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21/01/2012

Serge Latouche: decrescita, volenti o nolenti

I sostenitori della decrescita ascoltano spesso cose come "la decrescita è già in corso!" È un po’ affrettato. La nostra crescita  può essere debole, ma non siamo ancora entrati in una crescita negativa. Con un PIL di mille miliardi di euro, l’1% della crescita continua ad essere dieci miliardi, cosa che equivale al 10% del PIL di un Paese con solo cento miliardi di euro (livelli su cui si muovono i Paesi del Sud). Questo continua ad essere troppo per la rigenerazione della biosfera. Ma il punto più importante è che un progetto di società della decrescita è radicalmente diverso dalla crescita negativa. La prima cosa sarebbe paragonabile a una drastica cura alla quale ci sottoponiamo volontariamente per migliorare il nostro benessere di fronte alla minaccia di obesità per un consumo eccessivo. La seconda sarebbe come una dieta forzata che ci può far morire di fame. Si è già detto più volte: non c’è niente di peggio che una società della crescita senza crescita.
Sappiamo che se la crescita semplicemente rallenta, le nostre società affondano nella confusione a causa della disoccupazione, dell’allargamento della forbice tra ricchi e poveri, del calo del potere d’acquisto dei più poveri della società e per l’abbandono dei programmi sociali, sanitari, educativi, culturali e ambientali che assicurano un minimo livello di vita. Se dobbiamo cambiare direzione, questa sarà la regressione sociale e culturale che dovremo affrontare. In una conferenza del 1974 intitolata “Il loro ecologismo e il nostro”, André Gorz affermó: "Questo calo della crescita e della produzione che avrebbe potuto essere positiva in un altro sistema (meno auto, meno rumore, più aria, giornate di lavoro più corte, ecc.) avrà effetti  completamente negativi: la produzione inquinante diventerà un prodotto di lusso fuori della portata delle masse, anche se continuerà ad essere alla portata di chi se lo potrà permettere; le disuguaglianze cresceranno, i poveri saranno relativamente più poveri e i ricchi più ricchi".
La decrescita si può prendere in considerazione solo in una "società della decrescita", cioè come parte di un sistema basato su un’altra logica. L’alternativa è, pertanto, decrescita o barbarie. Una società che scelga di vivere con sobrietà come suggeriscono quelli che sono contrari alla società della crescita, implicherebbe di lavorare meno per vivere meglio, consumare meno ma  meglio, produrre meno rifiuti e riciclare di più. In poche parole recuperare il senso delle proporzioni e un impatto ecologico sostenibile. Cercare la propria felicità nell’interazione sociale e non nell’accumulazione frenetica. Tutto questo richiede una seria decolonizzazione delle nostre menti, ma le circostanze ci possono aiutare ad arrivarci. I tossicodipendenti del sistema certamente diranno che non faranno più vacanze alle Seychelles. Dovranno adeguarsi. L’età dell’oro del consumismo in chilometri è il passato. Il desiderio di viaggiare e la necessità di avventura sono, senza dubbio, iscritti nell’essenza dell’uomo e sono fonti di arricchimento che non dovrebbero scomparire, ma l’industria del turismo ha trasformato la legittima curiosità e la ricerca educativa in una industria di consumo distruttiva. Lo stesso è successo alla cultura e al tessuto sociale dei Paesi "di  destinazione". Il vizio di viaggiare sempre più lontano, più rapidamente, più spesso (e sempre con i prezzi più bassi) si deve ripensare dalle fondamenta. Di fronte alla mancanza di petrolio o allo squilibrio climatico, i viaggi saranno sempre più vicini, meno frequenti, più lenti e più costosi in termini di soldi. A dire la verità, questo vizio è così serio unicamente per il vuoto e il disincanto che ci fa vivere sempre più virtualmente e viaggiare, in realtà, a spese del pianeta.
Woody Allen ha detto che siamo arrivati a un bivio decisivo. Una strada ci porta all’estinzione della specie e l’altra alla disperazione. Aggiunge: "Spero che saremo capaci di prendere la decisione corretta". La prima strada è quella che abbiamo preso. La seconda è quella della crescita negativa che genera fame, guerre, pandemie e che probabilmente vedrà il controllo di un potere ecofascista o ecototalitario, le cui premesse stiamo già sperimentando. La decrescita rappresenta una terza via: scegliere la sobrietà. Per questo dobbiamo creare un’altro modo di rapportarci al mondo, con la natura, con le cose e gli esseri viventi che possa essere universalizzata su una scala umana. Le società che autolimitano la loro capacità di produrre sono anche società allegre.

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