Nel nostro paese abbiamo più uomini e donne in divisa procapite che in camice bianco. Eppure i reati sono diminuiti mentre lo standard della salute pubblica si è drasticamente abbassato, con milioni di persone che hanno rinunciato a curarsi e con l’aspettativa di vita che si va riducendo (più morti che nascite).
Ci voleva una serissima emergenza come quella scatenata dall’epidemia del coronavirus per rendere evidente contraddizioni e buchi neri che pure erano visibili da anni ma che sono stati voluti, scelti, pianificati.
Ultima in ordine di tempo è l’assunzione di altri 11.000 agenti di polizia, carabinieri, finanzieri, guardie carcerarie mentre negli ospedali mancano migliaia di medici, infermieri, operatori sociosanitari. Un rovesciamento di priorità che privilegia gli apparati coercitivi rispetto a quelli con una funzione sociale, un modello di gestione autoritario piuttosto che un ampliamento del welfare. Anzi proprio perché si è andato riducendo il sistema di protezione sociale ed è cresciuto l’impoverimento di ampi strati di popolazione, si è scelto di rafforzare i ranghi degli apparati che hanno il compito di tenerli “sotto”.
I medici in Italia sono 404 ogni centomila abitanti. Il numero di medici generalisti per 100mila abitanti è di 89, inferiore a quello registrato in altri grandi paesi europei come Germania (97,8) e soprattutto Francia (152,9), ma superiore a quello del Regno Unito (76,4) e della Spagna (74,7).
Discorso differente per quanto riguarda i medici specialisti, che in Italia sono 306 ogni centomila abitanti, risultando così tra i paesi a più alta densità di professionisti in Europa, non lontano dalla Germania (320,9). Vanno meglio le cose per i medici pediatri che sono circa 29 ogni 100mila abitanti, contro i 17 della Germania e i 12 della Francia. Il rapporto diventa più elevato se si considera però la sola popolazione infantile (0-14 anni): con 213 pediatri ogni 100mila bambini, l’Italia è preceduta solo dalla Grecia.
Gli infermieri sono 553 ogni 100mila abitanti. In Italia a febbraio 2015 risultavano iscritti 426.707 infermieri all’IPASVI, dei quali 410.456 infermieri, 10.553 infermieri pediatrici e 5.698 assistenti sanitari. Ma gli infermieri attivi, sono solo circa 355.000 che lavorano regolarmente, hanno un’età anagrafica fino a 58 anni e un’anzianità professionale inferiore a 30 anni: oltre 270.000 sono dipendenti, gli altri risultano liberi professionisti.
La maggior parte degli infermieri è concentrata nella fascia d’età tra 36 e 55 anni: 268.914 iscritti all’IPASVI. Ce ne sono poi, ai due estremi, 15.552 tra 20 e 25 anni e 13.259 over 65.
I gendarmi ogni centomila abitanti
Nel 2016 (ultimo dato per cui sono disponibili confronti internazionali) il rapporto tra personale delle forze dell’ordine e popolazione era uno tra i più alti in Europa: su 35 Paesi europei considerati, l’Italia occupa l’ottava posizione, con 453 unità ogni 100mila abitanti contro una media europea di 355. I principali Paesi europei paragonabili all’Italia avevano valori nettamente più bassi: il Regno Unito era a 211, la Francia a 320, la Spagna a 361 e la Germania a 297.
Ma il decreto ministeriale del 4 settembre 2019 ha previsto l’assunzione a tempo indeterminato di nuovi organici da inserire nelle forze dell’ordine nel nostro paese. Ma oltre alle nuove assunzioni dovute al naturale turnover, si è andati ben oltre. Si prevede infatti l’assunzione complessiva di 11.192 unità (4.538 per l’Arma dei Carabinieri, 3.314 per la Polizia di Stato, 1.900 per la Guardia di Finanza, 1.440 per la Polizia Penitenziaria).
Eppure dal 2008 al 2018 i reati sono diminuiti: -39,8% gli omicidi; -33,3% le rapine; -8,5% i furti domestici, ma la “percezione” del 78% della popolazione è che la criminalità sia aumentata negli ultimi cinque anni. È avvenuto invece l’esatto contrario.
In Italia c’è invece un serissimo buco degli organici negli ospedali e nelle strutture sanitarie che è stato rilevato (sembra per difetto) nella carenza di 8.000 medici e 36.000 infermieri.
In Italia sono ormai diventati 11 milioni nel 2016 le persone che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagarle di tasca propria. Sono 2 milioni in più rispetto al 2012. La spesa sanitaria sostenuta di tasca propria dai cittadini italiani è salita a 34,5 miliardi di euro.
E allora, vogliamo parlare di come rovesciare le priorità in questo paese?
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