di Michele Giorgio – Il Manifesto
È rimasto in silenzio
per giorni, mentre divampava la crisi innescata dalle dimissioni da
premier libanese imposte a Saad Hariri dall’Arabia Saudita e proseguita
con le minacce sempre più violente rivolte da Riyadh al Paese dei Cedri.
Ieri Hassan Nasrallah, il segretario generale del movimento sciita
Hezbollah, bersaglio assieme all’Iran della rabbia dei Saud, è sceso in
campo.
Ha respinto le dimissioni che Hariri ha annunciato una
settimana fa da Riyadh e ha proclamato che il primo ministro è detenuto in
Arabia Saudita. Ha negato con forza il coinvolgimento di Hezbollah
nell’attacco con il missile – iraniano secondo americani e sauditi –
lanciato nei giorni scorsi dai ribelli sciiti Ansarullah (Houthi) dallo
Yemen e intercettato su Riyadh.
«L’Iran – ha ammesso Nasrallah – ha un’influenza in Libano ma a
differenza di Riyadh non si mescola negli affari libanesi» imponendo la
nomina del primo ministro, organizzando le elezioni e stabilendo a chi
assegnare «le licenze per lo sfruttamento delle risorse energetiche».
Quindi ha rivolto un appello all’unità di tutti i libanesi e al ritorno
del primo ministro in Libano. Più di tutto Nasrallah ha sollevato un
interrogativo centrale sull’obiettivo delle manovre nella regione del
32enne principe ereditario saudita Mohammed bin Salman, ormai al comando
effettivo del regno.
Riyadh, ha affermato il leader di Hezbollah, vuole che
Israele scateni una guerra contro il Libano. E, ha aggiunto, «la guerra
(dell’estate 2006) è avvenuta su richiesta dell’Arabia Saudita». I sauditi cercano lo scontro e Hezbollah è pronto ha assicurato Nasrallah.
«L’Arabia Saudita sta fomentando lo scontro tra i libanesi, incita i
Paesi arabi ad adottare misure contro il Libano ed esorta anche altri
Paesi ma quello che è più pericoloso è che istiga Israele a colpire il
Libano», ha aggiunto, sostenendo che la monarchia Saud vuole sfogarsi in
Libano perchè «non può affrontare l’Iran». Ma i sauditi, ha concluso,
«saranno sconfitti come è avvenuto altrove nella regione», ha proseguito
Nasrallah riferendosi al ruolo decisivo di Hezbollah in Siria in
appoggio all’esercito governativo.
Che il leader del movimento sciita libanese abbia centrato il punto lo confermano indirettamente da Israele. «L’Arabia
Saudita sta aprendo un nuovo fronte contro l’Iran e vuole che Israele
faccia il gioco sporco (in Libano)» spiegava ieri il quotidiano Haaretz,
il più autorevole del Paese, in una lunga analisi. Riyadh, ha scritto
Amos Harel, sta cercando di spostare il campo di battaglia con l’Iran
dalla Siria al Libano e di innescare una reazione a catena.
All’origine c’è la vittoria militare di Damasco contro i
jihadisti ribelli finanziati e armati da sauditi, qatarioti, turchi e
governi occidentali. In queste circostanze, ha sottolineato
Harel, aumentano i rischi che la situazione vada fuori controllo,
specialmente se Riyadh continuerà «a soffiare deliberatamente sul
fuoco».
La pianificazione dell’escalation però potrebbe essere stata comune, ipotizza la rivista americana Foreign Policy
sottolineando gli stretti legami fra Donald Trump, il primo ministro
israeliano Netanyahu e Mohammed bin Salman, allo scopo di mettere l’Iran
nell’angolo. Che il pericolo di una guerra si sia fatto più concreto lo
segnala anche la preoccupazione espressa dal segretario generale
dell’Onu, Antonio Guterres. «Ritengo essenziale che nella regione non
scoppino nuovi conflitti. Potrebbero esserci conseguenze devastanti», ha
detto chiedendo che venga preservata l’unità e la stabilità del Libano.
Un appello peloso alla calma è giunto anche dal segretario di stato
Usa Tillerson. «Gli Stati Uniti sostengono la stabilità del Libano. Nel
Paese non esiste un ruolo legittimo per qualsiasi forza straniera o per
elementi armati diversi dalle forze di sicurezza legittime dello Stato
libanese», ha detto in riferimento ai combattenti di Hezbollah di cui
una parte di libanesi, Washington, i sauditi e Israele chiedono il
disarmo.
Intanto non è chiaro se il presidente francese, Emmanuel
Macron, l’altra sera sia andato a Riyadh anche per convincere il
principe ereditario a lasciar partire Saad Hariri (con cittadinanza
anche saudita) che secondo i libanesi sarebbe agli arresti domiciliari
perché coinvolto nella retata che ha visto finite in manette centinaia
fra principi, ministri, ex ministri, dignitari e uomini d’affari.
Il portale Middle East Eye riferiva ieri che alcuni degli
arrestati sarebbero stati torturati. Hariri sarebbe libero di muoversi,
afferma il ministro degli esteri francese, Jean-Yves Le Drian ma a
Beirut crescono ansia e rabbia. La stessa famiglia Hariri, seppur legata
a doppio filo a Riyadh, vuole il rientro del premier. Hariri comunque
ha incontrato vari ambasciatori nella sua residenza, tra i quali anche
quello italiano, ma resta a Riyadh.
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