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04/09/2019

Quando le periferie rivendicano dignità e identità “di classe”

Roma. Il campo sportivo in via Morrovalle a San Basilio alle 18.00 è già pieno di gente. Sul ring allestito in mezzo al campo i ragazzi delle palestre popolari si affrontano in brevi incontri di box. I boxeur vengono annunciati per nome, cognome e palestra di provenienza e già lì si capisce che è “sport popolare”: Quarticciolo, San Lorenzo etc.

L’occasione dell’incontro non è però una manifestazione sportiva, è una festa organizzata dal Centro Popolare San Basilio, nato occupando alcuni locali abbandonati sotto le nuove case popolari, chiamata per discutere il feroce rapporto tra Roma e le sue periferie e per rivendicare il fatto che Roma è anche le sue periferie e i loro abitanti.

E se questa rivendicazione di dignità e identità, di riscatto contro l’esclusione, sta tutta dentro l’oggi, viene rivendicata anche la memoria storica di come a tutto questo si è arrivati. Tra pochi giorni sarà il 45° anniversario dell’uccisione di Fabrizio Ceruso da parte della polizia durante la battaglia di San Basilio nel 1974 per il diritto alla casa. Sabato ci sarà il corteo per le strade del quartiere e molte altre iniziative collaterali in vari quartieri della Tiburtina come Casalbruciato o a Tivoli, la cittadina a est di Roma da dove veniva Fabrizio, ucciso a 19 anni nelle strade di San Basilio durante gli scontri. Dal palco lo ricorda la sorella, sottolineando come ottenere la casa con la lotta sia un fattore di dignità ed emancipazione.

C’è quindi una continua connessione tra passato, presente e aspettative che si incrocia anche nel dibattito a cui partecipano il cantautore Mannarino (nato e vissuto a San Basilio) e il disegnatore Zerocalcare (nato e vissuto poco più in là, oltre la barriera rappresentata dal carcere di Rebibbia che divide San Basilio da Ponte Mammolo e dal quartiere che ha preso il nome del carcere stesso). Insieme a loro ci sono gli attivisti sociali che hanno fortemente voluto e costruito questa giornata: Lillo del centro popolare, Federico, abitante di San Basilio e attivista della Federazione del Sociale Usb, Maria Vittoria anche lei dell’Asia-Usb ma attiva in un’altra periferia, quella di Tor Bella Monaca, e Sukena una delle occupanti delle case di via Cardinal Capranica (periferia nord, a Primavalle) sgomberate questa estate.

Una discussione vera, sentita che riassume una voglia di recupero di identità e dignità sociale di questo “popolo” e una loro forte riaffermazione dentro le priorità sociali della Capitale. Significativo il passaggio di Federico quando rifiuta la dicotomia tra cattivi o piagnoni con cui vengono conformati gli abitanti delle periferie nei format televisivi. O rabbiosi contro immigrati e zingari oppure meri casi individuali di disagio sociale. Una dicotomia falsa e strumentale che va spezzata recuperando identità collettiva e azioni comuni.

Si è quasi emozionato Mannarino, cantautore ormai affermato, nato e vissuto in mezzo a quei lotti di case popolari e poi soggetto del “salto” che ti porta altrove. Anche Zerocalcare racconta della sua vita in questi quartieri, sui quali magari i genitori ti suggerivano di fornire indicazioni vaghe per non farti affibbiare addosso l’etichetta di chi viene da San Basilio o da Rebibbia, una stimmate spesso non dichiarata ma che mette sull’allerta molti interlocutori.

In serata il campo sportivo si riscalda con il concerto di Franco Ricciardi, anomalo autore neomelodico napoletano con una sua dichiarata sensibilità sociale, magari interpretata in modo molto personale, ma indubbiamente coinvolgente sul piano musicale, scoprendo che anche a Roma, e non solo a Napoli, centinaia di persone conoscono a memoria i suoi testi.

Intorno centinaia di persone, del quartiere e non solo, che si sono ritrovate e riconosciute come parte di un corpo sociale che va però del tutto ricostruito dopo anni e anni di feroce frammentazione sulla quale è stata alimentata strumentalmente una guerra tra poveri. “Prima gli sfruttati” riassume bene il radicale rovesciamento della logica su cui la destra vorrebbe acquisire egemonia nei quartieri popolari. Quando si parla di riscatto degli abitanti delle periferie si parla proprio di questo, e il nemico “di classe” questo rovesciamento di priorità lo teme come la peste.

È un lavoro complicato ma necessario quello della ricomposizione di un blocco sociale che riconosca i propri interessi “di classe” e li rimetta in conflitto contro il nemico nel modo dovuto. È un lavoro politico ma anche culturale, sociale ma anche “psicologico” che ha bisogno di molti fattori e che vanno agiti tutti insieme, perché uno solo non ha ancora la forza di diventare fattore di ricomposizione e di lotta.

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