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26/06/2019

Olimpiadi invernali e Modello Milano, un altro passo verso disuguaglianza e devastazione del territorio


Le Olimpiadi Invernali nel 2026 si terranno a Milano e Cortina. Il sindaco Sala e il governatore Fontana esultano, ed esultano anche molti cittadini sui social a quanto ci viene raccontato.

Noi invece ci chiediamo cosa vorranno dire queste Olimpiadi nella città del Modello Milano, nella città dei progetti urbanistici faraonici e di impatto, nella città del benessere, il capoluogo di provincia più ricco di Italia, la città che con la sua provincia produce un valore aggiunto che sostanzialmente doppia quello delle altre provincie del Nord Italia, anche di quelle che costituiscono le zone del paese dove si gode di maggior benessere, come mostra una recente ricerca di PaP.

Che cosa significhino queste Olimpiadi in una città dove per vivere bene è necessario guadagnare circa il doppio di quello che i dati ci dicono essere lo stipendio minimo nazionale (1.570 euro al mese, secondo i dati dell’osservatorio Jobpricing).

In molti altri contesti abbiamo denunciato come dietro il cosiddetto Modello Milano ci sia in realtà un intreccio di interessi economici che hanno a che fare con le aree dismesse (ex scali ferroviari, ippodromi, patrimonio pubblico dismesso o in dismissione, ultimo caso è quello dell’accorpamento degli ospedali San Paolo e San Carlo), con un’urbanistica preda di interessi privati spacciati per interessi pubblici, con gli investimenti di multinazionali e fondi di investimento internazionali. Interessi che coinvolgono, peraltro, le organizzazioni criminali e la ‘ndrangheta in particolare, infiltrata nello smaltimento rifiuti, nel movimento terra e soprattutto nell’edilizia.

Le Olimpiadi invernali sono, a nostro parere, solo un tassello della trasformazione di Milano in città per ricchi e dei ricchi. In linea coi progetti City Life e Porta Nuova, queste olimpiadi produrranno nuove colate di cemento, nuove strutture faraoniche, la cui ricollocazione dopo il grande evento, sarà tutta da vedere, come l’esperienza di Expo insegna.

Il che è sostanzialmente in linea con un altro progetto molto discusso, quello del nuovo stadio, che dovrebbe rimpiazzare il vecchio Meazza, a pochi metri di distanza, caratterizzandosi come luogo di consumo e scambio di merci prima che luogo di sport.

Nella Milano che vuole darsi un’immagine ricca e solidale queste Olimpiadi saranno un altro modo per nascondere le contraddizioni, perché il processo di gentrificazione prosegue, con il suo portato di smantellamento delle reti sociali e di solidarietà, l’espulsione dei ceti popolari dalla città e la trasformazione dei bisogni essenziali e dei servizi in merce.

In una città che sta mettendo i suoi atenei e i suoi centri di ricerca sempre più al servizio del privato, che investe nelle scienze della vita e nelle biotecnologie soprattutto in un’ottica di profitto, si pensi al recente progetto VITAE, un nuovo polo in via Serio, che mescolerà ricerca oncologica, uffici all’avanguardia, ricerca pubblica e privata, in un mix difficile da districare, quest’ennesimo evento vetrina che muoverà soldi e investimenti non supportati da una logica amministrativa realmente al servizio della cittadinanza, non porterà ricchezza e benessere per tutti, ma profitti astronomici per i soliti noti e lavoro precario per molti: non è un caso che il Sindaco abbia già annunciato: “20mila volontari sono già pronti e nessuna città ha il nostro stesso consenso popolare”, nel solco di quella prima esperienza di lavoro gratuito (“ma fa curriculum”!) che è stato Expo e che ha aperto la strada a molte distorsioni, non ultima quella Alternanza Scuola Lavoro che nelle nostre scuole troppo spesso si traduce in lavoro nero minorile.

Quello cui siamo davanti è un intreccio di interessi economici, che vorrebbe concretizzare uno degli obiettivi centrali dell’Unione Europea da Lisbona 2000 in poi: la costruzione di una società della conoscenza competitiva e inclusiva. Ma sappiamo bene che questo obiettivo non è raggiungibile, perché la competitività, la prevalenza delle logiche economiche sue quelle politiche e sociali, la messa a profitto delle dimensioni essenziali della vita umana (la casa, la salute, il lavoro) non possono andare a braccetto con una logica di reale inclusione sociale.

Coloro che solo cinque anni fa si dicevano contrari alle Olimpiadi, in una logica meramente elettoralistica, come la Lega e Salvini stesso, o come i Cinque Stelle, che a Roma hanno a nostro parere correttamente, bloccato la candidatura per le olimpiadi, oggi invece si dicono entusiasti di questa “occasione per Milano e per gli italiani”, in un’ottica che li svela per quello che sono: non amministratori pubblici, non politici al servizio di uno Stato, ma meri gestori di interessi e decisioni che si prendono altrove, nei centri del potere economico e, dal punto di vista politico, fuori dai confini nazionali.

Avremmo voluto che a Milano come a Calgary si ragionasse nei termini di ciò che è meglio per la cittadinanza tutta e infatti la città ha scelto di ritirare la propria candidatura per queste Olimpiadi dopo un referendum popolare, invece rischiamo di trovarci a fare la stessa esperienza di Montreal 2010, dove le Olimpiadi Invernali hanno provocato una devastazione urbanistica e tasse aggiuntive per i cittadini per i 16 anni successivi.

E’ chiaro infatti alle comunità montane quale è l’impatto della costruzione di enormi strutture in alta quota, utilizzate solo in concomitanza dell’evento, e poi abbandonate, insieme a distese di parcheggi e strade in ecosistemi sempre più fragili e compromessi.

L’amministrazione cittadina e regionale vogliono fare di queste Olimpiadi una vetrina, la conferma di Milano come metropoli globale, che della globalizzazione capitalistica sposa tutte le scelte; noi crediamo invece che sarà necessario vigilare e denunciare quanto questa ultima operazione accrescerà ancora le disuguaglianze e le disparità che già governano questa città e questa regione.

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