L’occasione per inaugurare questa nuova via alla repressione militare è stata involontariamente fornita da alcuni agenti incapaci che, a Genova, hanno ucciso a colpi di pistola “normale” Jefferson Tomalà, un ragazzo di venti anni originario dell’Ecuador. Erano stati chiamati dalla Asl per farsi dare una mano nel bloccare il ragazzo, sofferente a livello psichico e in stato di agitazione, dopo la richiesta d’aiuto da parte della famiglia. C’era infatti necessità di praticare un TSO (trattamento sanitario obbligatorio), ma gli agenti aggrediti dal ragazzo armato di coltello, non avevano trovato di meglio che sparargli.
Da qui l’idea di introdurre il Taser, presentato appunto come alternativa “non letale” in grado di “immobilizzare” una persona. Ovviamente è falso, come certificato appunto dalle centinaia di vittime. E il ministero dell’interno ne è perfettamente a conoscenza – le denunce provengono da Amnesty, non da pericolosi istituti bolscevichi – tanto che il capo della Polizia, Franco Gabrielli, si è affrettato a presentare i dispositivi acquistati per le polizie italiane come “un modello ‘personalizzato’ di arma, caratterizzato da un amperaggio ridotto, con scariche ancora più corte rispetto ai cinque secondi dei modelli classici, e predisposte in modo da cessare automaticamente senza bisogno dell’intervento manuale”.
Ciò nonostante le preoccupazioni espresse, nelle sedi istituzionali, da figure come il Garante dei detenuti, che nella sua relazione annuale ha sottolineato già come il taser sia “uno strumento che richiede molta più cautela di quanto la sua definizione di non letalità lasci presupporre. Il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi letali è controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili: i potenziali rischi di abuso; la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, oltre alla perdita di controllo del sistema muscolare, anche un dolore acuto; le ulteriori conseguenze di tipo fisico dal momento che la persona colpita dal taser normalmente rovina a terra e quindi può provocarsi lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte“.
Tanto più che probabilmente l’uso del Taser potrebbe essere autorizzato nei contesti dove normalmente non è consentito l’impiego delle armi tradizionali. In pratica, potrebbe essere usato in decine di situazioni in cui gli agenti saranno tentati di ricorrere alle “maniere spicce”, confidando appunto nelle caratteristiche “non letali” del giocattolo loro affidato.
Amnesty International e l’Onu hanno invece classificato i taser come strumenti di tortura.
Della pericolosità del Taser si scrive documentatamente da anni. Qui riportiamo il rapporto Morti da Taser negli Stati Uniti, risalente ormai al 2012. E’ attualissimo, dunque agghiacciante.
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Secondo informazioni raccolte da Amnesty International, tra il giugno 2001 e il mese di giugno 2012 almeno 515 persone negli USA sono morte dopo essere state colpite da ‘Taser’ durante il loro arresto e/o nel corso della loro detenzione.
I dispositivi Taser1 sono armi che sparano proiettili a forma di dardo che producono scariche elettriche, e sono comunemente classificate come armi “a trasferimento di energia” (Conducted Energy Devices o CED). Vengono utilizzate a breve distanza come armi paralizzanti, rilasciano scariche elettriche a bassa intensità e ad alto voltaggio che agiscono sul sistema nervoso centrale e causano contrazioni muscolari incontrollate, rendendo temporaneamente incapacitato il soggetto.
Negli Stati Uniti attualmente le forze di polizia sono autorizzate all’impiego di Taser e altri dispositivi CED spesso in situazioni che non richiedono un tale eccessivo uso della forza.
Molti dipartimenti di polizia le utilizzano per rendere inermi individui che oppongono resistenza o emotivamente disturbati ma che non costituiscono una seria minaccia per la sicurezza.
Dispositivi Taser sono stati utilizzati su studenti, donne incinte, malati mentali o in stato di ubriachezza, anziani affetti da demenza senile, e individui che soffrono di attacchi epilettici.
Amnesty ritiene che Taser e dispositivi simili, oltre che prestarsi intrinsecamente all’abuso, siano potenzialmente letali, specialmente se utilizzati su persone vulnerabili, come coloro che soffrono di malattie cardiache o che sono sotto l’effetto di sostanze stimolanti o droghe. Tra le vittime anche persone apparentemente in buone condizioni di salute o il cui organismo non presentava tracce di stupefacenti, sono ugualmente morte dopo essere state colpite.
Amnesty International chiede che tali armi vadano adoperate solo in quei contesti in cui siano effettivamente alternative all’utilizzo delle armi da fuoco e l’emanazione di linee guida nazionali che regolamentino in modo più restrittivo l’utilizzo di Taser in sostituzione di migliaia di regolamenti applicati attualmente da forze dell’ordine statali e locali.
In un rapporto del 2008, ‘Less than letal? The use of Stun Weapons in US law Enforcement‘, Amnesty International ha esaminato centinaia di dati relativi ai decessi causati dall’impiego di ‘Taser’, tra cui 98 autopsie e studi sulla sicurezza di tali strumenti.
Tra i casi analizzati, il 90% di coloro che sono deceduti a causa dei ‘Taser’ non erano armati. Molte di queste vittime sono state colpite più volte.
I medici che hanno condotto le autopsie hanno ritenuto l’utilizzo di ‘Taser’ come la causa e/o comunque un fattore che ha contribuito al verificarsi di queste morti in più di 60 casi, e in numerosi altri casi la causa del decesso è rimasta sconosciuta.
Nella maggior parte dei casi mortali le vittime sarebbero decedute per arresto cardio – respiratorio poco dopo essere state colpite. Alcune sono morte immediatamente, altre sono state dichiarate morte successivamente in ospedale dopo che sono falliti i tentativi di rianimazione.
Alcuni studi e medici esperti hanno scoperto che il rischio di gravi effetti collaterali – per coloro che sono stati colpiti da ‘Taser’ – è più elevato in persone sofferenti di cuore e/o in coloro in cui il cui sistema immunitario è compromesso dall’uso delle droghe o successivamente ad una colluttazione.
“Anche se i decessi causati dall’impiego del ‘Taser’ sono relativamente rari, i gravi effetti collaterali possono verificarsi velocemente, senza pre-allarme, e sono irreversibili”, ha affermato Susan Lee, Direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.
“A causa di questo rischio, tali armi dovrebbero essere adoperate con estrema cautela, cioè solo in situazioni in cui non vi siano alternative meno pericolose”.
L’ articolo ‘Sudden Cardiac Arrest and Death Associated with Application of Shocks from a TASER Electronic Control Device’ pubblicato nel mese di aprile 2012 dalla rivista dell’ American Heart Association “Circulation,” presenta i risultati di uno studio da cui emergono prove scientifiche del fatto che dispositivi Taser possono causare arresto cardiaco e la morte.
Tra i decessi che si sono verificati di recente vi è pure quello di Allen Kephart, di 43 anni, che è morto nel mese di maggio 2011 dopo essere stato bloccato dalla polizia a causa di una sospetta infrazione del traffico nella Contea di San Bernardino, in California. E’ morto dopo che tre poliziotti l’avevano colpito con ‘Taser’ per ben 16 volte.
Questi poliziotti – in seguito – sono stati scagionati.
Nel mese di novembre del 2011, Roger Anthony è caduto dalla sua bicicletta ed è morto dopo essere stato colpito da un poliziotto. A quanto pare il poliziotto aveva colpito Anthony – che aveva problemi di udito – perchè non aveva risposto all’ordine di accostare la bicicletta.
Nessuno dei due uomini era armato quando hanno subito questo trattamento da parte della polizia.
“La cosa terribile è che la maggior parte di coloro che sono morti in seguito all’utilizzo dei ‘Taser’ non costituiva una grave minaccia per l’ordine pubblico”, ha detto Susan Lee.
Di seguito le statistiche sui decessi connessi all’utilizzo di taser da parte della polizia tratte da: “Statistical analysis of deaths following police Taser use” AI Index: AMR 51/013/2012 – del 15 Febbraio 2012
L’analisi statistica mostra la distribuzione dei decessi che hanno fatto seguito all’utilizzo di taser ed è riferita agli Stati (tabella 1), alle Contee (tabella 2) e alle diverse forze di polizia (tabella 3):
Il 13 febbraio 2012 Johnnie Kamahi Warren è stata una delle ultime persone a morire dopo essere stato colpito per almeno due volte con un dispositivo ‘Taser’ di un poliziotto a Dohan, in Alabama. Il quarantatreenne Warren, che sembra fosse disarmato ed ubriaco, ha smesso di respirare poco dopo aver subito le scosse del ‘Taser’ ed è stato dichiarato morto in ospedale meno di due ore più tardi.
L’utilizzo di tali armi nel genere di situazioni descritte è contrario agli standard internazionali che prevedono che la polizia ricorra all’uso della forza solo come ultima risorsa, in proporzione alla minaccia e in modo da minimizzare dolore e danni.
In molti casi le azioni della polizia sembrano equivalere a tortura o ad altri trattamenti crudeli inumani o degradanti che sono proibiti dalla normativa internazionale.
“Delle centinaia di persone che sono morte in seguito all’utilizzo di ‘Taser’ da parte della polizia, dozzine di loro sono decedute in seguito ad un non necessario impiego della forza”, ha detto Susan Lee, Direttrice del Programma Americhe di Amnesty International.
“Ciò è inaccettabile e sono imperative delle linee guida più restrittive sull’uso dei ‘Taser’”.
Per ulteriori informazioni: coord.nordamerica@amnesty.it
1 In questo documento il termine Taser si riferisce ad una o più armi prodotte dalla TASER International sotto il marchio commerciale TASER®. Esistono in commercio anche altri dispositivi a trasferimento di energia (tecnologia CED), che comprendono quelli prodotti sotto il marchio STINGER®. I motivi di preoccupazione documentati qui fanno riferimento a tutte le armi di questo tipo.
2 http://www.amnesty.org/en/library/info/AMR51/013/2012/en
Fonte
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