Dal punto di vista finanziario, l’Europa ha “salvato” (più che necessarie le virgolette)
la Grecia, almeno per ora: la vicenda può anche essere letta come una
rivincita della politica sull’economia di carta, quella puramente
speculativa. Vediamo come.
Per
chi vive di speculazione finanziaria, la dichiarazione di un fallimento
“tecnico” della Grecia sarebbe stata definita “credit event”. Un
“evento” importante, perché esiste un prodotto derivato, i Credit Default Swap,
che permette di fare un sacco di soldi se un Paese va in default. I Cds
sono una sorta di assicurazione che gli investitori (ad esempio, i
grandi fondi d’investimento) possono acquistare per tutelarsi nel caso
in cui l’emittente di un obbligazione (ad esempio, lo Stato greco)
fallisca o non sia in grado di corrispondere loro gli interessi dovuti.
Se si verifica un “credit event”, i Cds pagano gli investitori. È quasi
superfluo osservare che, come tutti i derivati, anche i Cds hanno ormai
superato per volume di scambi gli stessi titoli che dovrebbero
assicurare. Questo, per mancanza di regolazione.
A decidere se si è
verificato un “evento creditizio” è un’organizzazione privata che conta
tra i suoi soci le maggiori banche (d’affari e non) e i principali
istituti finanziari del pianeta: la International Securities and
Derivatives Association (Isda). L’Isda ha dichiarato giovedì che la
ristrutturazione del debito da parte dell’Europa non è un “evento
creditizio”, prendendo atto di ciò che Ue (a livello politico) e Banca
Centrale Europea (come suo braccio finanziario) avevano precedentemente
deciso e lasciando a bocca asciutta chi sperava di passare all’incasso
dei Cds.
Proviamo a leggere tra le righe di questa vicenda con Niccolò Mancini, operatore di Borsa e collaboratore di E-il mensile.
Cosa significa il mancato fallimento della Grecia, dal punto di vista dei mercati?
È una fregatura assoluta per chi ha comprato i Cds, tant’è che il
gestore del più grande fondo obbligazionario del mondo, Bill Gross di
Pimco, era furioso. Parlo di Pimco – che ha un patrimonio di 236
miliardi di dollari – ma intendo tutti i grandi fondi, soprattutto Usa.
Avevano fatto una scommessa e gli è andata male.
Più in generale, su
questa vicenda greca si gioca tutto il futuro dei derivati. Se una
nazione che oggettivamente è fallita non viene dichiarata tale, per
questi strumenti è un guaio. Gli Statunitensi in genere spingono
affinché sia dichiarato il fallimento, l’Europa questa volta si è
opposta.
Quindi è più una rivincita dell’Europa sugli Usa o della politica sul mercato finanziario?
Direi della politica sui mercati. È come se stesse riprendendo in mano
le redini dopo averle perse a lungo. Per altro, dai non fallimenti c’è
comunque chi ci guadagna. Pensiamo alla Bce nel caso italiano: ha
comprato centinaia di miliardi d’azioni con lo spread a 600, oggi lo
spread è a 300, significa 300 punti di guadagno. Quindi, da un lato la
Bce ha compiuto una scelta coraggiosa, dall’altro aveva intuito che
probabilmente non fossimo giunti alla fine del mondo e che l’Italia
avesse le risorse per venirne fuori.
Cosa può succedere adesso?
Sicuramente la speculazione ci riproverà, ma questo schiaffone dei Cds
le spunta le armi. Se poi ci aggiungi altre forme di regolazione, tanto
meglio. Per esempio si potrebbe stabilire che i Cds e le altre
assicurazioni possano essere acquistati solo per il controvalore
effettivo dei titoli che uno possiede. Oggi se uno ha titoli che valgono
10 può assicurarli comprando Cds per 10mila. Addirittura, uno può
comprare Cds sui titoli greci senza averne neanche mezzo. Uno compra
un’assicurazione senza avere la cosa che dovrebbe assicurare. Tutti i
derivati funzionano così ed è per questo che si dice “economia di
carta”. Il mercato dei derivati è molto più grande di quello dei titoli
azionari proprio perché uno scommette senza rischiare nulla.
Fonte.
Di sicuro ha vinto la politica delle banche tedesche e francesi, non certo la politica del popolo greco.
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