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02/01/2018

Il pulsante nucleare di Kim e i latrati di Washington


Gli auguri per il nuovo anno Kim Jong Un li ha fatti in maniera chiara e anche più presto del solito: alle 9 ora locale del 1 gennaio. Nell’anno del cane, secondo il calendario cinese, Kim ha detto che i cani possono sì abbaiare, ma non devono nuocere; in caso contrario, li aspetta la frusta. Chi siano i cani, è facile da intuire. La frusta, per chi ancora volesse fingere di non capirlo, è il “pulsante nucleare”, installato direttamente sulla scrivania di Kim, ora che il programma di dissuasione nucleare è completato. “Tutti devono sapere e ricordare” ha detto Kim, “che in ufficio, sul mio tavolo di lavoro, c’è il pulsante atomico. Questa non è una minaccia, ma la realtà”. E, perché chi si ostina ad abbaiare capisca meglio, ha aggiunto che “l’intero territorio USA è alla portata delle nostre forze d’attacco atomico”, sottolineando che “d’ora in avanti gli USA non possono cominciare una guerra contro di noi”.

Secondo esperti sudcoreani, citati da Russkaja Gazeta, le parole di Kim stanno a indicare che i missili con testata nucleare sono stati non semplicemente collaudati, ma sono già stati posti in “stato di combattimento”, pronti cioè a esser lanciati in qualunque momento. Ma, le parole sul “completamento della creazione della forza di dissuasione nucleare”, notano gli stessi analisti, possono indicare anche che la RPDC è pronta a interrompere gli esperimenti atomici, ora che il programma è ultimato e iniziare colloqui che allontanino dal confronto bellico.

Lo scorso 25 dicembre, il Ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov, aveva rivelato che Mosca, già lo scorso settembre, aveva ricevuto da Washington segnali di volontà al dialogo con la Corea del Nord, in particolare per quanto riguarda manovre militari in prossimità della RPDC, “non programmate fino alla prossima primavera”. E quel segnale, aveva sottolineato Lavrov, “noi lo abbiamo già trasmesso e non è stato respinto; tuttavia, mentre era in corso il lavoro preparatorio, gli americani hanno dichiarato di apprestarsi a nuove manovre non programmate. A settembre, il segnale: fino alla primavera si può dialogare. A ottobre: manovre su larga scala non programmate...”, aveva riassunto, con espressione sconsolata Lavrov, le mosse USA.

Poi, a metà dicembre, il presidente sudcoreano Moon Jae In aveva reso pubblica la proposta lanciata da Seoul agli USA di rimandare a dopo le Olimpiadi le manovre militari congiunte, “Key Resolve” e “Foal Eagle”, già programmate proprio in coincidenza coi giochi invernali. Secondo Moon, Washington doveva ancora valutare la proposta.

Nonostante l’incertezza della situazione, Lavrov ha commentato che, secondo il suo punto di vista, nessuno, “in possesso delle proprie facoltà mentali, potrebbe volere una guerra nella penisola coreana”...

Una guerra di cui, però, si delineano i possibili scenari. Secondo l’agenzia Kyodo, il governo giapponese starebbe studiando le eventuali prospettive di un conflitto su larga scala nella regione, contando sul meccanismo della “sicurezza collettiva” e sull’appoggio militare USA in caso di guerra nella penisola coreana. Tokyo considera, quali possibili contesti di scoppio bellico, uno scontro tra forze sud e nordcoreane, un attacco “preventivo” USA contro la RPDC, un’invasione della Corea del Nord da parte delle forze di Seoul o, in ultimo, un attacco missilistico di Pyongyang sul Giappone.

In effetti pochi giorni fa, l’agenzia cinese Xinhua, ricordava come il governo di Shinzo Abe, contraddicendo i fondamenti della Costituzione giapponese, continui ad aumentare il bilancio militare. In particolare, il bilancio preventivo 2018 per la difesa, approvato due settimane fa, raggiunge un nuovo record di spesa, con 5.190 miliardi di yen (circa 46 miliardi di dollari), per l’acquisto di un maggior numero di caccia F-35A, convertiplani V-22 Ospreys e Missili Standard 3 Block 2A e l’installazione di due basi del complesso missilistico “Aegis Ashore”. Il governo giapponese sta anche pianificando l’acquisto di missili da crociera lanciati dall’aria con una portata molto più elevata di quelli attuali, tra cui il Norway’s Joint Strike Missile, con una portata di circa 500 km, oltre il Joint Air-to-Surface Standoff della Lockheed Martin e missili anti-nave a lungo raggio, entrambi con una portata di circa 900 km.

Ulteriori preoccupazioni, scrive la Xinhua, sono date dalla decisione di trasformare in portaerei il cacciatorpediniere-portaelicotteri a prora piatta “Izumo”. Tutti incrementi di forze, osservano a Pechino, in aperta contraddizione con la Costituzione nipponica, che vieta il possesso di armi offensive, quali missili balistici intercontinentali o portaerei d’attacco. Lo scorso 3 novembre, nel 71° anniversario della Costituzione, ricorda Xinhua, circa 40.000 persone avevano manifestato a Tokyo, fuori del Parlamento, contro i tentativi di Abe di modificare nel 2018 la Costituzione pacifista e un recente sondaggio ha mostrato che il 70% dei giapponesi è contrario alla sua revisione. L’unico ostacolo al piano di Abe sarebbe un risultato sfavorevole, nel referendum necessario per avviare il procedimento di modifica costituzionale.

In questa cornice, Russkaja Gazeta riporta una nota distensiva, secondo cui Seoul avrebbe accolto la proposta di Pyongyang per contatti intercoreani. Negli auspici di Kim per il nuovo anno, infatti, c’era non solo l’ammonimento nucleare lanciato a Washington, ma anche l’augurio rivolto alla Corea del Sud per una felice riuscita delle prossime olimpiadi invernali a Pyeongchang, con la partecipazione anche di atleti nordcoreani. Seoul ha colto nelle parole di Kim una proposta di dialogo per il disarmo nucleare nella penisola coreana e un “segnale di ottimismo”. Si attendono nuovi latrati d’oltreoceano.

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