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28/06/2019

Olimpiadi invernali 2026: non è solo competizione economica

Se l’indagine dei fatti tesa ad evidenziarne i tratti propri della competizione globale, è lo sforzo a cui quotidianamente ci sottoponiamo per dar conto di una realtà sfuggente e contraddittoria, capita che alcuni accadimenti ci ripaghino in toto, squadernandoci dinanzi in modo esemplare le caratteristiche della nuova fase in cui siamo immersi, a volte aldilà della nostra piena consapevolezza.

L’assegnazione delle Olimpiadi invernali 2026 al tandem Lombardo-Veneto, Milano-Cortina, a cui tutto l’establishment politico-istituzionale (incluso il governo gialloverde) ha reso omaggio con lodi entusiastiche e scene di pubblico giubilo facendo sfoggio di orgoglio nazionale, il contraltare al balbettìo contraddittorio sulla vicenda dei conti pubblici, è certamente uno di questi, a conferma della sudditanza reale alle ferree leggi imposte ai bilanci nazionali dal sistema dei trattati della U.E.

In prima battuta, emerge lo scontato e impietoso paragone tra lo straordinario successo di immagine e credibilità politica e industriale dell’intero Nord-Est, capace di competere ed aggiudicarsi l’evento globale per definizione, le olimpiadi invernali, e la condizione di Roma Capitale colpevole del gran rifiuto per la candidatura alle olimpiadi del 2024, assurta alle cronache per la riapertura dopo otto mesi di una stazione della metropolitana, teatro di un incidente per mancata manutenzione, che ha messo a repentaglio l’incolumità di decine di passeggeri stranieri in città per un evento sportivo.

Il rifiuto alla candidatura di Roma per le olimpiadi del 2024 aveva lasciato intravvedere la possibilità di un percorso di governo della Città fuori e contro il binomio grandi eventi-grandi opere – terreno privilegiato della speculazione finanziaria ed immobiliare e cuore del sistema dei poteri forti della Capitale – il cui significato avrebbe dovuto ricercarsi necessariamente in una diversa visione della città, in alleanza con i territori periferici e popolari.

La realtà si è incaricata di dimostrare che il rifiuto alla candidatura, dietro i richiami al rischio legalità, era la dimostrazione della incapacità di governare e gestire flussi finanziari e organizzazione dei lavori. Le rinnovate dichiarazione di queste ore della Sindaca sulla impossibilità di quella candidatura per la condizione debitoria del comune, confermano la dose di inconsistenza politica e improvvisazione alla base dell’esperienza di governo di Roma della giunta pentastellata.

L’incapacità politica di definire un sistema di governance idonea a porsi a fondamento di un sistema di relazioni finalizzato al convogliamento dei flussi di capitale finanziario pur interessati alla messa a profitto del patrimonio cittadino, ci fornisce l’esatta dimensione della divaricazione prodottasi all’interno del paese con la componente organica al sistema produttivo europeo e integrata nel sistema di relazioni globali e del peso acquisito nel contesto politico.

La vittoria nella competizione per le Olimpiadi invernali 2026 non è l’affermazione di un ormai inesistente sistema-paese, è la vittoria di quella parte del territorio, in larga misura coincidente con le regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, che a partire da un diverso grado di specializzazioni e competenze, è a pieno titolo nel sistema economico europeo con una capacità di competizione interna allo stesso contesto produttivo. Il peso specifico assunto da questi territori nelle relazioni con il sistema politico nazionale ridefinisce la relazione centro-periferia, con un centro produttivo collocato nei nostri confini che dialoga direttamente con il sistema finanziario-produttivo a trazione nord-europea.

Quello che si è palesato con l’assegnazione a Milano e Cortina dei giochi olimpici invernali 2026, oltre il dato di costume che tanto appassiona la stampa mainstream, è l’affermazione di fatto di una diversa incidenza dei territori del versante nord coinvolti nel sistema produttivo europeo: dal dato strutturale economico si è tracimati in quello politico.

L’autonomia differenziata che aleggia sullo sfondo del sistema politico nazionale, è allora una condizione non solo trasversale agli schieramenti politici ma di fatto già politicamente operante. Ciò che ci viene indicato è la nuova acquisizione di spazi nella dimensione politica da parte della competizione economica, produttiva e commerciale.

Il dato economico-strutturale interagisce in modo organico con la dimensione politica tentandone la sussunzione diretta alle proprie necessità competitive. Insomma, ciò che abbisogna alla nostra borghesia integrata nel sistema di relazioni competitive globali non è certo un governo elemosinante flessibilità nel consesso della Ue, ma un governo politicamente capace di sostenere i processi di integrazione nel polo imperialistico europeo.Con buona pace dei sovranisti...

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