Un indicatore economico e sociale. I numeri che certificano il record
di incassi per il bilancio 2010-2011 dicono che in tutti i continenti
in cui è presente il discusso collosso svedese – ricordiamolo, è la
catena di distribuzione di mobili più grande del mondo – si è registrato
un vero e proprio boom dei profitti. Un aumento del 10,3 percento, che
porta il profitto netto a 2,97 miliardi di euro. Le entrate sono
aumentare del 6,9 percento, raggiungendo la cifra record di 25,17
miliardi di euro.
“Abbiamo guadagnato quote di mercato in più o meno tutti i mercati”,
ha detto il capo esecutivo Ikea, Mikael Ohlsson. L’azienda progetta di
investire tre miliardi di euro in negozi, stabilimenti e centri
commerciali, così come nell’espansione dei suoi parchi eolici e nelle
fonti di energia solare. Alla fine di agosto Ikea aveva 287 punti
vendita in 26 Paesi e 131.000 dipendenti.
Una conseguenza certamente della crisi economica, che ha depresso le
possibilità di spesa dei cittadini europei e statunitensi a causa
dell’aumento dei prezzi, dello stazionamento dei salari e delle misure
di austerità dei governi. Secondo l’azienda, è normale che un mercato di
consumatori più attenti ai costi in tempi economicamente difficili sia
maggiormente attratto dai bassi prezzi dei mobili e degli accessori per
la casa Ikea.
Fonte.
Io avrei ricordato che il fattore crisi s'innesta in seno ad Ikea sul fattore costo del lavoro, compresso all'inverosimile grazie ad un uso più che mai smodato di contratti precari.
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