di Michele Giorgio – il Manifesto
Alza la voce il presidente
iraniano Hassan Rohani. Non può far altro di fronte alle sanzioni
economiche americane e alle accuse, senza prove, di Donald Trump e del
segretario di Stato Mike Pompeo all’Iran di aver compiuto per due volte,
il mese scorso e qualche giorno fa, attacchi a petroliere mettendo a
rischio una porzione significativa dei rifornimenti di petrolio. Rohani
probabilmente si rende conto che andare al muro contro muro fa il gioco
dei nemici del suo paese ma non può non avvicinarsi alle posizioni
rigide della guida suprema Ali Khamenei e dei falchi che non
hanno mai creduto all’utilità della firma nel 2015 con gli Stati Uniti e
l’UE dell’accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa).
«Siamo tutti consapevoli del ruolo delle politiche
dell’Amministrazione Usa nel destabilizzare i Paesi della regione», ha
protestato l’altro ieri Rohani intervenendo alla “Conferenza sulle
misure di interazione e rafforzamento della fiducia in Asia” (Cica) in
corso a Dushanbe. «Per un livello accettabile di pace, stabilità e
sviluppo – ha aggiunto – è necessario puntare sullo sviluppo della
cooperazione regionale e del dialogo». Infine ha ribadito che l’Iran è
«un attore chiave nella regione» e punta «sulla cooperazione,
sull’individuazione di strategie per raggiungere obiettivi e benefici
comuni». Parole indirizzate all’Europa. Tehran sa che alcuni
paesi – Germania, Francia e Gran Bretagna – possono arginare
l’aggressività dell’Amministrazione Trump e impedire una nuova guerra
nel Golfo. In questi giorni, alternando toni duri ad altri più concilianti, Rohani
non manca di ricordare che a luglio scadrà l’ultimatum lanciato dal suo
paese per vedere in azione “Instex”, il sistema con cui l’UE
afferma di poter aggirare le sanzioni americane continuando ad avere relazioni economiche con l’Iran. Altrimenti il suo
paese, poco alla volta, uscirà dal Jcpoa di cui gli Usa dal 2018 non
sono più parte.
Dell’accordo del 2015 e dei preoccupanti sviluppi in Medio Oriente e nel Golfo hanno parlato l’altro ieri a Tehran
il segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, Helga
Schmid, e il numero due della diplomazia iraniana, Abbas Araqchi. Tema
centrale Instex e il futuro del Jcpoa. Tehran, che ha già
sospeso alcuni dei suoi impegni, continua a non fidarsi dell’UE dove
i segnali di vicinanza a Trump e alla sua politica anti-iraniana non
mancano. Giungono soprattutto dal governo britannico. Tanto che il
leader laburista Corbyn è dovuto intervenire con forza per ammonire il
governo dall’alimentare le tensioni nel Golfo accusando senza prove,
come fa Trump, l’Iran dell’ultimo presunto attacco a due petroliere nel
Golfo di Oman.
La corsa verso la nuova guerra in ogni caso è cominciata.
Il segretario alla Difesa Patrick Shanahan ha fatto sapere di essere
impegnato, assieme al Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton
e al segretario di Stato Mike Pompeo, a costruire un ampio consenso
internazionale contro l’Iran. Poi la parola potrebbe passare alle armi.
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