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03/03/2012

Grecia, il “non evento” e la rivincita della politica

Dal punto di vista finanziario, l’Europa ha “salvato” (più che necessarie le virgolette) la Grecia, almeno per ora: la vicenda può anche essere letta come una rivincita della politica sull’economia di carta, quella puramente speculativa. Vediamo come.
Per chi vive di speculazione finanziaria, la dichiarazione di un fallimento “tecnico” della Grecia sarebbe stata definita “credit event”. Un “evento” importante, perché esiste un prodotto derivato, i Credit Default Swap, che permette di fare un sacco di soldi se un Paese va in default. I Cds sono una sorta di assicurazione che gli investitori (ad esempio, i grandi fondi d’investimento) possono acquistare per tutelarsi nel caso in cui l’emittente di un obbligazione (ad esempio, lo Stato greco) fallisca o non sia in grado di corrispondere loro gli interessi dovuti. Se si verifica un “credit event”, i Cds pagano gli investitori. È quasi superfluo osservare che, come tutti i derivati, anche i Cds hanno ormai superato per volume di scambi gli stessi titoli che dovrebbero assicurare. Questo, per mancanza di regolazione.
A decidere se si è verificato un “evento creditizio” è un’organizzazione privata che conta tra i suoi soci le maggiori banche (d’affari e non) e i principali istituti finanziari del pianeta: la International Securities and Derivatives Association (Isda). L’Isda ha dichiarato giovedì che la ristrutturazione del debito da parte dell’Europa non è un “evento creditizio”, prendendo atto di ciò che Ue (a livello politico) e Banca Centrale Europea (come suo braccio finanziario) avevano precedentemente deciso e lasciando a bocca asciutta chi sperava di passare all’incasso dei Cds.
Proviamo a leggere tra le righe di questa vicenda con Niccolò Mancini, operatore di Borsa e collaboratore di E-il mensile.

Cosa significa il mancato fallimento della Grecia, dal punto di vista dei mercati?
È una fregatura assoluta per chi ha comprato i Cds, tant’è che il gestore del più grande fondo obbligazionario del mondo, Bill Gross di Pimco, era furioso. Parlo di Pimco – che ha un patrimonio di 236 miliardi di dollari – ma intendo tutti i grandi fondi, soprattutto Usa. Avevano fatto una scommessa e gli è andata male.
Più in generale, su questa vicenda greca si gioca tutto il futuro dei derivati. Se una nazione che oggettivamente è fallita non viene dichiarata tale, per questi strumenti è un guaio. Gli Statunitensi in genere spingono affinché sia dichiarato il fallimento, l’Europa questa volta si è opposta.

Quindi è più una rivincita dell’Europa sugli Usa o della politica sul mercato finanziario?
Direi della politica sui mercati. È come se stesse riprendendo in mano le redini dopo averle perse a lungo. Per altro, dai non fallimenti c’è comunque chi ci guadagna. Pensiamo alla Bce nel caso italiano: ha comprato centinaia di miliardi d’azioni con lo spread a 600, oggi lo spread è a 300, significa 300 punti di guadagno. Quindi, da un lato la Bce ha compiuto una scelta coraggiosa, dall’altro aveva intuito che probabilmente non fossimo giunti alla fine del mondo e che l’Italia avesse le risorse per venirne fuori.

Cosa può succedere adesso?
Sicuramente la speculazione ci riproverà, ma questo schiaffone dei Cds le spunta le armi. Se poi ci aggiungi altre forme di regolazione, tanto meglio. Per esempio si potrebbe stabilire che i Cds e le altre assicurazioni possano essere acquistati solo per il controvalore effettivo dei titoli che uno possiede. Oggi se uno ha titoli che valgono 10 può assicurarli comprando Cds per 10mila. Addirittura, uno può comprare Cds sui titoli greci senza averne neanche mezzo. Uno compra un’assicurazione senza avere la cosa che dovrebbe assicurare. Tutti i derivati funzionano così ed è per questo che si dice “economia di carta”. Il mercato dei derivati è molto più grande di quello dei titoli azionari proprio perché uno scommette senza rischiare nulla.

Fonte.

Di sicuro ha vinto la politica delle banche tedesche e francesi, non certo la politica del popolo greco.

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