Ieri sera, sentivo dalla finestra un operaio che prendeva in giro un altro, dandogli dello schettino. Paragonandolo cioè alla figura ormai nazionale del cialtrone irresponsabile, il capitano della Concordia.
Noi tocchiamo quel materiale abbastanza disgustoso che è la cronaca
unicamente per trarre qualche lezione più generale e, speriamo,
duratura. Quindi, come sempre, cerchiamo di cogliere il senso
complessivo della vicenda.
Schettino è un capro espiatorio consumabile tanto da destri (“pensavamo anche noi di andarci in crociera!” “avete visto la mamma che è andata da Vespa per dire che le è morto il bambino, ho pianto tanto!”) che da sinistri (“troppa illegalità in questo paese! Se fossimo uno Stato serio! A morte Berlusconi!”).
Ed entrambi a sospirare, eccitati – “sembrava il Titanic!”
(pronunciato come in “titanio”). Cioè somigliava a un incidente
avvenuto due guerre mondiali fa, quando gli uomini ancora portavano il
cappello, mentre nessuno ricorda il disastro del Moby Prince, ben più recente e vicino (vent’anni fa, Livorno, 140 morti). Potere dell’immaginario mediatico…
Ora, mi sembra che i vari capitani delle varie navi del signor Costa (che è una multinazionale statunitense) abbiano praticato sempre e ovunque l’avvicinamento illegale
alle coste, per divertire i consumatori e fare pubblicità alla ditta
Costa. Altrimenti l’azienda avrebbe licenziato da un pezzo tutti i
capitani colpevoli.
Mi sembra che in queste innumerevoli occasioni (ho letto da qualche parte, se ben ricordo, di 52 precedenti avvicinamenti all’Isola del Giglio, per non parlare di Venezia o di tanti altri luoghi) non credo che le Capitanerie di Porto (che recitano la parte degli eroi in questo spettacolo) [1] abbiano fatto nulla.
Soprattutto, il capitano Schettino è accusato di aver perso molto
tempo a chiacchierare al telefono, mentre avrebbe potuto organizzare
l’evacuazione della nave. Bene, il capitano Schettino non era al
telefono con l’amante moldava, ma con il signor Costa (che poi è una
multinazionale statunitense).
E possiamo quindi presumere che tutto il suo comportamento sia dovuto a precise istruzioni ricevute dall’azienda.
Ora, leggete attentamente quanto ha scritto ieri tra i commenti
Andrea Di Vita, genovese e quindi buon conoscitore di ambienti
marittimi:
“Essendo del tutto ignorante in materia mi sono informato presso chi ne sa più di me.
Dei miei numerosi amici e colleghi Liguri che hanno a che fare
con il mare, ce n’e’ uno che ha lavorato alla Capitaneria di Porto di La
Spezia. Mi ha appena detto che per un soccorso in mare di una barca che
ha finito la benzina all’isola di Paraggi, di fronte a Portovenere e a
poche miglia da La Spezia, la Capitaneria che ha eseguito il soccorso in
mare si faceva pagare già vent’anni fa dieci milioni di lire
dell’epoca. Solo il soccorso in caso di naufragio conclamato
(‘abbandonate la nave!’) o di conclamata emergenza sanitaria (infarto o
ictus di un passeggero o di un membro dell’equipaggio) è completamente
gratuito.
Un altro, che ha servito come marinaio dopo aver fatto il Nautico
e conosce parecchio dell’ambiente, ha a sua volta fatto una piccola
inchiesta personale. Parlando con gente del mestiere gli hanno detto che
verosimilmente il comandante Schettino ha seguito, sbagliando, la
direttiva dell’armatore di dirigersi verso il porto di S. Stefano per
poi lasciar appoggiare lo scafo sul fondo piatto. In tal modo avrebbero
anche evitato l’evacuazione con le scialuppe mantenendo un profilo basso
della vicenda. Purtroppo la falla era più ampia di quanto stimato e non
c’è stato tempo. Certo è che in quell’ora e passa avrebbero potuto
evacuare la nave ancora dritta e, forse, senza morti. Quando ho
avanzato ho il sospetto che al telefono dalla Costa abbiano
‘consigliato’ al comandante Schettino di tenere un basso profilo per
ridurre l’esposizione finanziaria della compagnia in caso di naufragio,
mi ha risposto ‘dici giustamente’.
Ciao!
Andrea Di Vita”
Tenendo in mente questo, diamo un’occhiata al sito di Repubblica.
Intanto, non c’è la foto del signor Costa (sfido io, le
multinazionali statunitensi non hanno facce), ma di una ragazzetta
moldava, che pare avesse una storia con il capitano Schettino.
E sopra, a grandi caratteri, la normalizzazione romanzesca di tutta la faccenda:
“Schettino, vino e bravata in plancia con Domnica”
Cioè Domnica è diventata una che la chiami per nome. Che se un giornalista si permette di chiamarmi Miguel, gli sputo in faccia. Tanto, siamo intimi, no?
E dulcis in fundo, leggiamo:
“La Costa si costituisce parte civile.”
Nota:
[1] Attenzione, stiamo parlando dei ruoli di eroe e di capro espiatorio nello spettacolo mediatico.
Ciò non vuol dire nulla, in un senso o nell’altro, a proposito delle
qualità umane delle persone che il caso getta nel tritacarne dei media.
Uno può essere davvero una brava persona, e trovarsi trasformato contro
il proprio volere nell’Eroe da Bruno Vespa.
Viceversa, siamo certi che molti capri espiatori siano stati davvero dei caproni, perché no?
Fonte.
Ho l'impressione che Miguel abbia messo esattamente il dito nella piaga.
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