Qualche mese fa ho letto questo bel libro di Tiziana Barillà che racconta la storia di Riace e del suo sindaco Mimmo Lucano.
Una storia che – lo ammetto – non conoscevo bene, almeno quanto avrei dovuto: sì, avevo letto qualcosa sui giornali, c’erano i racconti dei compagni, c’era stato durante la campagna elettorale un incontro fra Viola e Mimmo, da cui Viola era uscita impressionata (e vi assicuro che impressionare Viola non è facile)…
Ma non ero riuscito a capire fino in fondo il senso di questa esperienza, come Mimmo e il suo gruppo erano riusciti a “inventarsi” un diverso modo di amministrare una città e di fare accoglienza, non conoscevo la loro storia di vita, quella del loro territorio.
Oddio, non dico di averlo capito ora, perché leggere un libro non basta mai, le cose bisogna vederle, viverle, passarci attraverso... Però un libro ben fatto può aiutare molto.
E quello di Tiziana non è solo un libro scritto con sapiente mano di giornalista, quindi agile, pieno di informazioni. E’ un libro che riesce a individuare – grazie al racconto che Mimmo fa in prima persona e alla chiarezza di pensiero che ha maturato – gli assi di sviluppo di una pratica vittoriosa.
Ecco, mi piacerebbe citare tanti passaggi del libro, ricordare i nomi di compagni sconosciuti che hanno pagato con la vita il loro impegno contro la 'ndrangheta, e che Tiziana ha il merito di far rivivere, ma voglio fermarmi su quest’unico punto: come si sviluppa una pratica vittoriosa?
Mimmo Lucano non nasce infatti già così, non riceve una rivelazione da qualche testo sacro. Seguendo la sua storia, capisci come Mimmo sia arrivato a certe riflessioni e a certe pratiche attraverso un percorso lungo. Fatto anche di bastonate e sconfitte, a cui però ha saputo reagire con il cambiamento e l’innovazione.
Per capirci: Mimmo è un compagno strutturato, di lungo corso. Uno di quelli formati negli anni ’70 con Marx e Lenin, militante di Democrazia Proletaria. Ma, pur essendo “rimasto lì”, come rivendica fieramente, è riuscito a riadattare quell’impianto teorico e quelle istanze a un contesto totalmente diverso.
Questo non è successo subito: è dovuto passare per prove ed errori. Ad esempio quando si candidò la prima volta, nel 1995: “un disastro, non ottengono nemmeno un consigliere di minoranza”, scrive Tiziana. Il motivo? Mimmo era stato fuori da Riace per più di dieci anni, la popolazione di un territorio depresso non capiva quelli di “sinistra”... e forse lui non capiva i suoi cittadini.
Cosa fa Mimmo? Si deprime anche lui? Torna di nuovo al Nord? Si sposta a destra e inizia a parlare il linguaggio che parlano gli altri, perché “così fan tutti”?
No. Come Fidel dopo il fallito assalto alla caserma Moncada cerca di capire dove si era sbagliato. Cosa mancava. E’ il legame con le masse popolari, è l’inchiesta e la conoscenza del proprio soggetto, è l’andare a scuola dal popolo.
“E’ stata una sconfitta”, dice Mimmo, “ma ci ha dato la possibilità di capire meglio il territorio [...] Fu allora che capimmo che dovevamo investire di più, metterci di più in gioco. Ci tuffammo nella scoperta e nella cura della nostra cultura”.
Mimmo e i suoi di fronte a una sconfitta non danno la colpa ad altri, né insistono sulla stessa fallimentare strada, anzi scartano e “vanno alla scoperta di soprannomi e proverbi, dell’arte e delle tradizioni locali, che adesso utilizzano come istanza politica”.
Mettersi in gioco qui vuol dire sapersi mettere in discussione senza però abbandonare quello che sei. Individuare i perni del cambiamento dentro quel particolare contesto senza però abbandonare il quadro generale.
Nel nostro piccolo, all’Ex OPG abbiamo fatto la stessa esperienza con il mutualismo, quando abbiamo iniziato a uscire da una nicchia soffocante e a lavorare quotidianamente a contatto con segmenti di massa...
Attraverso questo metodo, Mimmo e i suoi riescono a intercettare alcuni bisogni locali, riprendere alcune pratiche spontanee di accoglienza messe in atto dalla popolazione, a sistematizzarle, a fare diventare una pratica ormai conosciuta in tutto il mondo. E persino ad elaborare una visione etico-profetica in grado di competere con le grandi narrazioni del liberismo, del razzismo etc.
Certo, immagino che non sia tutto rose e fiori, che ci siano stati abbandoni, litigi, momenti in cui era tutto da ricominciare. Ma alla fine qualcosa di grande s’è fatto.
E questa piccola grande storia ci dimostra ancora un volta che il metodo e la determinazione sono tutto. Quando si hanno queste due cose, i risultati non tardano ad arrivare.
Una forza politica che non ha metodo e non ha determinazione è destinata a morire. Questo è quello che è successo alla sinistra in Italia, questo è quello che non consentiremo accada ancora.
Per fortuna possiamo andare a scuola da Mimmo e da tante persone come lui che in giro per l’Italia non solo resistono, ma individuano pratiche di controffensiva, e mettono i tasselli di quell’altro modo di vivere e stare insieme che noi dobbiamo sintetizzare.
Leggete il libro, ma soprattutto sostenete Riace, la cui meravigliosa esperienza di “accoglienza” – ma meglio si dovrebbe dire: di giustizia sociale e di riscatto – è sotto attacco anche di questo governo.
Qui trovate più info sulla campagna di solidarietà con Riace
https://www.facebook.com/Riacepatrimonioumanita/
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