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18/06/2019

Napoli - Poggioreale, la prima rivolta del nuovo millennio

A Poggioreale c’è stata una rivolta carceraria come non avveniva da tempo. Riepilogo velocemente i fatti e offro alcune considerazioni.

I FATTI. Un detenuto di 28 anni si sente male da giorni ma gli vengono rifiutate cure appropriate. E’ molto magro, soffre di anemia mediterranea e lamenta forti dolori al ventre. Nella sua cella sono in 15 (!), ma nessuno li ascolta. In carcere abbondano i casi di malasanità, la paura dei suoi compagni è che il ragazzo, che a un certo punto perde i sensi, possa morire.

E’ la goccia che fa traboccare il vaso: i detenuti si ribellano brandendo le mazze delle scope e prendono il controllo del Padiglione Salerno, quello dei “comuni”, chiedendo che il ragazzo venga assistito.

Nessun agente viene ferito e la rivolta viene chiusa nel giro di due ore da una negoziazione. Il ragazzo viene finalmente ricoverato al Cardarelli.

Come sottolineano lo stesso capo della Polizia Penitenziaria, la direttrice dell’Istituto, il Provveditore e il Garante dei detenuti, la situazione è stata “determinata dallo stato di gravi condizioni di fatiscenza del padiglione. Condizioni di deterioramento strutturale innegabili, per affrontare le quali è stato disposto, con l’Ufficio tecnico del Provveditorato, un cronoprogramma di lavori, da interventi immediati per rendere vivibile il reparto fino alla ristrutturazione complessiva del padiglione”.

Nonostante quindi la rivolta porti sia al ricovero del ragazzo che a un intervento sulla struttura, nonostante “dopo i colloqui con il Capo Dipartimento, gli stessi detenuti hanno provveduto a ripulire le aree danneggiate nel corso della protesta”, le persone che si sono rivoltate vengono punite con la deportazione in altre carceri. Un danno enorme per loro – si spezzano legami umani – e per le famiglie, che ora per le visite sono costrette a viaggi più lunghi e costosi.

CONSIDERAZIONI. Questa vicenda riguarda tutta la città di Napoli. Non solo perché i detenuti pongono una questione basilare di umanità – ricordo che secondo la nostra Costituzione la pena serve alla “rieducazione”, non alla vendetta – ma perché quello che accade lì dentro avrà delle conseguenze materiali sulla nostra vita.

Oggi a Poggioreale si “formano” delle persone arrabbiate e disperate, che probabilmente torneranno a delinquere. E questo perché il carcere di Poggioreale è il più grande d’Italia e il più sovraffollato. Ospita 2.296 persone rispetto alla capienza prevista di 1.638, il 40,2% in più. Uno scandalo.

Volontari e operatori sociali fanno uno straordinario lavoro – ma il quadro di violenza e degrado, prodotto dalle istituzioni è fortissimo.

Il carcere oggi è una discarica sociale in cui vengono messi soprattutto i poveri, le persone che nella vita non hanno mai avuto vere opportunità, che non hanno modo di difendersi adeguatamente davanti alla legge.

La politica del Governo Lega/5 Stelle è semplicemente quella di aumentare il numero di strutture e di aumentare la repressione.

Mentre è dimostrato scientificamente che i percorsi educativi, le misure alternative alla detenzione, la permanenza in strutture migliori, un adeguato percorso di reinserimento, rendono nulli o quasi i casi di recidiva.

Nel caso specifico, su Poggioreale sono già stanziati 12 milioni per lavori di ristrutturazione che a causa di lentezze burocratiche fra Provveditorato regionale e Ministero delle Infrastrutture non vengono fatti.

In questi giorni la Rete di Solidarietà Popolare, insieme ad altri attivisti e associazioni, è impegnata a chiedere l’avvio di progetti sociali, un garante dei detenuti cittadino, il blocco dei trasferimenti repressivi, l’avvio dei lavori.

I detenuti hanno avuto ragione a ribellarsi, perché la pena non deve essere una tortura e lo Stato non deve essere un aguzzino. Ora sta a noi raccogliere il loro messaggio, informare davvero su cosa si vive in carcere, creare legami di solidarietà, per arrivare a superare questo sistema inutile e crudele.

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