinistra d’opposizione e di alternativa
di Franco Astengo
Momento delicato per la sinistra italiana d’alternativa e d’opposizione impegnata nelle scelte in vista delle elezioni europee del 26 maggio prossimo.
L’esito della consultazione interna agli aderenti a Potere al Popolo riguardante le modalità di presentazione alle prossime elezioni europee va affrontato e declinato in un quadro scevro da politicismi e considerato come il presentarsi di una possibilità di utilizzare l’appuntamento elettorale (di cui conosciamo bene limiti e pericoli) per lanciare una proposta a tutta la sinistra d’opposizione e d’alternativa anche sul terreno sovranazionale:
1) l’occasione deve essere utilizzata al fine di promuovere una presentazione elettorale nella quale ci si presenti come portatori di una rinnovata centralità della contraddizione di classe in una società segnata da pesanti tratti di “rivoluzione passiva” in un quadro di guerra di posizione;
2) è necessario togliere di mezzo tutte le scorie di personalismo e di sovranismo rosso bruno che allignano all’interno di una presunta sinistra inquinandone la presenza politica in termini di opportunismo e di acquiescenza alla ventata neo-futurista e diciannovista presente nel quadro politico e di cui determinati settori si collocano addirittura al governo del Paese;
3) appare evidente come non si possa considerare la presentazione elettorale come fine a se stessa ma punto di partenza per un’aggregazione e raccolta di militanza e di consenso orientata verso l’elaborazione di un’ipotesi di nuova soggettività politica;
4) non deve essere svolta alcuna trattativa ma soltanto l’elaborazione di alcuni punti comuni di carattere generale sui quali realizzare l’impegno di tutti.
Si presentano però questioni di fondo che si collocano ben oltre il semplice appuntamento elettorale.
a) La situazione internazionale presenti elementi di forte e inedita complessità. Appare evidente il proporsi di una dinamica di confronto tra le grandi potenze che misura nuove vocazioni imperiali verso le quali sarebbe deleterio compiere una scelta e livelli altrettanto inediti di guerra commerciale. Appare evidente l’arretramento di quello che era stato definito il ciclo della globalizzazione e il ritorno in campo a tutto tondo della geopolitica. Tema da affrontare evitando ogni visione semplificatoria di schieramento considerato il fronteggiarsi, a livello globale, di diversi soggetti imperialisti e a “vocazione imperiale”. La questione del riarmo atomico appare come assolutamente centrale.
b) La “questione europea” sulla quale si è molto puntato dal punto di vista dell’opposizione all’UE va rovesciata rispetto all’impostazione fin qui seguita. Discutere tra “disobbedienza immediata” e “proposte realizzabili già ora” è fuorviante e subalterno. Il punto da sostenere, fuori e dentro la campagna elettorale è come si pone al centro il tema della perpetuazione delle disuguaglianze e di tutte le storture accumulatesi nel tempo sul piano dei rapporti sociali. Del come, cioè, si porta la complessità delle contraddizioni articolate attorno al quella storicamente “principale” quale oggetto del contendere dello scontro politico a livello europeo.
c) Sotto quest’aspetto il primo punto è di evitare surrettizi accostamenti con la destra (in Italia Lega e M5S) che governa all’insegna di una sorta di “partitocrazia qualunquista”. Si stanno presentando, in queste condizioni, rischi concreti di pericolosa e perdente confusione alimentati anche da organi di stampa tradizionalmente schierati a sinistra. Naturalmente va aperta una riflessione sul ruolo del Parlamento Europeo nell’ottica della rivendicazione riguardante il superamento dei Trattati vigenti. Altrimenti non ci sarebbe ragione di candidarsi e non vale l’asserzione relativa a una “tribuna di testimonianza”. Il Parlamento rimane il luogo della rappresentanza politica nel nostro caso dell’opposizione non ridotta semplicisticamente ai soli trattati vigenti e futuri.
d) Sul piano della situazione interna appare evidente la necessità di impostare un’opposizione coerente all’attuale governo, mantenendo al contempo una rigorosa autonomia rispetto alle proposte per un’ampia coalizione che si cerca di mascherare come genericamente“antifascista”. Autonomia non semplicemente tattica. Il tema della politica interna è sicuramente il più delicato considerato che pare ormai smarrita, anche da parte della sinistra d’alternativa e d’opposizione, la capacità di esprimere l’allargamento della “contraddizione principale” nel senso della modificazione profonda nel rapporto tra struttura e sovrastruttura. Allargamento della condizione di classe che si sta verificando in una fase di rivoluzione passiva mentre si combatte una guerra di posizione (termini desueti ma usati in quest’occasione per cercare di sintetizzare il discorso). E’ attraverso l’espressione delle molteplicità delle contraddizioni e la loro rappresentazione di lotta che si può combattere dialetticamente lo sfrangiamento sociale in atto, che si esprime attraverso un passaggio dall’individualismo competitivo a una sorta di “individualismo della paura” (rientrano in questa categoria temi come quello dei migranti che naturalmente assumono una fortissima valenza anche sul piano etico). Deve essere chiaro, ad esempio, come i provvedimenti in materia di lavoro adottati sia dal centro sinistra sia dal governo attuale rechino il segno dell’intensificazione dello sfruttamento e del precariato. Non debbono esserci esitazioni o timidezze nel giudicare il provvedimento riguardante il cosiddetto “reddito di cittadinanza” come propedeutico allo “scambio politico” e a un regime di passivizzazione clientelare. Il dato da rivendicare a questo proposito è quello del lavoro legato a forti investimenti del “pubblico” con un piano per l’industria e le infrastrutture. Così come si pone la questione di un recupero del concetto “universalistico” del welfare.
e) Sul tema delle contraddizioni riguardanti il piano interno, va sottolineato come emerga il tema che potrebbe essere riassunto schematicamente come “dell’unità nazionale”. E’ il tema del rapporto tra centralismo e autonomie locali che, dopo gli errori compiuto dal centrosinistra con la modifica del titolo V della Costituzione, sta degenerando in un tentativo di frazionismo localistico espressione dell’egoismo dei ricchi che deve essere affrontato maturando una strategia di nuovo equilibrio territoriale avendo presente come appaia ormai in ritardo un’idea regionalistica nel quadro europeo.
f) Schematizzate in questo modo le questioni fondamentali che ci troviamo di fronte e che portano il peso di contraddizioni assolutamente stridenti, resta da affrontare il tema della soggettività politica. Sotto quest’aspetto è bene partire dalla “pars destruens” rifiutando movimentismo e personalizzazione. Serve una strutturazione politica in forma di partito a integrazione di massa in grado di compiere un’operazione culturale di riconoscimento della condizione sociale della classe e di rappresentanza politica a tutti i livelli compresi quelli istituzionali.
g) Riassumendo: sotto l’aspetto della strutturazione politica vanno segnalati due elementi. Il primo porre al primo posto le condizioni materiali nel senso dello sfruttamento (e della sua estensione verso un’articolazione molto ampia e complessa nei soggetti sociali di riferimento); in secondo luogo l’aggancio alla storia e alla tradizione del movimento operaio, compresa la capacità di sottolineare la propria autonomia e identità e la capacità su questa base di sviluppare politiche di alleanza. Storia e tradizione del movimento operaio debbono essere espresse e trovare spazio anche nella stessa simbologia (particolare non trascurabile). Torna il tema della presenza di una soggettività comunista: tema fino a questo punto obliato nella sua essenza di costruzione progettuale sul terreno dell’attualità più stringente. Nessuno può auto-considerarsene depositario. Questo punto però va considerato nella prospettiva come elemento di battaglia politica, aprendo anche un altro canale di riflessione sulla forma – partito che, ripetendo, non può essere ridotta al personalismo movimentista oppure delegata completamente al web ma neppure essere costretta all’interno di schemi organizzativi e di decisionalità politica ormai superati.
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