La ventinovenne attrice Federica Zacchia, “colpevole” di essere la ex compagna del presidente dell’Associazione ‘Piccolo America’, Valerio Carocci, è stata aggredita a tre giorni dal pestaggio di altri quattro ragazzi dell’associazione da parte di un branco di neofascisti di Casapound e dintorni.
Dalla ricostruzione fatta da Federica Zacchia, alcune persone – almeno due – l’hanno bloccata in via Manara (via di Trastevere non lontana da Piazza San Cosimato, dove si svolgono delle proiezioni all’aperto curate dall’associazione) e, spingendole la testa contro una macchina, le hanno intimato “Di’ a Carocci di stare calmo”.
Poco dopo la ragazza si è recata al pronto soccorso del vicino ospedale Fatebenefratelli dove le è stata riscontrata “un’abrasione sulla regione temporale”, graffi sulla fronte con tre giorni di prognosi e molto spavento. E il referto è stato subito inoltrato all’autorità giudiziaria che ora sta accertando i probabili collegamenti tra le due aggressioni.
Eppure tra le due aggressioni c’è una differenza che va presa seriamente in esame.
La prima viene dipinta come casuale (occorre però verificare se di questo si è trattato). Un branco di neofascisti con il testosterone e il tasso alcolico elevato per una festa di addio al celibato che, nel dopo festa, si esalta con una “caccia alle zecche” in giro per Trastevere. Alcuni degli aggressori sono stati individuati e denunciati, si tratta di fascisti di Roma nord.
La seconda aggressione, anche se con danni fisici più lievi, appare invece molto più grave. E’ una aggressione mirata e non casuale; preparata, studiata negli orari e nei movimenti della vittima designata.
Gli aggressori sapevano chi volevano aggredire, l’hanno seguita e intercettata in una strada, le hanno brutalmente “consegnato” un messaggio apertamente intimidatorio per lei e per quello che ritengono il bersaglio, cioè il presidente dell’Associazione Piccolo America che da anni anima le serate trasteverine con il cinema di qualità all’aperto.
Un dettaglio da non trascurare è che l’associazione Piccolo America non gestisce solo le proiezioni in piazza San Cosimato a Trastevere, ma anche al parco della Cervelletta e soprattutto sul litorale di Ostia, una zona grigia dove l’intreccio tra gli affari della malavita e quelli dei fascisti è strutturale, da tempo. Basta ricordare la nota contiguità tra Casapound e la “famiglia Spada”, ma anche i contrasti su quel territorio che l’associazione ha incontrato per la rassegna dello scorso anno, dove venne accusata e denunciata dall’affarismo locale per “concorrenza sleale” in quanto le proiezioni in piazza sono gratuite.
A maggio dello scorso anno, presentando la rassegna di cinema all’aperto al Porto di Ostia, il presidente della terza sezione penale del tribunale Guglielmo Muntoni aveva spiegato che la prospettiva dell’arena è di offrire uno spazio tolto alla mafia per uso sociale.
Un secondo dettaglio da evidenziare è che questa serie di aggressioni fasciste avviene contro una frangia di “antifascismo democratico” che, occupazione del cinema America a parte, certo non si distingue per pratiche “radicali” particolari ma si limita ad attività culturali. Per essere più chiari, non si tratta di quel tipo di antifascisti con cui magari i fascisti possono aver avuto qualche conto in sospeso. Né la Trastevere di oggi è definibile come un quartiere periferico in cui la destra fascista stia tentando di “entrare” per egemonizzare il malessere dei più poveri...
Dunque in queste aggressioni, e specialmente nella seconda, la motivazione “politica” è paradossalmente – se non “secondaria” – certamente non l’unica da seguire. Forse, ma è ancora da dimostrare, gli animatori del Piccolo America, consapevolmente o meno, hanno pestato i piedi a qualcuno che ha buoni rapporti con i fascisti.
Consentire la fruizione di buon cinema gratuitamente, in una società dove tutto “va messo a valore commerciale” potrebbe diventare un progetto fastidioso.
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