Apprendiamo da indiscrezioni stampa che il 16 marzo il MES, asceso agli onori della cronaca qualche mese fa e troppo presto consegnato all’oblio, tornerà sul tavolo dei Ministri dell’Economia e delle Finanze della zona euro e se i Ministri daranno l’ok (all’unanimità) potrà partire il processo di ratifica dei parlamenti nazionali.
Una classe politica che abbia minimamente a cuore l’interesse generale dovrebbe fermarsi a riflettere sugli effetti devastanti che politiche europee tutte orientate al taglio della spesa sociale e in primis di quella sanitaria, hanno prodotto e che ora emergono in tutta la loro drammaticità a seguito della diffusione del Coronavirus.
Ed invece niente, come nulla fosse l’UE procede come un rullo compressore nel perseguimento dei suoi obbiettivi, senza farsi minimamente scalfire dagli effetti dirompenti che la pandemia sta producendo a livello sociale, sanitario ed economico approfondendo una crisi che, è bene ricordarlo, tornava a bussare alle porte già prima dell’avvento del Covid-19.
Dalle pagine di questo giornale le varie sfaccettature della riforma del Meccanismo europeo di stabilità (MES) e le sue devastanti implicazioni sociali sono state ben analizzate nei mesi precedenti.
Giusto per rinfrescare la memoria e in estrema sintesi: si tratta di un dispositivo che prevede due linee di credito, quella precauzionale e quella rafforzata.
Per accedere alla prima linea di credito occorre essere in regola con una serie di requisiti rigorosamente fissati da paletti che di fatto coincidono con i parametri stabiliti dal Fiscal compact (rapporto deficit/Pil al 3%; debito pubblico inferiore al 60% del Pil o riduzione dello stesso nei due anni a una media di 1/20 l’anno, ecc.): insomma si tratterebbe di un caso di salvataggio ordinario rivolto a Stati già con i fondamentali a posto. Una vera e propria manna dal cielo per le banche tedesche che in tal modo potrebbero ricorrervi per fronteggiare e risolvere le pesanti criticità dei loro istituti bancari che detengono in pancia titoli illiquidi, ovvero prodotti finanziari derivati.
Per i paesi non in regola con i parametri economici (per esempio l’Italia) sono invece previste le linee di credito rafforzate che spalancherebbero le porte alla ristrutturazione del debito.
Tali paesi, infatti, potrebbero subire una valutazione di non sostenibilità del debito pubblico con obbligo di ristrutturazione ben prima di ottenere il finanziamento. Solo dopo tale ristrutturazione scatterebbe il prestito subordinato a un piano di aggiustamento macroeconomico sotto stretta osservazione delle istituzioni europee. E la sanità pubblica e i suoi “angeli” oggi tanto osannati torneranno ad essere una voce di spesa non sostenibile.
Se qualcuno si è illuso che i 7,5 miliardi di deviazione dalla traiettoria dei conti pubblici accordati al nostro paese dalle istituzioni europee indicassero un cambio delle politiche ordoliberiste dovrà ricredersi per almeno due ragioni.
La prima riguarda la stesura stessa della clausola contenuta nel Trattato sulla stabilità.
La norma prevede infatti che gli Stati contraenti potranno temporaneamente deviare dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di aggiustamento solo nel caso di circostanze eccezionali, ovvero eventi inusuali che sfuggono al controllo dello Stato interessato e che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della pubblica amministrazione, oppure in periodi di grave recessione, a patto che tale disavanzo non infici la sostenibilità di bilancio a medio termine.
Siamo in presenza di un classico caso in cui una parte della disposizione smentisce o limita fortemente la prima. Se infatti è vero che la norma non contiene limiti numerici allo sforamento del deficit, è altrettanto vero che la sostenibilità del bilancio resta il punto di riferimento. E questo spiega almeno in parte l’irrisorietà degli stanziamenti contenuti nel decreto governativo a fronte di una crisi economica galoppante e dagli sviluppi imprevedibili.
La seconda riguarda proprio la procedura per la riforma del MES: l’UE guarda al bersaglio grosso e punta a strangolare definitivamente la nostra economia e più in generale quella dei paesi con un debito pubblico alto.
Quando l’emergenza Coronavirus terminerà e il nostro debito sarà finito definitivamente sotto il tiro degli speculatori, gli stessi “benefattori” che oggi gentilmente concedono spesa in deficit hanno apparecchiato la tavola per far pagare un conto salatissimo affinché tutto ricominci come e peggio di prima.
Visto che per l’approvazione occorrerà l’unanimità la domanda è d’obbligo: il Ministro Gualtieri firmerà la riforma del MES magari approfittando dell’opinione pubblica concentrata sul Coronavirus e della “benevolenza” momentaneamente accordata dall’UE? Temiamo di conoscere in anticipo la risposta.
C’è un virus pericoloso come e forse più del Covid-19: si chiama Unione europea. Specula sulle disgrazie e le utilizza come ulteriore forma di disciplinamento sociale.
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