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03/05/2016

Ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame

Ci sono casi – pochi, ma bisogna per forza sottolinearli – in cui una corte giudicante si dimostra più intelligente e “socialmente” avvertita di quanto non sia la classe politica attuale e il circo barnum degli opinionisti da talk show.

“Il fatto non costituisce reato”: per questo motivo la Cassazione ha annullato completamente la condanna per furto inflitta dalla Corte di Appello di Genova a un giovane straniero senza fissa dimora, affermando che non è punibile chi, spinto dal bisogno, ruba al supermercato piccole quantità di cibo per “far fronte” alla “imprescindibile esigenza di alimentarsi”. Con questo verdetto la Suprema Corte ha giudicato legittimo non punire un furto per fame del valore di 4 euro per wurstel e formaggio.

Siamo seri: il dato rilevante non è l'”assoluzione” del malcapitato e affamato. Un paese serio dovrebbe chiedersi come sia possibile che una “perdita di fatturato” del valore di 4 euro possa essere oggetto di un processo che si trascina per i canonici tre gradi di giudizio, prima che qualcuno un po’ più razionale dica – con sentenza – “ma che cosa vi era saltato in mente”.

A fare ricorso in Cassazione non è stato il giovane senza fissa dimora, Roman Ostriakov. Il ricorso lo ha fatto il Procuratore generale della Corte di Appello di Genova che chiedeva che l’imputato fosse condannato non per furto lieve, come stabilito in primo e secondo grado, ma per tentato furto dal momento che Roman era stato bloccato prima di uscire dal supermercato, dopo essere stato notato da un cliente che aveva avvertito il personale vigilante. Il clochard alla cassa aveva pagato solo una confezione di grissini, non i wurstel e le due porzioni di formaggio che si era messo in tasca.

Immaginiamo la scena: un “guardione” della sorveglianza, dall’occhio vigile e implacabile, aveva notato il movimento furtivo e si era quindi avventato sul poveraccio (tra l’altro indebolito proprio dalla fame). Applausi del direttore, preoccupato dall’aumento dei furtarelli di cibo nel supermercato (pare che la fame stia tornando un fenomeno di massa, specie tra quei “privilegiati” dei pensionati).

Di lì un lungo itinerario delirante arrivato fino alla Cassazione solo perché un pubblico ministero aveva visto infliggere una condanna superiore a quella che aveva chiesto! Per i patiti degli “sprechi” ci sarebbe materia per una campagna decennale: decine di migliaia di euro spesi, e ingolfamento dei procedimenti giudiziari, per “reprimere” una bagattella da 4 euro.

La sentenza della Cassazione – numero 18248 della Quinta sezione penale – non riporta l’entità della pena inflitta a Roman, che aveva già dei precedenti di furti di generi alimentari di poco prezzo perché spinto dalla fame. Ad avviso dei supremi giudici quello commesso da Roman è un furto consumato e non tentato, ma – a loro avviso – “la condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata e imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità”.

Così è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna inflitta in appello il 12 febbraio del 2015 “perché il fatto non costituisce reato”. I nomi di questi giudici che sono rimasti umani merita di esser fatto: il collegio è stato presieduto da Maurizio Fumo, il consigliere relatore è Francesca Morelli. Anche la Procura della Cassazione aveva chiesto l’annullamento senza rinvio della decisione dei magistrati genovesi. Che evidentemente non sanno di lavorare nella città di un poeta capace di lasciarci il verso immortale che abbiamo “rubato” per il titolo…

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