L’articolo 42, capo VI, della bozza del decreto liberalizzazioni presentato dal governo Monti – “Le parole ed i contratti collettivi nazionali di settore sono soppresse” – vorrebbe eliminare così l’attuale base legislativa che regola il trasporto ferroviario italiano.
In particolare la norma, caldamente voluta dal sottosegretario
Antonio Catricalà, elimina “l’obbligo, per le imprese ferroviarie e per
le associazioni internazionali di imprese ferroviarie che espletano
servizi di trasporto sull’infrastruttura ferroviaria nazionale, di
osservare i contratti collettivi nazionali di settore, anche con
riferimento alle prescrizioni in materia di condizioni di lavoro del
personale”. Significa che chi ha la possibilità di entrare nel mercato
dei trasporti, può farlo liberamente senza dover sottoscrivere un patto
con lo Stato, che della rete ferroviaria è proprietario. Le
anticipazioni hanno fatto infuriare tanto i sindacati, contrari alla
possibile eliminazione delle attuali disposizioni in materia di lavoro,
quanto lo stesso Ad di Trenitalia, Mauro Moretti, che teme di poter
perdere la sfida con il vero beneficiario dell’apertura liberista: la
Nuovi Treni Veloci (Ntv) di di Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della
Valle, Banca Intesa e la francese Sncf.
La guerra sul binario, prospettata con l’avvento dei treni dei
manager, a febbraio, ha già coinvolto ottocento lavoratori dei treni
notte. L’accusa dei licenziati di Servirail (ex Wagon Lits) e Wasteels
alla politica di soppressione delle corse messa in moto da Moretti, è
proprio quella di voler “dirottare” i passeggeri di cuccette e vagoni
letto, sull’Alta velocità. Chi arriva a Roma e vuole andare a Milano,
deve per forza scegliere il supertreno della compagnia di bandiera
italiana, oppure affidarsi all’offerta di Ntv. Fino alla bozza di oggi
Trenitalia era in una posizione di vantaggio, in qualità di contraente
del contratto di servizio. Se quest’ultimo dovesse saltare, la posizione
dominante di Trenitalia si azzererebbe e la gara al cliente sarebbe
spietata.
Sulla torre della stazione centrale di Milano
ci sono, intanto, tre padri di famiglia che da più di quaranta giorni
stanno portando avanti una lotta proprio perché quel contratto di
servizio sia rispettato e, con esso, il diritto al lavoro di ottocento
persone. Il loro appello
a Moretti è quello di fare un passo indietro e ristabilire i treni
notte, garantiti dalla Costituzione e dal contratto con lo Stato. Un
contratto che il manager dei treni sembra aver dimenticato, almeno fino
ad oggi.
Fonte.
Come ampiamente prevedibile, nessuna possibilità offerta dalla crisi è stata fino ad ora colta, a partire da un ripensamento radicale della mobilità italiana, svenduta per l'ennesima volta ai canonici imprenditori con le pezze al culo.
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