La notte elettorale delle comunali, Ada Colau si era presentata davanti ai giornalisti e aveva preso atto del deludente risultato che, secondo la gran maggioranza dei commentatori, la metteva ormai fuori gioco per la poltrona di sindaco di Barcelona. Un esito che è stato ribaltato dalla sorprendente offerta dell’avversario ideologicamente più lontano: Manuel Valls, il rappresentante delle élite, l’amico degli avvoltoi della speculazione edilizia e dei responsabili di centinaia di sgomberi eseguiti soprattutto negli anni centrali della crisi ai danni delle fasce popolari della metropoli. “Volete far fuori la Colau? Votate Valls” era stato lo slogan usato dal politico calato dalla Francia come un capitano di ventura. Ma davanti all’affermazione elettorale di Ernest Maragall (capolista di Esquerra Republicana de Catalunya) Valls ha offerto il voto dei propri consiglieri alla Colau, ufficialmente senza chiedere niente in cambio. Una manovra spregiudicata volta a impedire l’elezione di un sindaco indipendentista a Barcelona.
L’ex militante della PAH (il comitato delle vittime delle ipoteche) che per anni ha incarnato la speranza nel cambiamento, è sembrata subito tentata dall’offerta. Un’offerta alla quale ha aderito immediatamente anche il PSC, il partito che proprio la Colau aveva espulso dalla maggioranza del consiglio comunale della città nel novembre del 2017: in quell’occasione la base di Barcelona en Comú si era espressa per rompere l'accordo con i socialisti, responsabili assieme al PP dell’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, dello scioglimento del Parlamento catalano e della destituzione del governo della Generalitat. Sull’altro piatto della bilancia il sindaco uscente doveva pesare l’offerta di ERC: un’alleanza basata sulla vicinanza di vedute, constatata durante la campagna elettorale, in materia di municipalizzazione dell’acqua, politiche per la casa e solidarietà antirepressiva. E Ernest Maragall propenso al dialogo fino ad offrire alla Colau una staffetta: due anni ciascuno alla testa del Comune.
Davanti al dilemma, la Colau ha accettato il sostegno di Manuel Valls, ignorando le perplessità emerse dentro e fuori il proprio schieramento, tra cui l’esplicito avvertimento della sezione francese di Diem25 (un sinistra non certo bolscevica) che suonava così: “Cara Ada Colau, davvero accetterai il sostegno di Manuel Valls? L’amico del businnes, il razzista, l’autoritario e l’opportunista che ha rovinato il PSF che ha degradato perfino la parola “sinistra” in Francia? Per favore, non cadere in questo inganno”. Ciononostante la Colau ha accettato la polpetta avvelenata preparata dal candidato di Mango, Hotusa e del gruppo Godó (che tra l’altro controlla il quotidiano La Vanguardia), ovvero la crema della borghesia catalana. Mecenati assai generosi che, secondo il quotidiano Ara, hanno acconsentito alla richiesta dell’ex ministro francese di uno stipendio personale mensile di 20.000 euro, concesso dall’ottobre scorso fino allo svolgimento delle municipali. Ancora secondo l’Ara, Valls avrebbe goduto di copiosi finanziamenti, arrivati sotto forma di donazioni individuali (come prescritto dalla legge) provenienti anche da Madrid, in particolare grazie alla intermediazione di alcuni rappresentanti del Círculo de Empresarios della capitale spagnola, che avrebbero ottenuto i favori del gruppo Naturhouse e della compagnia d’assicurazione DKV. E grazie al sostegno di Blackstone, un fondo d’investimento che nel 2013 acquistò centinaia d’appartamenti destinati all’alloggio sociale dal Comune di Madrid e che oggi è il più grande proprietario d’immobili in Spagna. Un mondo che di solito viene considerato agli antipodi della Colau e che si è prestato alla sua elezione per impedire agli indipendentisti di governare la città ma che difficilmente mostrerà altrettanta generosità con il sindaco quando si tratterà, per fare solo un esempio, di affrontare il problema dell’alloggio, che Valls vuole risolvere costruendo grattacieli. O quando si dovrà parlare di municipalizzazione dell’acqua, misura alla quale è contrario non soltanto Valls ma persino il PSC.
Ma perché la grande finanza preferisce Ada Colau a un sindaco indipendentista? La Colau, che ha onestamente riconosciuto di sentirsi scomoda in questa situazione, per il momento non ha saputo dare una risposta convincente. Per farlo dovrebbe ammettere che più della donna simbolo della galassia catalana di Podemos, i poteri forti spagnoli temono il sovvertimento dello status quo rappresentato dagli indipendentisti. Per i grandi gruppi imprenditoriali dello stato, la minaccia più grande ai propri interessi di classe è oggi rappresentata dal movimento indipendentista. Si tratta di una constatazione resa evidente dalla manovra di Valls, che però la sinistra spagnola fatica a riconoscere. Arroccata sulla linea dell’equidistanza, la sinistra di matrice statale non ha appoggiato la nascita della Repubblica catalana, spesso dipingendo il movimento di trasformazione istituzionale e sociale più profondo degli ultimi decenni come una mera invenzione della borghesia locale. Il grande capitale e i poteri forti dello stato hanno invece riconosciuto nel movimento per la Repubblica una chiara minaccia, tanto da soccorrere la Colau pur di sbattere la porta del Comune di Barcellona in faccia all’indipendentismo.
La scelta di Ada si è orientata verso compagni di viaggio che difficilmente si lasciano strumentalizzare e che sono disposti a tutto pur di difendere i propri privilegi. Girare la schiena alla possibilità di cambiamento rappresentata dall’indipendentismo, nel quale la componente anticapitalista è ancora minoritaria ma significativa, assicura probabilmente alla sinistra di ascendenza statale un reddito nel breve periodo, ma non sembra una strategia in grado di mettere in discussione gli equilibri esistenti, né sullo scenario spagnolo né su quello della Unione Europea.
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