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30/06/2019

“Rigenerazione urbana”? Un facilitatore per rendite e capitali


di Sergio Brenna

Il Disegno di Legge n. 113 del 23.03.2018, d’iniziativa del deputato Morassut del PD ed ex assessore all’urbanistica a Roma con Veltroni ora in discussione alla Camera, è l’ennesimo tentativo surrettizio per trasformare il ruolo dei Comuni nel definire un urbanistica pubblica, in regolatori/facilitatori del traffico di rendite e capitali.

Era stato già tentato nel dicembre 2005 dalla “strana coppia” di deputati milanesi Lupi (FI/Pdl) e Mantini (Margherita/PD) con il loro libro “I nuovi principi dell’urbanistica” (ma forse intendevano “I nuovi prìncipi dell’urbanistica”!) e con un loro DDL approvato da un ramo del Parlamento e caduto solo per fine legislatura nel 2006, cui nella legislatura successiva tentarono di dare seguito presentando DDL distinti, ancorché ispirati da forti affinità elettive nei contenuti.

In occasione della presentazione del libro e dei dibattiti parlamentari essi raccolsero con favore alcuni interventi che indicavano il nucleo fondante dei nuovi principi nell’abbandono di un progetto pubblico dell’uso di città e territorio, tipico della visione a loro avviso obsoleta dell’urbanistica e nell’avvento della nuova visione “dell’economistica”.

Non deve quindi sorprendere che in quella legislatura a promuovere l’evoluzione dell’urbanistica in economistica fosse, ancor più che un DDL sul governo del territorio, il Documento Economico Programmatico Finanziario del Ministro dell’Economia Tremonti approvato dal Governo per decreto-legge nel 2008.

Tremonti, del resto, aveva già dato prova del suo modo di considerare subalterno l’uso della risorsa territorio alle contingenti esigenze del bilancio economico quando, nel 2005, in risposta a un quesito dell’Associazione Nazionale delle Tesorerie al Ministero delle Finanze sulla mancata riproposizione nel TU sull’edilizia (DPR n. 380/2001, a seguito della Riforma Bassanini delle procedure amministrative) dell’obbligo imposto dalla L. 10/77 (Bucalossi) di allocare gli oneri di urbanizzazione in apposito capitolo di bilancio vincolato all’esecuzione di opere di urbanizzazione, fece rispondere che se nel TU quel disposto non era stato riportato (anche se illegittimamente !), l’obbligo doveva considerarsi decaduto.

Si aprì per i Comuni la manna della possibilità di far fronte alle ristrettezze contingenti dei bilanci, “vendendo” nuove possibilità edificatorie. Nemmeno il Governo Prodi pose rimedio a questa illegittima stortura, che è proseguita sino allo scorso anno.

Nel marasma dell’attuale innaturale alleanza di governo/contratto tra Lega e M5S non sorprende che tutto ciò si ripresenti di nuovo sotto le false vesti di necessità di innovazione.

Gramsci in una nota scritta in carcere nel 1930 (A. Gramsci, Quaderni dal carcere Q 3, §34, p. 311) osservava: “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”; una considerazione che è purtroppo ancora oggi particolarmente attuale. Se non saremo in grado di far nascere una più razionale organizzazione della società, sulle rovine dell’attuale, andremo incontro a un’epoca ancora più oscurantista e imbarbarita della presente.

A proposito di Rigenerazione urbane e progetto pubblico di città e territorio, ricordo che De Mico (finanziere milanese dell’era Craxi e della “Milano da bere”, ndr) sull’area della ex stazione delle Varesine a Milano – poi divenuta parte dell’oggi decantato Porta Nuova Project, via via di proprietà di Hines/Catella/Fondo Sovrano Qatar – ottenne a suo tempo dal Consiglio di Stato una sentenza che, in base ad una perizia tecnica molto controversa, gli consentiva una volumetria di circa 240.000 mc.

Che ciò dovesse necessariamente corrispondere a 80.000 mq di GFA/slp (superficie lorda di pavimento) non era per nulla scontato, sapendo che ciò inevitabilmente comportava doverla accatastare in edifici molto alti; ovviamente invece quella era la scelta immobiliarmente più facile e gradita alla proprietà, trattandosi così di spazi alti circa 3 metri, indifferentemente fungibili a uffici o residenza secondo le fluttuazioni di mercato.

Un’Amministrazione comunale non arrendevolmente succube avrebbe potuto imporre scelte tipologiche tali che, a pari volumetria, corrispondessero edifici di minor altezza e minor GFA, come ho dimostrato possibile in alcuni schizzi di studio pubblicati in un mio libro.

Se qualcuno poi mi obiettasse che si tratta di fantasie da accademico vada a vedersi le immagini dei nuovi uffici del Ministero delle Finanze francese a Bercy (prog. Paul Chemetov) e il Markthall di Rotterdam che sono realmente costruiti e perfettamente funzionanti.

Altrettanto si può dire per la proposta Parco Possibile di Jacopo Gardella e Pierfrancesco Sacerdoti, che sul resto dell’area proponeva di riarticolare le medesime volumetrie previstevi in edifici bassi lungo gli assi del cardo-decumano milanese, concentrando gli edifici alti in posizioni appartate. Anche questa totalmente ignorata dall’Amministrazione comunale dell’epoca Moratti-Masseroli, che lasciò mano completamente libera alle “fantasie immobiliaristiche” di Hines-Catella coi vari Diamantoni, Solaria, Siringa, Bosco Verticale, Nido falloforico e via vaneggiando.

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