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29/06/2019

Iraq - Assaltata l'albasciata del Bahrain per protesta contro il vertice USA a Manama

Ha avuto immediate conseguenze politiche l’assalto all’ambasciata del Bahrain avvenuto ieri sera a Baghdad in segno di protesta contro il vertice di due giorni sulla questione israelo-palestinese che ha avuto luogo questa settimana a Manama.

Il piccolo arcipelago del Golfo ha infatti subito richiamato il suo rappresentante diplomatico in Iraq. “Il ministro degli Affari esteri del Regno del Bahrain – si legge sul sito del ministero degli esteri bahrenita – condanna l’attacco all’ambasciata compiuto dai dimostranti e ha deciso di richiamare il suo ambasciatore per consultazioni”. Ma il dito è puntato contro Baghdad che, afferma Manama, è responsabile per la sicurezza dell’ambasciata. Chiamato in ballo, l’esecutivo iracheno ha espresso il suo “profondo rammarico” per quanto accaduto. “Il governo – si legge in una nota – ribadisce il suo assoluto rifiuto per qualunque atto che minacci la sicurezza delle missioni diplomatiche e quella del loro personale”.

Ieri ad attaccare l’edificio diplomatico erano state circa 200 persone. Prima di esseri dispersi dalle forze di sicurezza irachene, i manifestanti, che hanno bruciato bandiere israeliane e americane sventolando quelle della Palestina e dell’Iraq, sono riuscite ad entrare fino al giardino dell’edificio, a rimuovere la bandiera del Bahrain e a sostituirla con quella della Palestina. Secondo il ministro degli interni iracheno Yassin al-Yassiry, 54 dimostranti sono stati arrestati dalla polizia.  

A indispettire i manifestanti erano state le parole del ministro degli esteri Khalid bin Ahmed al-Khalifa che aveva esortato mercoledì alla pacifica coesistenza con Israele. Condannando il cosiddetto “Accordo del Secolo” del presidente statunitense Trump, il presidio di ieri ha criticato aspramente gli Stati del Golfo in quanto “arabi sionisti che hanno venduto la loro identità araba per un accordo fallimentare”.

Spente le sfarzose luci di Manama sulla due giorni sul conflitto israelo-palestinese – aria fritta per i palestinesi, ma occasione d’oro per Israele per normalizzare ancora di più i propri rapporti con il mondo arabo – sono ritornati subito ieri sera a fare notizia gli effetti dell’occupazione coloniale israeliana della Palestina che il vertice aveva abilmente nascosto. Le forze di polizia, infatti, hanno sparato e ucciso un palestinese nella parte orientale di Gerusalemme. Secondo la versione della polizia, gli agenti avrebbero soltanto risposto ai petardi che la vittima stava lanciando contro di loro durante una manifestazione. Avrebbero dunque agito secondo le regole d’ingaggio visto che erano “minacciati” dalla vittima e da altri manifestanti che scagliavano contro di loro pietre. “Un sospetto mascherato si è avvicinato alla polizia da un vicolo laterale e ha sparato i petardi sugli ufficiali che erano in una situazione che minacciava la loro vita – ha spiegato il portavoce della polizia Micky Rosenfeld – Un ufficiale ha quindi sparato all’immediato pericolo prevenendo così un’ulteriore situazione minacciosa per la vita (dei poliziotti)”.

Nella notte, intanto, Israele e il movimento islamico Hamas hanno rinnovato un accordo di tregua dopo che da Gaza nella giornata di ieri erano piovuti verso il territorio israeliano alcuni “strumenti incendiari” (così li chiama Tel Aviv) che avevano provocato incendi in più località. Secondo quanto riferisce l’agenzia Sawa di stanza a Gaza, l’intesa tra le due parti prevede: l’invio da parte dello stato ebraico di carburante per la centrale elettrica di Gaza; Tel Aviv permetterà ai pescatori gazawi di pescare fino a 15 miglia nautiche e restituirà 60 imbarcazioni che l’esercito aveva confiscato. Da parte sua, invece, Hamas ha garantito che terminerà il lancio dei palloni incendiari e limiterà le “Proteste del ritorno” che hanno luogo ogni venerdì dal 30 marzo del 2018. Il cessate-il-fuoco, mediato da Egitto e Onu, avrà effetto a partire da stamattina. Al momento nessuno delle due parti ha commentato la notizia.

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