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08/11/2019

Arcelor Mittal: rigettare il ricatto, liberare Taranto dai veleni, costruire un’alternativa occupazionale

Siamo stati convocati a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio Conte in merito alla vicenda Arcelor Mittal dopo l’ennesimo inaccettabile ricatto della multinazionale dell’acciaio.

Avevamo detto da subito, in estrema solitudine, che Arcelor Mittal non era la risposta adeguata alla complicata crisi Ilva.

Ora a seguito della disastrosa scelta dei diversi governi di svendere ai privati il gruppo siderurgico siamo costretti a affrontare l’ennesima crisi nella situazione più difficile di sempre.

In primo luogo il governo e l’intero paese non possono piegarsi a quello che appare come un vero e proprio tentativo di estorsione da parte di Mittal.

La multinazionale ha acquisito il gruppo sottoscrivendo impegni precisi: occupazionali, ambientali e produttivi.

La pretesa di riscrivere i contenuti dell’accordo si configura come una violazione contrattuale e va respinta anche agendo per vie legali.

La multinazionale se ne andrà a prescindere dell’impossibile accettazione del ricatto, è solo questione di tempo.

Arcelor Mittal non ha alcun interesse industriale verso il gruppo siderurgico italiano. Acquisendo Ilva ha impedito ad altre imprese concorrenti di ottenere un rilevante insediamento in Italia ed ha conquistato una fetta ulteriore di mercato.

Al governo Conte chiediamo di agire immediatamente per costruire un’alternativa all’uscita della multinazionale.

Un piano straordinario che coniughi la chiusura delle fonti inquinanti, restituendo così ai tarantini il diritto alla salute, con una riconversione che garantisca occupazione e diritto al reddito per lavoratori diretti, indiretti e degli appalti.

Solo un massiccio intervento pubblico, solo una nuova politica industriale dello Stato, attraverso uno strumento capace di coniugare vero sviluppo sociale con una vera compatibilità ambientale impedendo la distruzione del patrimonio produttivo del paese con un governo dell’economia a partecipazione di base.

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Relativamente alla questione dello Scudo penale, alla sicurezza e alla salute pubblica, cosa pensano i lavoratori dell’Ilva?

I lavoratori di Taranto non sembrano a favore di uno scudo penale per l’ex-Ilva. È quanto emerge dal questionario distribuito dall’Usb di Taranto ai circa 8200 lavoratori dello stabilimento siderurgico tarantino nel corso di assemblee che si sono svolte nei giorni scorsi. Alla domanda: «Il Governo, alla luce di quanto successo finora, dovrebbe annullare il contratto con ArcelorMittal?», su 1254 voti ritenuti validi, in 1141 si sono espressi per il Sì (91%) e 113 per il No (9%).

Sono sette in tutto i quesiti sui quali l’Unione Sindacale di Base ha chiesto ai lavoratori dell’Ilva di esprimere un giudizio.

Per 1211 lavoratori (96,6%) non è giusto «garantire ad ArcelorMittal o ad altri lo scudo o l’immunità penale fino alla scadenza delle attività Aia» (43 i favorevoli pari al 3,4%).

In 1240 (98,9%) ritengono che ArcelorMittal non stia rispettando il contratto stipulato con il Governo e l’accordo sindacale del 6 settembre (14 i sì pari all’1,1%).

Altra domanda: «Ad un anno dall’ingresso di ArcelorMittal, dal punto di vista della sicurezza degli impianti e dell’ambiente, ritieni che lo stabilimento sia migliorato?». Sono stati 17 i Sì (1,4%) e 1237 i No (98,6%).

Infine per 1223 operai (97,6%), l’attuale ciclo produttivo integrale a carbone non è compatibile con il rispetto della salute umana e dell’ambiente.

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