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20/01/2012

Interrogativi sulle operazioni coperte contro l'Iran

Si moltiplicano in queste ore sulla stampa internazionale notizie che danno per certa l'opzione militare israeliana per fermare il programma nucleare iraniano e che evidenziano le difficoltà degli Stati Uniti nel districarsi dagli enormi rischi dello scoppio di un aperto conflitto nell'area. Ma un interessante reportage di Mark Perry su Foreign Policy dello scorso 13 gennaio dimostra che lo Stato ebraico è già da tempo in guerra aperta con l'Iran, e che, ai più alti livelli politico-militari, gli Usa sono da lungo tempo perfettamente al corrente di quanto sta accadendo, senza volere o senza potervisi opporre.
Perry infatti ricostruisce con molti particolari, ricavati da fonti bene informate, l'operazione con cui il Mossad israeliano avrebbe di fatto preso il controllo dell'organizzazione islamista Jundallah ("soldati di Dio"), che ha base in Pakistan ma opera soprattutto nella regione iraniana del Beluchistan, un'area di religione sunnita e pertanto tradizionalmente ostile al regime shiita di Teheran. Jundallah ha operato una lunga serie di attacchi terroristici in territorio iraniano a partire almeno dal 2005, principalmente con attacchi indiscriminati contro obiettivi religiosi shiiti, oltreché contro quelli politici come lo stesso presidente Ahmadinejad o i miliziani e le guardie di frontiera iraniane. Potrebbero quindi essere uomini di questo tipo, diretti dagli israeliani, anche gli autori degli attentati mirati che hanno provocato l'uccisione di sei scienziati iraniani che si occupavano del programma atomico.
Secondo rapporti riservati statunitensi, gli uomini del Mossad avrebbero svolto le loro attività di reclutamento ed i loro numerosi incontri con rappresentanti di Jundallah soprattutto a Londra, presentandosi però, e questo è un elemento davvero interessante, come esponenti della Cia e della Nato: una circostanza quest'ultima che sarebbe stata confermata a Perry da ben sei alti esponenti dei servizi segreti Usa, che avrebbero operato per evitare che queste informazioni venissero allo scoperto, nonostante esse siano documentate in rapporti distribuiti ad alto livello nella Cia americana, fino a raggiungere il direttore delle operazioni Stephen Kappes, il suo vice Michael Sulick ed il capo del Counter Intelligence Center statunitense.
Le operazioni del Mossad rivolte ad utilizzare "sotto falsa bandiera" i militanti di Jundallah avrebbero avuto luogo durante il periodo della presidenza Bush, creando un acceso dibattito nella comunità dell'intelligence Usa sui rischi che la spregiudicata condotta israeliana poneva per la sicurezza americana: con l'avvento di Obama, le operazioni congiunte israelo-americane contro l'Iran sarebbero state ridimensionate, evitando il ricorso a operazioni militari coperte, nonostante gli americani vengano tuttora ripetutamente invitati a prendervi parte.
In realtà, diversi servizi giornalisti nel 2007 e 2008 (come un reportage di ABC News e un articolo su The New Yorker) hanno mostrato che la condotta Usa è stata probabilmente assai più ambigua, dato che ben quattro milioni di dollari di fondi sarebbero stati messi a disposizione da parte del governo americano, con un ordine presidenziale segreto, per operazioni clandestine in Iran, soprattutto appoggiandosi alle minoranze etnico-religiose. Uno di questi servizi giornalistici, citava le significative affermazioni di un ex specialista in operazioni coperte della Cia, Robert Baer, a proposito proprio di Jundallah: "I Baluchi sono fondamentalisti sunniti che odiano il regime di Teheran, ma che possono anche essere descritti come una sorta di Al Qaeda. Sono tipi che tagliano la testa agli infedeli, in questo caso gli shiiti iraniani. L'ironia sta nel fatto che stiamo di nuovo lavorando con i fondamentalisti sunniti, come abbiamo già fatto in Afghanistan negli anni Ottanta e Novanta".
Ora, con il reportage di Perry abbiamo conferme all'ipotesi che sia Israele ad utilizzare, in accordo o meno con gli Usa, formazioni terroristiche islamiste sunnite contro l'Iran, fomentando sia il conflitto religioso con gli shiiti iraniani, sia tendenze secessioniste come quelle del Belucistan. Del resto è proprio di questi giorni un articolo del quotidiano francese Le Figaro che descrive la storia dei rapporti di collaborazione militare fra l'esercito israeliano ed il movimento indipendentista curdo nelle aree di confine con l'Iran, movimento che godrebbe attualmente di un crescente supporto militare da parte israeliana.
Questa notizia è quindi particolarmente inquietante per molti aspetti: intanto perché conferma la gravità di quanto sta avvenendo in Medio Oriente e di come lo Stato ebraico stia utilizzando, contro uno Stato estero sovrano, lo stesso strumento del terrorismo del quale si è sempre proclamato vittima. Conferma anche l'evidente tendenza di Israele, Usa e Gran Bretagna, ad acuire con tutti i mezzi il conflitto religioso fra sunniti e shiiti, con l'evidente scopo di "libanizzare" l'intero Medio Oriente. Ma sono altrettanto importanti da un più generale punto di vista storico, poiché confermano l'ipotesi della lunga e frequente strumentalizzazione dei movimenti terroristici sunniti da parte delle potenze occidentali e di Israele, ben documentata qualche anno fa ad esempio da Gaetano Colonna in Medio Oriente senza pace.
Nondimeno, potrebbe esserci un risvolto ancora più inquietante, che costringe una volta di più a tornare ad interrogarci sulla validità di altre, ancora più scottanti, presunte verità storiche. Molti hanno dimenticato infatti che sia Ramzi Yousef, considerato il responsabile dell'attentato del 1993 al World Trade Center, che il famigerato Khalid Sheik Mohammed, considerato uno dei pianificatori dell'attacco dell'11 settembre alle Torri Gemelle di New York, erano entrambi fondamentalisti sunniti Baluchi. Alla luce di queste notizie, sorge spontaneo oggi chiedersi: se davvero furono essi ad agire, per conto di chi realmente operavano?

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