Si moltiplicano in queste ore sulla stampa internazionale notizie che
danno per certa l'opzione militare israeliana per fermare il programma
nucleare iraniano e che evidenziano le difficoltà degli Stati Uniti nel
districarsi dagli enormi rischi dello scoppio di un aperto conflitto
nell'area. Ma un interessante reportage di Mark Perry su Foreign Policy
dello scorso 13 gennaio dimostra che lo Stato ebraico è già da tempo in
guerra aperta con l'Iran, e che, ai più alti livelli politico-militari,
gli Usa sono da lungo tempo perfettamente al corrente di quanto sta
accadendo, senza volere o senza potervisi opporre.
Perry infatti
ricostruisce con molti particolari, ricavati da fonti bene informate,
l'operazione con cui il Mossad israeliano avrebbe di fatto preso il
controllo dell'organizzazione islamista Jundallah ("soldati di Dio"),
che ha base in Pakistan ma opera soprattutto nella regione iraniana del
Beluchistan, un'area di religione sunnita e pertanto tradizionalmente
ostile al regime shiita di Teheran. Jundallah ha operato una lunga serie
di attacchi terroristici in territorio iraniano a partire almeno dal
2005, principalmente con attacchi indiscriminati contro obiettivi
religiosi shiiti, oltreché contro quelli politici come lo stesso
presidente Ahmadinejad o i miliziani e le guardie di frontiera iraniane.
Potrebbero quindi essere uomini di questo tipo, diretti dagli
israeliani, anche gli autori degli attentati mirati che hanno provocato
l'uccisione di sei scienziati iraniani che si occupavano del programma
atomico.
Secondo rapporti riservati statunitensi, gli uomini del
Mossad avrebbero svolto le loro attività di reclutamento ed i loro
numerosi incontri con rappresentanti di Jundallah soprattutto a Londra,
presentandosi però, e questo è un elemento davvero interessante, come
esponenti della Cia e della Nato: una circostanza quest'ultima che
sarebbe stata confermata a Perry da ben sei alti esponenti dei servizi
segreti Usa, che avrebbero operato per evitare che queste informazioni
venissero allo scoperto, nonostante esse siano documentate in rapporti
distribuiti ad alto livello nella Cia americana, fino a raggiungere il
direttore delle operazioni Stephen Kappes, il suo vice Michael Sulick ed
il capo del Counter Intelligence Center statunitense.
Le
operazioni del Mossad rivolte ad utilizzare "sotto falsa bandiera" i
militanti di Jundallah avrebbero avuto luogo durante il periodo della
presidenza Bush, creando un acceso dibattito nella comunità dell'intelligence
Usa sui rischi che la spregiudicata condotta israeliana poneva per la
sicurezza americana: con l'avvento di Obama, le operazioni congiunte
israelo-americane contro l'Iran sarebbero state ridimensionate, evitando
il ricorso a operazioni militari coperte, nonostante gli americani
vengano tuttora ripetutamente invitati a prendervi parte.
In realtà, diversi servizi giornalisti nel 2007 e 2008 (come un reportage di ABC News e un articolo su The New Yorker)
hanno mostrato che la condotta Usa è stata probabilmente assai più
ambigua, dato che ben quattro milioni di dollari di fondi sarebbero
stati messi a disposizione da parte del governo americano, con un ordine
presidenziale segreto, per operazioni clandestine in Iran, soprattutto
appoggiandosi alle minoranze etnico-religiose. Uno di questi servizi
giornalistici, citava le significative affermazioni di un ex specialista
in operazioni coperte della Cia, Robert Baer, a proposito proprio di
Jundallah: "I Baluchi sono fondamentalisti sunniti che odiano il regime
di Teheran, ma che possono anche essere descritti come una sorta di Al
Qaeda. Sono tipi che tagliano la testa agli infedeli, in questo caso gli
shiiti iraniani. L'ironia sta nel fatto che stiamo di nuovo lavorando
con i fondamentalisti sunniti, come abbiamo già fatto in Afghanistan
negli anni Ottanta e Novanta".
Ora, con il reportage di Perry abbiamo
conferme all'ipotesi che sia Israele ad utilizzare, in accordo o meno
con gli Usa, formazioni terroristiche islamiste sunnite contro l'Iran,
fomentando sia il conflitto religioso con gli shiiti iraniani, sia
tendenze secessioniste come quelle del Belucistan. Del resto è proprio
di questi giorni un articolo del quotidiano francese Le Figaro
che descrive la storia dei rapporti di collaborazione militare fra
l'esercito israeliano ed il movimento indipendentista curdo nelle aree
di confine con l'Iran, movimento che godrebbe attualmente di un
crescente supporto militare da parte israeliana.
Questa notizia è
quindi particolarmente inquietante per molti aspetti: intanto perché
conferma la gravità di quanto sta avvenendo in Medio Oriente e di come
lo Stato ebraico stia utilizzando, contro uno Stato estero sovrano, lo
stesso strumento del terrorismo del quale si è sempre proclamato
vittima. Conferma anche l'evidente tendenza di Israele, Usa e Gran
Bretagna, ad acuire con tutti i mezzi il conflitto religioso fra sunniti
e shiiti, con l'evidente scopo di "libanizzare" l'intero Medio Oriente.
Ma sono altrettanto importanti da un più generale punto di vista
storico, poiché confermano l'ipotesi della lunga e frequente
strumentalizzazione dei movimenti terroristici sunniti da parte delle
potenze occidentali e di Israele, ben documentata qualche anno fa ad
esempio da Gaetano Colonna in Medio Oriente senza pace.
Nondimeno,
potrebbe esserci un risvolto ancora più inquietante, che costringe una
volta di più a tornare ad interrogarci sulla validità di altre, ancora
più scottanti, presunte verità storiche. Molti hanno dimenticato infatti
che sia Ramzi Yousef, considerato il responsabile dell'attentato del
1993 al World Trade Center, che il famigerato Khalid Sheik Mohammed,
considerato uno dei pianificatori dell'attacco dell'11 settembre alle
Torri Gemelle di New York, erano entrambi fondamentalisti sunniti
Baluchi. Alla luce di queste notizie, sorge spontaneo oggi chiedersi: se
davvero furono essi ad agire, per conto di chi realmente operavano?
Fonte.
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