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26/01/2012

Ecco perché l'Iran non bloccherà lo stretto di Hormuz

Probabilmente si tratta dell'ormai consueto show nel quale statunitensi e iraniani mostrano i muscoli minacciando reciproche rappresaglie. Teheran non ha nessun interesse a bloccare lo Stretto di Hormuz attraverso il quale transita anche buona parte del suo greggio e il blocco alle importazioni varato dalla Ue rischia di creare più problemi e danni economici a Italia, Grecia e Spagna che all'Iran che potrà dirottare verso l'India e l'Asia il petrolio destinato all'Europa.

Anche sul piano politico il regime iraniano non ha nessun interesse a bloccare Hormuz, azione che pregiudicherebbe il supporto di Mosca e verrebbe considerata dalla comunità un atto di guerra che offrirebbe così su un piatto d'argento a Israele, Paesi arabi del Golfo e Stati Uniti l'opportunità di condurre raids anche contro i suoi siti nucleari. Per tutte queste ragioni il passaggio dello Stretto da parte della portaerei statunitense Lincoln (una delle tre inviate da Washington nell'Oceano indiano), avvenuto ieri, non dovrebbe provocare reali escalation anche se poche settimane or sono il transito della gemella Stennis determinò la minaccia iraniana di attaccare le portaerei americane in entrata nel Golfo.
Ciò nonostante non mancano i toni aggressivi. L'ex ministro iraniano dell'Intelligence, Ali Fallahian, ha proposto di "sconvolgere i piani europei", bloccando le esportazioni di petrolio verso l'Occidente prima che questo si organizzi per soddisfare per altre vie il suo fabbisogno interno. La reazione più dura è stata quella del vice presidente della commissione Esteri e Sicurezza nazionale del parlamento iraniano, Mohammad Kossari. "Se ci sarà qualsiasi perturbazione della vendita di petrolio iraniano, lo Stretto di Hormuz sarà chiuso definitivamente", ha tuonato, ribadendo la minaccia arrivata già nelle scorse settimane da vari esponenti del regime iraniano. Per il ministro della Difesa italiano, Giampaolo Di Paola, "chiudere lo Stretto sarebbe una violazione del diritto internazionale" e "dolorosamente significherebbe chiudere oltre il venti per cento del petrolio mondiale che passa da Hormuz". La "carta dell'uso della forza" contro l'Iran "è sempre sul tavolo" ma l'Italia ritiene che si tratterebbe di un'opzione "fortemente devastante per tutta la regione" ha dichiarato alla Cnn il ministro degli Esteri, Giulio Terzi.
Ma l'Iran è in grado di bloccare realmente lo stretto? Sul piano militare si, anche se le conseguenze belliche sarebbero devastanti per Teheran che non potrebbe tenere testa alla reazione di Stati uniti e alleati.
Fin dalla guerra contro l'Iraq (1980-88) e dal confronto navale con gli Stati Uniti del 1988 la marina iraniana ha sviluppato mezzi e tattiche utili a combattere le flotte occidentali e a minacciare il transito delle petroliere nel Golfo Persico. La sua flotta dispone di poche navi d'altura del tipo fregate e corvette che peraltro verrebbero rapidamente individuate e distrutte in caso di guerra. Rispetto alle battaglie del 1988 i veri punti di forza dell'Iran sono rappresentati dai tre sottomarini del tipo russo Kilo e dalla ventina di minisommergibili e sottomarini costieri di origine nordcoreana (poi replicati in Iran) con i quali sarebbe molto facile seminare mine lungo i due corridoi dello Stretto di Hormuz accessibili alle navi di grande tonnellaggio larghi appena sei miglia e lunghi 90. Un collo d'imbuto nel quale mine navali (l'Iran ne avrebbe almeno 2mila) , siluri e soprattutto una pioggia di missili antinave potrebbero provocare seri danni non solo alle petroliere ma anche alle navi da guerra più moderne i cui sistemi di scoperta e autodifesa verrebbero facilmente saturati da attacchi ravvicinati provenienti dalle coste iraniane. Del resto la Marina statunitense ha una flotta di cacciamine limitata a 14 unità (4 delle quali assegnate alla 5a Flotta in Bahrein) che in caso di guerra a Hormuz dovrebbero venire affiancate da navi simili dei Paesi arabi e soprattutto europei (francesi, britannici e italiani dispongono delle flotte antimine più capaci e moderne) destinate ad operare molto vicino alle coste iraniane per ripulire il mare dagli ordigni esponendosi così ad attacchi aerei e navali. Insomma, la battaglia per Hormuz non sarebbe una passeggiata e come sottolinea l'analista navale Giuliano Da Frè "proprio nelle acque del Golfo Persico gli statunitensi hanno subito i danni più rilevanti alle loro unità d'altura come la fregata Stark semidistrutta nel 1987 per errore da un missile antinave iracheno Exocet e la gemella Roberts colpita l'anno successivo da una mina iraniana mentre durante la guerra del Golfo del 1991 furono l‘incrociatore Princeton e la portaelicotteri Tripoli a subire seri danni a causa delle mine irachene di origine russa e italiana".
La marina iraniana e quella "parallela" dei pasdaran schierano due dozzine di motovedette dotate di missili cinesi C-701, C-801 e C-802 con un raggio d'azione compreso tra i 15 e i 120 chilometri costruiti anche in Iran. Armi disponibili anche per il lancio dai jet Phantom, Sukhoi 24 ed elicotteri oltre che da batterie costiere mobili- Uno dei C-802 che l'Iran consegnò ai miliziani Hezbollah colpì la corvetta israeliana Hanit durante la guerra libanese del 2006.
A questi mezzi si aggiungono almeno 300 motoscafi e barchini gestiti dai Guardiani della rivoluzione che potrebbero condurre azioni di disturbo e suicide contro navi militari e petroliere partendo da navi-madre mascherate da innocui mercantili o dalle numerose piattaforme petrolifere presenti nel Golfo e in parte non più attive.

Fonte.

La situazione è sempre più incandescente se pure il Sole24 Ore si lancia in analisi e conclusioni (alcune discutibili a partire dal costante predominio che gli USA dovrebbero avere dovunque) geopolitiche di questa portata.

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