La val Susa cala a Torino in una giornata d’inverno, la prima di
quest’anno. Ma anche la città è uscita, un po’ ma non troppo, di casa,
ed è andata a manifestare. Sotto una gelida nevicata circa cinquemila
manifestanti – diecimila secondo gli organizzatori – hanno marciato
nelle vie centrali di Torino per esprimere indignazione contro la
recente ondata repressiva che ha colpito il movimento. Ventisei ordini
di custodia per provvedimenti accaduti sei mesi fa. Alcuni eseguiti ai
danni di uomini simbolo della parte più popolare e non violenta del
movimento.
Alle
due del pomeriggio il corteo partiva dalla stazione Porta Nuova e dopo
aver attraversato via Roma giungeva in piazza san Carlo. Qui si fermava
sotto la sede di Intesa san Paolo, una delle banche maggiormente
coinvolte nella vicenda Alta Velocità, nonché la padrona della città per
mezzo del suo debito. I manifestanti si sono avvicinati al portone
d’ingresso ma sono stati respinti, senza alcun uso di violenza, da parte
delle forze dell’ordine. Nonostante le numerose maschere nere sui volti
si capiva in quel momento che la manifestazione sarebbe stata
determinata e pacifica. Dopo il potere finanziario era il momento di
quello politico e quindi sotto le finestre della Regione Piemonte
venivano scaricate alcune cassette di macerie e lacrimogeni provenienti
dal cantiere di Chiomonte. Il corteo terminava in piazza Vittorio dopo
aver attraversato la centralissima via Po. Nella piazza più grande di
Torino prendevano la parola i rappresentanti dei gruppi colpiti oggi dai
provvedimenti giudiziari: Rifondazione Comunista, il Comitato di lotta
popolare di Bussoleno ed il Fai. Molte voci per un unico messaggio: non
si farà un passo indietro nonostante la repressione. Di fatto la
manifestazione ha dimostrato la capacità di mobilitazione immediata per
circa cinquemila manifestanti in condizioni climatiche estreme. Numeri
che Torino non vede nemmeno durante gli scioperi generali.
Al
termine degli interventi il blocco più giovanile mal accettava la
conclusione pacata della manifestazione e si organizzava per un contro
corteo che ricalcasse la via del ritorno. Il movimento però si sfilava.
Un piccolo confronto con forze dell’ordine che indietreggiavano era
quindi il massimo momento di tensione di una giornata simile ad altre
che costellano la storia ventennale del lotta contro l’alta velocità. Il
prossimo appuntamento, decisamente più solido, è in programma per il
ventisei febbraio. Nel periodo che intercorre con questa data dovrebbero
iniziare le famose procedure di esproprio dei terreni appartenenti ai
Notav. Si tratta di circa mille lotti per i quali si preannuncia una
dura battaglia legale.
Fonte.
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