La crisi tocca la carne viva, investe anche i settori che ne erano stati
tenuti fuori. Il "capitalismo tossico" che si è scatenato contro i
debiti pubblici, gonfiandoli a dismisura prima di esigerne il rientro,
costringe i governi a toccare quel mondo di mezzo finora particolarmente
tutelato. Tassisti, autotrasportatori, piccoli commercianti, gli stessi
professionisti, si vedono minacciare in interessi largamente
privilegiati ma solo per cercare di tamponare la crisi e redistribuire
risorse verso l'alto. Questa sembra essere la constatazione obbligata.
Non c'è alle viste una redistribuzione delle risorse, e dei redditi, che
toglie ai "ceti medi" per allargare la domanda globale, checché ne dica
il governo, il Centro studi Confindustria o la Banca d'Italia. Non sono
gli operai, i precari, i lavoratori in generale a guadagnare qualcosa
dall'attacco ai tassisti come vuole far credere la propaganda ufficiale.
Non è mai successo fino ad oggi. Semmai, questo temono i conducenti,
sono alcune grandi compagnie che stanno in agguato per accaparrarsi le
nuove licenze e ripristinare il sistema dei vecchi "Industriali". Il
sistema che vigeva fino agli anni 60, quando i possessori di 30-40
vetture, e altrettante licenze, tenevano a libro paga una serie di
dipendenti a nero e a cottimo costringendoli a orari assurdi e lucrando
sul loro lavoro. Poi, la conquista di maggiori diritti per il mondo del
lavoro e le lotte sindacali di quel periodo, convinsero gli
"industriali" che l'affare non era redditizio e le licenze vennero
vendute agli stessi conducenti per investire il ricavato nell'edilizia.
Oggi, l'obiettivo dimostra la natura della crisi. Settori del capitale
che sono a corto di profitti e di affari sicuri si vogliono gettare su
terreni nuovi - la distribuzione, il trasporto pubblico, soprattutto i
servizi pubblici locali - per ripristinare livelli accettabili di
profitto. Non è un caso se la vicenda che più fa presa sull'opinione
pubblica si interseca con la volontà di non rispettare il referendum
dello scorso giugno e quindi di riavviare la privatizzazione dell'acqua
pubblica.
Ma non si potrà arrivare a un passaggio di fase - appunto, la conquista
di nuovi settori al profitto di poche compagnie - senza una vittoria di
immagine, senza l'emblema di questo mutamento storico. I tassisti sono
la vittima sacrificale e, siccome lo hanno capito, la loro lotta sarà
particolarmente disperata. Lo stesso vale per i "forconi" siciliani.
Settori rilevanti del terziario, della distribuzione, dei servizi, si
vedono scaraventati in una voragine di povertà che spaventa e da cui
vogliono fuggire a ogni modo. Non è un caso che tutto questo si colori
di populismo, se la sintesi politica rischi di essere un nuovo
estremismo di destra. L'origine della crisi e della reazione è la stessa
che provoca l'impoverimento degli operai, la fine della pensione così
come l'abbiamo conosciuta dopo il '69, gli attacchi concentrici al
welfare state, la riduzione del reddito. Ovviamente, la natura sociale
della crisi, e la sociologia, non sostituiscono la politica e quindi non
è facile prevedere un'alleanza tra tassisti e operai. Anzi, è più
agevole immaginare una contrapposizione, una classica "guerra tra
poveri". Ma in un momento così drammatico e di sconvolgimenti in atto,
dare un nome alle cose e capire la dinamica che sta prendendo la crisi, è
già un passo avanti.
Fonte.
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