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27/06/2019

Sea Watch ancora davanti a Lampedusa. Domenica mobilitazione nei porti

Questa notte a Lampedusa sono arrivate autonomamente dal mare 10 persone tra cui una donna ed un bambino, e questa mattina davanti alla Chiesa di Lampedusa gli attivisti del Forum Lampedusa Solidale (che dormono sulle scalinate in solidarietà con la Sea Watch) hanno fatto colazione con alcuni ragazzi tunisini.

Morale della favola? Il blocco della Sea Watch è solo propaganda elettorale giocato sulla pelle degli innocenti.

In questo quadretto raccontatoci da Francesco Piobbichi, c’è gran parte della enorme contraddizione dimostrata dalla vicenda della nave Sea Watch 3 che ha deciso di forzare il blocco imposto dal governo italiano cercando di attraccare a Lampedusa con il suo dolente carico umano di migranti raccolti in mare.

La nave Sea Watch 3 ha trascorso la notte ormeggiata di fronte al porto di Lampedusa con a bordo 42 migranti salvati nel Canale di Sicilia due settimane fa.

A fronte della situazione creatasi, il solito Salvini non ha perso occasione per rilanciare la sua dottrina: “La legge prevede che bisogna essere autorizzati per poter attraccare, non possiamo far arrivare in Italia chiunque, le regole di un Paese sono una cosa seria. Le persone sulla Sea Watch non sono naufraghi, ma uomini e donne che pagano 3.000 dollari per andar via dal proprio Paese. Spero che nelle ultime ore ci sia un giudice che affermi che all’interno di quella nave ci sono dei fuorilegge, prima fra tutti la Capitana. Se la nave viene sequestrata e l’equipaggio arrestato io sono contento. Non permetto che siano Ong straniere a dettare le leggi sui confini nazionali di un Paese come l’Italia”. Poi con un tracimante senso del ridicolo ha affermato che: “In Italia stanno arrivando, in aereo, migliaia di migranti certificati che scappano dalla guerra”, a conferma che il Ministro degli interni e Vicepremier ha serissime difficoltà a capire come va il mondo reale e come funzionano le cose al di fuori della pianura Padana.

Su un dato occorre ammettere che il governo italiano si trova di fronte non solo all’emergenza sbarchi ma anche al “fuoco amico” che viene dai partner europei. Il 25 giugno scorso infatti, la Corte europea dei Diritti dell’uomo ha respinto la richiesta di misure provvisorie avanzata dalla capitana della nave Sea Watch 3 e da una quarantina di migranti presenti a bordo provenienti da Paesi dell’Africa occidentale e subsahariana. Invocando gli articoli 2 (diritto alla vita) e 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione, i ricorrenti avevano chiesto alla Corte europea di invitare il Governo italiano ad autorizzare l’ingresso della nave nelle acque territoriali ed il successivo sbarco.

La posizione espressa dalla Corte, si è limitata a ritenere che la situazione a bordo della Sea Watch non fosse tale da creare un rischio di danni irreparabili per la salute delle persone. Ma non ha fatto alcun riferimento al contrasto all’immigrazione irregolare, né tanto meno all’attività di coloro che vengono talvolta definiti “aiutanti dei trafficanti”, e che anzi dal comunicato stampa risultano chiaramente individuati come soccorritori di naufraghi in pericolo di vita.

Pochi giorni fa la Commissaria per i Diritti umani Dunja Mikatovic aveva espressamente condannato le campagne denigratorie in corso nei confronti delle Ong impegnate nei soccorsi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, l’avvio di indagini penali e la previsione di sanzioni amministrative suscettibili di ostacolarne l’attività, che mettono a rischio la vita di moltissime persone per mere esigenze di contenimento dei flussi migratori.

Una posizione, quella delle istituzioni europee, fortemente contraddittoria: lineare sui principi ma negativa sulle scelte concrete. Una posizione aggravata poi dalle decisioni unilaterali degli stati membri della Ue come la Germania che ha deciso di rispedire in Italia un migliaio di migranti che erano sbarcati in Italia, vi erano transitati e poi erano arrivati sul territorio tedesco dove volevano effettivamente andare. Insomma la perversione del Trattato di Dublino agisce ancora pesantemente e vergognosamente, soprattutto sui paesi europei mediterranei che sono di fatto la prima linea per l’arrivo degli sbarchi.

Sottovalutando forse un po’ troppo questo secondo aspetto e concentrando il fuoco di fila solo contro Salvini, stanno intanto crescendo iniziative di protesta nel paese. In molti casi spontanee e all’insegna di quel “restiamo umani” che sta diventando presupposto dirimente, in altre, come nel caso della calata dei parlamentari del Pd a Lampedusa, del tutto strumentali.

Per domenica prossima in diverse città portuali si stanno organizzando manifestazioni contro la chiusura dei porti. Intorno a questo obiettivo è nata la campagna “Occupy Ports” che si è attivata per mettere in comunicazione le varie iniziative. In un comunicato “Occupy Ports” spiega che non sarà un cartello con egemonie o gerarchie ma “una massa critica, l’equipaggio di terra delle ong che nel Mediterraneo salvano vite umane. Su quelle navi vorremmo esserci tutti ma non ci possono contenere e allora noi saremo l’equipaggio di terra pronti a dare battaglia nei porti quando bloccano le navi cariche di umanità. Iniziamo il 30 giugno alle 10:00 nei porti, senza alcun preavviso autorizzazione occuperemo i porti ogni volta sarà necessario per costringere ad aprirli a chi scappa dalle barbarie”.

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