Sabato a Milano, durante un corteo pacifico per chiedere la fine del genocidio a Gaza, un poliziotto si è presentato in tenuta antisommossa con una felpa nera che sfoggiava il simbolo di un gruppo neonazista polacco. Non è fantapolitica. È cronaca. È accaduto. In Italia. Nel 2025.
Ci dicono che la Digos “sta cercando di identificarlo”. Ma dai, davvero? Non prendiamoci in giro. In un sistema militarizzato dove ogni agente è schedato, tracciato, inquadrato, ci vogliono far credere che non sappiano chi è? No, non stanno cercando di scoprirlo. Stanno solo cercando di proteggerlo. Di metterlo al riparo dall’opinione pubblica. Dalle sanzioni. Dalla giustizia.
E sapete perché possono permettersi di farlo? Perché dentro la Polizia c’è un codice non scritto, un’omertà da manuale mafioso, dove chi denuncia è un “infame” e chi copre gli abusi è “uno dei nostri”. E questa mentalità non è un’eccezione: è sistema. È cultura. È tollerata, se non incoraggiata.
E non parliamo di un povero scemo di periferia. Quell’agente indossava abiti diversi dagli altri. In un’operazione in assetto antisommossa. Questo vuol dire che aveva un grado, un ruolo, un’autorizzazione. Non era lì per caso. E nessuno gli ha detto di cambiarsi.
È questo lo Stato che dovrebbe garantire i diritti costituzionali? Quello che reprime manifestazioni pacifiche con manganelli e simboli fascisti in bella vista? Quello che mena chi dissente, ma protegge chi flirta con l’estrema destra?
È anche per questo che la battaglia per l’identificativo obbligatorio sui caschi va avanti da anni. Perché senza nomi, senza numeri, senza responsabilità, la divisa diventa una maschera dietro cui si può fare tutto. Anche il peggio.
E se chi comanda chiude un occhio o due, allora il problema non è il singolo agente. Il problema è l’intero apparato. E a quel punto non si chiama più “forza dell’ordine”. Si chiama apparato repressivo.
Ci dicono che la Digos “sta cercando di identificarlo”. Ma dai, davvero? Non prendiamoci in giro. In un sistema militarizzato dove ogni agente è schedato, tracciato, inquadrato, ci vogliono far credere che non sappiano chi è? No, non stanno cercando di scoprirlo. Stanno solo cercando di proteggerlo. Di metterlo al riparo dall’opinione pubblica. Dalle sanzioni. Dalla giustizia.
E sapete perché possono permettersi di farlo? Perché dentro la Polizia c’è un codice non scritto, un’omertà da manuale mafioso, dove chi denuncia è un “infame” e chi copre gli abusi è “uno dei nostri”. E questa mentalità non è un’eccezione: è sistema. È cultura. È tollerata, se non incoraggiata.
E non parliamo di un povero scemo di periferia. Quell’agente indossava abiti diversi dagli altri. In un’operazione in assetto antisommossa. Questo vuol dire che aveva un grado, un ruolo, un’autorizzazione. Non era lì per caso. E nessuno gli ha detto di cambiarsi.
È questo lo Stato che dovrebbe garantire i diritti costituzionali? Quello che reprime manifestazioni pacifiche con manganelli e simboli fascisti in bella vista? Quello che mena chi dissente, ma protegge chi flirta con l’estrema destra?
È anche per questo che la battaglia per l’identificativo obbligatorio sui caschi va avanti da anni. Perché senza nomi, senza numeri, senza responsabilità, la divisa diventa una maschera dietro cui si può fare tutto. Anche il peggio.
E se chi comanda chiude un occhio o due, allora il problema non è il singolo agente. Il problema è l’intero apparato. E a quel punto non si chiama più “forza dell’ordine”. Si chiama apparato repressivo.
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La solidarietà non arretra.
Sulla provocazione all’imponente corteo del 12 aprile a Milano
La solidarietà non arretra.
Sulla provocazione all’imponente corteo del 12 aprile a Milano
Milano 12 aprile: un enorme corteo di massa denuncia il GENOCIDIO palestinese, il riarmo e il nuovo decreto sicurezza. Il governo Meloni risponde con una provocazione in linea con le nuove politiche securitarie! – NO ALLO STATO DI POLIZIA –
La strada è quella giusta.
È quella dell’allargamento e dell’inclusione di ogni anima della solidarietà. L’abbiamo detto e scritto mille volte: parlare una lingua “di massa” perché, dalla semplice empatia umana alla militanza antimperialista, ognuna e ognuno si senta chiamato/a a dare il proprio contributo, senza più alcun alibi.
Volti diversi con un obiettivo comune, fermare il genocidio, fermare la mano assassina dei sionisti, denunciare la complicità degli assassini delle cosiddette “democrazie occidentali” imperialiste che supportano il genocidio e la pulizia etnica in diretta streaming del popolo palestinese. Lavoratori e lavoratrici provenienti dalle molte periferie del mondo, dai quartieri emarginati delle metropoli capitaliste, studenti, disoccupati, donne e giovani che non si piegano ad una vita di sfruttati che si immedesimano nella lotta al colonialismo e all’imperialismo. Donne e uomini semplicemente solidali.
Voci diverse e diversamente motivate a sostegno del popolo palestinese e della sua Resistenza.
Il corteo di sabato 12 aprile è stato una grande manifestazione di massa con la partecipazione di famiglie intere con numerosissime bambine e bambini con la bandiera palestinese che è stata il filo conduttore dalla testa alla fine del corteo. Un grande, largo e caldo fiume animato da molte decine di migliaia di persone e attraversato dalla consapevolezza che il popolo palestinese non può essere lasciato solo davanti ai crimini dell’imperialismo statunitense/occidentale insieme alla sete di sangue colonialista dell’entità sionista israele.
Una grande manifestazione di massa che non ha parlato solo di GENOCIDIO ma ha parlato anche di riarmo, di cieca corsa verso la guerra tra imperialismi come soluzione ad una crisi di un sistema globale basato sullo sfruttamento di donne, uomini e dell’intero pianeta, di politiche securitarie per comprimere diritti e azzerare una possibile ribellione sociale a partire dalla classe.
Ma proprio perché questo grande corteo di massa ha messo in moto un effetto rilancio delle mobilitazioni a fianco del popolo palestinese e la denuncia della complicità occidentale/italiana, questa forza di massa ha fatto paura al governo Meloni che, sabato 12, ha messo in pratica un’operazione politico repressiva pericolosissima e devastante per il messaggio che lancia.
A 2 giorni dall’approvazione di Mattarella – il “difensore dei valori democratici e antifascisti della Costituzione” – del nuovo fascista Decreto Sicurezza, il governo Meloni ci ha detto che è caduto ogni “freno inibitorio” alla repressione, che si potranno permettere ogni arbitrio repressivo sicuri di una protezione legislativa e del controllo su media e organi di informazione.
Sabato 12, con la scusa di dover identificare i “responsabili” di qualche sporadica azione di contorno al corteo, il ministero degli interni è intervenuto pesantemente contro di esso preparando un consapevolmente provocatorio (se non si vogliono incidenti si evita lo “struscio” con il corteo) imbuto di caschi, scudi e manganelli in cui far transitare il corteo fino a procedere con un’irruzione violenta ed arbitraria, spingendo e manganellando i partecipanti per portarsi via a caso 7 manifestanti infatti poi rilasciati.
Non “disordini” e “scontri” quindi, deliberatamente invece voluti provocare dal ministero degli Interni e come riportano i media servi delle “veline” dello stesso, ma una deliberata aggressione che ha prodotto il risultato di spaccare deliberatamente il corteo in 2 spezzoni.
Una grandissima azione provocatoria e repressiva del governo per criminalizzare la grande e potente voce della solidarietà e provare ad azzerare mediaticamente la grande ed entusiastica riuscita del corteo.
LA SOLIDARIETÀ NON ARRETRA!
Non facciamo cadere nel silenzio questa provocazione.
Non tacciamo sui crimini dell’imperialismo e del sionismo.
Non facciamo passare senza opposizione le politiche securitarie del governo Meloni. La vera sicurezza non è repressione, azzeramento del dissenso e dell’opposizione nelle fabbriche e nei territori, non sono le zone rosse, non è precarietà e stipendi da fame ma lavoro, salario, istruzione e sanità universalistica e una Palestina libera dal fiume al mare dal colonialismo suprematista sionista!
CONTRO IL GENOCIDIO E LA CORSA VERSO LA GUERRA IMPERIALISTA.
NO ALLO STATO DI POLIZIA!
L’Europa si arma, la guerra si avvicina, resistere, resistere, come in Palestina!
CON LA PALESTINA NEL CUORE!
Le compagne e i compagni del Csa Vittoria
Fonte
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