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12/11/2019

Cosa stiamo a fare ancora in Iraq?

Signor Giuseppe Conte, ci spiega, di grazia, cosa ci stiamo a fare ancora in Iraq o in quel calderone ribollente che è ormai diventata la gran parte del Medio Oriente? Che cambiali dobbiamo pagare? E non ci venga a ripetere della “esportazione della democrazia” o della educazione forzata di informi masse di nativi al verbo occidentale. Perché a questa scusa, tra il patetico e il menzognero, non crede più nessuno.

Negli ultimi mesi ci siamo sforzati di scrivere che gli scenari politici, bellici ed economici in Medio Oriente non sono più quelli di trent’anni fa.

Quando, armiamoci e partite, partecipammo alla Prima guerra del Golfo con un senso etico e diplomatico “borderline”.

Né sono quelli del 2003, quando Bush figlio si fece costruire a tavolino dalla Cia le prove fasulle sulle presunte armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.

Abbiamo partecipato a quelle avventure belliche in maniera molto opinabile. E abbiamo contribuito con molte giovani vite alla stabilizzazione di quelle aree di crisi. Ma ora basta.

L’ultimo attentato di ieri è l’esempio più lampante che siamo nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

Signor Primo ministro, si legga i dossier di tutti i servizi segreti occidentali, anche dei più scalcagnati (e non sono certo i nostri) su quello che sta succedendo nel Medio Oriente. Ormai è una partita di poker, dove è destinato a vincere il più cinico e dove la democrazia e la libertà c’entrano come i cavoli a merenda.

Signor Giuseppe Conte, laggiù ci si ammazza per il petrolio, per il gas, per il controllo di aree di influenza che interessano esclusivamente le grandi potenze e le medie potenze di quell’area. La questione curda, lo scontro mortale tra sunniti e sciiti sollevato dalla dalle Primavere arabe, il secolare conflitto arabo-israeliano, il controllo dello Stretto di Hormuz nel Golfo Persico e di quello di Bab el Mandeb nel Mar Rosso. E potremmo parlare ancora delle aspirazioni egemonistiche turche, del ruolo dell’Iran e della spartizione dei pani e dei pesci nella Siria martirizzata.

Là sono tutti in fila ad aspettare alla cassa i dividendi di un intervento dove l’etica e la morale se le sono messe tutti sotto i piedi. A cominciare dagli Stati Uniti e dalla Russia e proseguendo con gli ex biechi colonizzatori (e decolonizzatori) francesi e inglesi. Che ancora osano impartire lezioni di democrazia e di bon-ton diplomatico dopo avere fatto carne di porco nei tre quarti del globo terracqueo.

Signor Giuseppe Conte, che ci stanno a fare (e a morire) ancora i nostri soldati in Medio Oriente? Ce lo spieghi. O se la faccia spiegare lei prima di spiegarlo a noi. Ma non certo dal suo attuale Ministro degli Esteri.

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