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29/06/2019

Tunisia - Gravi le condizioni del presidente, Tunisi scossa dagli attentati

Sono gravissime le condizioni di salute del presidente della Tunisia Beji Caid Essebsi ricoverato da ieri in un ospedale militare del Paese. A fornire alla stampa l’ultimo bollettino medico del capo dello Stato è lo stesso ufficio di Essebsi che in una nota ha fatto sapere che le condizioni di salute del 92enne leader tunisino sono “gravi” ma “stabili” e che “si sta sottoponendo a tutti i controlli necessari”. Il presidente era stato ricoverato in ospedale brevemente anche la scorsa settimana per ricevere quello che il suo staff ha definito “un trattamento non serio”. Ieri, inizialmente, era girata voce che fosse morto. Era stato poi il suo consigliere Firas Guefresh a smentire su Twitter le indiscrezioni che circolavano sulla stampa.

Primo presidente eletto democraticamente in Tunisia dopo le proteste del 2011, Essebsi è figura di primo piano nel mondo politico locale da quando è stato deposto Zine el-Abidine Ben Ali: è stato infatti colui che ha guidato la fase della transizione politica come primo ministro nel 2011 ed è stato eletto capo dello stato tre anni dopo.

La sua carriera politica ha però inizi lontani: Essebsi ha servito come ministro degli esteri all’epoca del presidente, nonché fondatore della Tunisia moderna, Habib Bouruiba e ha ricoperto la carica di presidente del Parlamento al tempo di Ben Ali. Leader del laico Nidaa Tunis, la scorsa primavera Essebsi aveva dichiarato che non si sarebbe candidato per un secondo mandato alle presidenziali di novembre. Una decisione che ha creato non pochi problemi al suo partito che sosteneva la sua candidatura e che ancora oggi non ha trovato un valido sostituto.

La scena politica tunisina continua ad essere tribolata: nell’ultimo anno la coalizione di governo (formata dagli islamisti di Ennahda e da Nidaa Tunis) si è spaccata e ha perso pezzi. Tra i fuoriusciti, lo scorso settembre, c’è anche il premier Yousef Chahed che ha dato vita ad un partito tutto suo (Yahya Tunes, “Forza Tunisia”) insieme ad altri 40 deputati. Le polemiche politiche si inseriscono in una situazione economica e sociale niente affatto semplice. L’esecutivo è stato finora incapace di dare risposte concrete ai problemi che affliggono il Paese: la diffusa corruzione, l’alto tasso di disoccupazione (soprattutto tra i giovani), le diseguaglianze socio-economiche e la marginalizzazione delle aree periferiche. Un humus sociale e politico che è stato ideale per il gruppo jihadista dello “Stato Islamico” per reclutare combattenti da inviare nel (fu) “califfato” di Siria e Iraq. Ma che ha anche continuato a causare l’immigrazione clandestina di centinaia di persone verso la sponda settentrionale del Mediterraneo affidata ad imbarcazioni di fortuna non di rado affondate lungo il tragitto. Nonostante la retorica di Roma dei “porti chiusi”, i tunisini continuano ad arrivare sulle coste italiane: gli ultimi, scortati dalla nostra Guardia Costiera, sono arrivati l’altro giorno nella stessa Lampedusa dove è ancora impedito, invece, lo sbarco ai 42 migranti della Sea Watch 3.

Si scappa da disoccupazione, povertà, mancanza di futuro, ma anche dallo stato di emergenza che, imposto durante le rivolte tunisine del 2011 fino al 2014, è stato reintrodotto nel 2015 quando il museo Bardo di Tunisi (prima) e un resort turistico di Susa (poi) sono stati teatro di due sanguinosi attentati terroristici. L’ultima estensione dello stato di emergenza risale allo scorso 5 giugno e come al solito non sono mancate le proteste: con il pretesto dell’emergenza, infatti, le autorità possono compiere migliaia di arresti e perquisizioni illegittime, imporre il coprifuoco, sospendere il diritto di sciopero e assemblea e le attività di movimenti e ong.

Senza dimenticare che la Tunisia, raccontata dai media come l’unica “rivoluzione araba di successo”, continua ad essere scossa di tanto in tanto da attentati. Gli ultimi ieri mattina quando due kamikaze si sono fatti saltare in aria a Tunisi uccidendo un poliziotto e ferendo 11 persone (morti anche i due attentatori). Gli attacchi terroristici sono avvenuti nel cuore pulsante della capitale tra Rue Charles de Gaulle e Avenue Bourghiba e presso la sede della guardia nazionale nel distretto di al-Qarijiani (qui sono stati feriti 4 ufficiali). Ma ad essere stata colpita è stata anche la città di Gafsa a sud: qui un comando armato ha sparato senza conseguenze sui militari che erano a protezione delle infrastrutture di trasmissione sul monte Orbata.

Gli attentati di ieri rischiano di rendere il percorso verso le parlamentari del 6 ottobre e le presidenziali del 17 novembre ancora più complesso e carico di tensione. A rendere incandescente il clima nel Paese ci pensa però anche la politica: ha destato più di qualche protesta la recente approvazione di un emendamento alla legge elettorale che porta al 3% la soglia di sbarramento per le politiche ed esclude dalla presidenza chi possiede mezzi d’informazione e controlla enti di beneficenza. A restare fuori potrebbe essere anche Nabil Karoui, il proprietario di Nesma Tv, che è dato in testa nei sondaggi. Tutto dipenderà però da cosa accadrà a Essebsi: nel caso in cui dovesse morire l’emendamento (che non ha ancora la sua firma) salterebbe e si andrebbe con ogni probabilità a voto anticipato.

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