Gli ultimi dati in tutto il territorio francese, diffusi dalla Santé publique France nella serata di ieri (giovedì), registrano 2.876 casi di contagi da Covid-19 e 61 morti dall’inizio dell’epidemia, ormai divenuta pandemia dopo l’annuncio dell’OMS. Attualmente, 129 contagiati versano in gravi condizioni e sono ricoverati in reparti di rianimazione. Nelle ultime 24 ore, la propagazione del virus è proseguita con 15 morti in più e quasi 500 nuove contaminazioni.
Fino a ieri sera, non erano state decise misure di contenimento su larga scala, sebbene alcune disposizioni dimostravano come già aleggiasse la necessità di una sorta di “passaggio di fase”. Infatti, come scritto qualche giorno fa, soltanto nei dipartimenti più colpiti e ritenuti focolai di contaminazione le scuole erano state chiuse e venivano vietati su tutto il territorio nazionale gli assembramenti di oltre 1000 persone in luoghi al chiuso fino al 15 aprile.
Ad eccezione della Corsica, dove sono stati registrati 63 casi di contagio dall’inizio dell’epidemia, qui il prefetto, in un comunicato stampa pubblicato nella giornata di ieri (giovedì) ha vietato “tutte le attività che riuniscono più di 50 persone contemporaneamente” in luoghi come “cinema, teatri, sale da concerto, sale sportive e discoteche“, ma tale misura “non si applica alla normale attività di negozi, esercizi commerciali, ristoranti e bar“.
Dopo l’annuncio a sorpresa di Donald Trump di una sospensione per trenta giorni dell’ingresso negli Stati Uniti ai viaggiatori provenienti dall’Europa, da ieri pomeriggio la polizia tedesca ha intensificato i controlli più severi al confine con la Francia, chiedendo agli automobilisti che entrano in territorio tedesco se hanno la febbre e sono malati, con tanto di tenda attrezzata per i controlli necessari.
Alle ore 20 di ieri sera il Presidente della Repubblica Emmanuel Macron ha tenuto una conferenza stampa trasmessa a reti unificate sui canali televisivi nazionali sull’emergenza sanitaria legata al Coronavirus in Francia, dopo una giornata di consultazioni con il Conseil de défense, i membri del Consiglio scientifico, oltre al il Primo Ministro Edouard Philippe e ai i presidenti dell’Assemblée Nationale e del Senat.
Gli annunci di Macron, volti a “tranquillizzare la popolazione francese”, sono stati arricchiti dalla ridondanza di “buone parole”. Di fronte a una situazione in cui si è “ancora lontani dal picco” di contagi, le misure predisposte non sembrano cogliere a pieno né la potenziale gravità né la necessità di azione per contenere concretamente ed efficacemente la propagazione del Coronavirus, nonostante “questa epidemia è la più grave crisi sanitaria che la Francia abbia affrontato da un secolo“.
Macron ha fatto appello a “tutte le persone di età superiore ai 70 anni, le persone con malattie croniche o respiratorie e le persone con disabilità a restare a casa il più possibile” in quanto ritenuti soggetti maggiormente a rischio. Già mercoledì 11 marzo il ministro della sanità Olivier Véran aveva decretato la sospensione delle visite nelle case di cura per anziani (EHPAD).
Le elezioni amministrative, che si terranno in tutti i comuni del territorio francese nelle domeniche del 15 e 22 marzo prossimo, sono mantenute e confermate poiché “nulla impedisce ai francesi, anche ai più vulnerabili, di andare alle urne” – nel corso della giornata erano circolate da più parti indiscrezioni per un loro possibile rinvio – per “garantire la continuità della nostra vita democratica e delle nostre istituzioni”.
L’annuncio più importante è stato quello relativo alla chiusura di “asili nido, scuole, licei e università, fino a nuovo ordine” a partire dal prossimo lunedì che interesserà circa più di 13 milioni di studenti e un milione di funzionari dell’istruzione nazionale. Una misura consigliata persino da Matteo Renzi che, intervenuto su Franceinfo ieri (giovedì pomeriggio), ha consigliato “di bloccare le scuole perché il problema del virus viene dalla presenza di molte persone” (e le fabbriche italiane?), aggiungendo che in Italia “abbiamo fatto degli errori, è evidente”. Inoltre, Macron ha affermato che “verrà istituito un servizio di baby-sitting regione per regione“, affinché il personale “essenziale per la gestione della crisi sanitaria” possa “far assistere i propri figli e continuare ad andare al lavoro“.
Ebbene sì! Perché, come in Italia, le attività produttive continueranno senza sosta o sospensione alcuna, alla faccia della salute dei lavoratori e delle lavoratrici, ancora una volta sacrificata sull’altare del profitto di impresa. Infatti, allo stesso modo del Premier italiano Giuseppe Conte, Emmanuel Macron ha chiesto “responsabilità” e ha invitato “tutti i francesi a limitare i loro spostamenti al massimo“, ma continuando ad andare a lavoro e prendendo i trasporti pubblici. Il Presidente Macron ha invitato le imprese a “privilegiare il tele-lavoro”, per quanto possibile, annunciando il rinvio del versamento dei contributi a carico dei datori di lavoro e delle imposte per le aziende dovute nel mese di marzo.
Per quanto riguarda i lavoratori, Macron ha dichiarato che “lo Stato pagherà un indennizzo per i dipendenti costretti a rimanere a casa” come risultato delle misure “eccezionali e massicce” di fronte alle domande di “activité partielle” (sostanzialmente il corrispettivo francese della nostra cassa integrazione in deroga) e di lavoro a orario ridotto. Nella giornata tra mercoledì e giovedì, le imprese che hanno depositato una domanda di “activité partielle” sono passate da 1.725 a 3.600, per un totale di 60mila lavoratori dipendenti.
I sindacati della CGT e FO, ciascuno per proprio conto, hanno reso pubblico un comunicato in cui richiedono al governo di abbandonare la riforma dell’assicurazione contro la disoccupazione che riduce le indennità commisurate ai lavoratori. “La crisi del virus sta portando alla luce tutti gli errori del governo. Abbiamo bisogno di ammortizzatori sociali, abbiamo bisogno di un’assicurazione contro la disoccupazione che possa compensare la perdita di posti di lavoro”, ha dichiarato Denis Gravouil, segretario confederale della CGT, la quale esige che sia garantito “il pagamento di tutti i contratti di lavoro, compresi quelli a tempo determinato in corso o previsti in tutti i settori interessati dai problemi economici”. Un abbandono del progetto di riforma è stato ribadito anche da Adrien Quatennes, deputato e coordinatore generale de La France insoumise.
Inoltre, la cosiddetta “tregua invernale”, misura che dal 1° novembre al 31 marzo di ogni anno vieta ai proprietari di casa di sfrattare i loro inquilini e anche gli occupanti di un’unità abitativa vuota o ammobiliata, viene “rinviata di due mesi”, andando incontro alle richieste avanzate da diverse associazioni che lottano per il diritto all’abitare.
Dopo la soppressione del tetto massimo alle ore di straordinario per il personale medico e infermieristico, senza alcuna adozione di misure concrete che forniscano i mezzi necessari, a poco servono le “buone parole” e i ringraziamenti a più riprese a tutti i medici e gli infermieri del sistema sanitario nazionale. Anzi, al contrario, proprio perché “il nostro sistema sanitario, soprattutto nei reparti di terapia intensiva, deve essere preparato ad affrontare casi sempre più gravi di Covid-19 e a continuare a occuparsi degli altri pazienti”, per il Presidente Macron bisogna “liberare dei posti letto negli ospedali”.
Un ragionamento “a capacità data e fissa” che sostanzia le preoccupazioni e le allerte avanzate dal personale in mobilitazione da mesi sulla situazione critica – ben prima dell’epidemia di Coronavirus – sulla mancanza di personale e posti letto e sull’insufficienza di risorse economiche. A questo si aggiunge la richiesta del ministero della salute rivolta a tutti gli ospedali di “rinviare gli interventi chirurgici non urgenti” al fine di “consentire l’impiego di maggiori risorse ospedaliere” per combattere il Coronavirus.
In un comunicato congiunto pubblicato prima dell’intervento del Presidente Macron, i collettivi Inter-Hôpitaux e Inter-Urgences, riconoscendo che “in una situazione di crisi sanitaria le risorse umane sono sicuramente indispensabili”, affermano che “per continuare ad assicurare le cure necessarie” è fondamentale assumere il personale “esigendo una immediata rivalorizzazione dei salari”. Invece, nel suo discorso, Macron ha annunciato che nel quadro della riserva nazionale verranno mobilitati tutti gli studenti di medicina formati e i dottori da poco andati in pensione.
Nella giornata di giovedì, la Bourse de Paris ha vissuto il più grande crollo della sua storia, chiudendo a -12,28%, in un mercato finanziario preso dal panico per l’impatto sull’economia mondiale del Coronavirus e per le non sufficientemente rassicuranti misure che la BCE ha in programma di intraprendere, come annunciato nella conferenza stampa di Christine Lagarde.
Il ministro dell’economia Bruno Le Maire ha annunciato nuove misure economiche per rispondere ad uno “shock economico consistente, mondiale e violento”. In particolare, il ministro ha fatto riferimento alla creazione di un “fondo di solidarietà” per le imprese più colpite e ha indicato che Bpifrance (la Banca Pubblica di Investimento) aumenterà dal 70% al 90% la sua garanzia sui prestiti contratti dalle piccole e medie imprese. “Questa garanzia statale è uno strumento estremamente potente per assicurare che le aziende possano continuare ad avere prestiti e flusso di cassa”, ovvero una forma più bonaria e rassicurante – per chi ancora vuole crederci – rispetto a “socializzare le perdite, privatizzare i profitti”.
Ma l’apice dell’ipocrisia neoliberista l’ha raggiunto proprio il Presidente Macron nella parte finale del suo discorso alla Nazione: “Domani dovremo imparare la lezione del momento che stiamo attraversando, mettere in discussione il modello di sviluppo in cui il nostro mondo è impegnato da decenni e che rivela chiaramente i suoi difetti, mettere in discussione le debolezze delle nostre democrazie”.
Questo neoliberismo dispiegato, efferato, divoratore di diritti e bramoso di ricchezza, tanto da vedere questa situazione come un momento per fare buoni affari sul mercato azionario, non si ferma a guardare le macerie, la distruzione e la povertà che lascia alle sue spalle, ma prosegue imperterrito alla ricerca della prossima occasione per fare profitto.
Chi parla di una possibile “redenzione” o di un cambiamento di paradigma economico e politico da parte del “Président de patrons” vaneggia e implicitamente avalla le responsabilità di una classe dirigente, incompetente quanto servile nei confronti degli interessi padronali, che per anni si è resa esecutrice materiale delle peggiori politiche neoliberiste di distruzione dello Stato sociale, per “rassicurare i mercati” o perché “ce lo chiede l’Europa”. Inadeguatezza d’analisi e scarsa memoria storica rischierebbero di fare di Macron un “buon social-democratico”.
“Ciò che questa pandemia sta già rivelando è che l’assistenza sanitaria gratuita, indipendentemente dal reddito, dal contesto sociale o dalla professione, e il nostro Stato sociale non sono costi o oneri, ma beni preziosi, beni indispensabili quando il destino colpisce. Ciò che questa pandemia rivela è che ci sono beni e servizi che devono essere collocati al di fuori delle leggi del mercato. Delegare il nostro cibo, la nostra protezione, il nostro ambiente di vita agli altri è una follia”, ha aggiunto.
Ma questo discorso non inganna nessuno: Macron è colui che, continuando sulla scia di Chirac-Sarkozy-Hollande, in ottemperanza ai diktat della Commissione Europea, ha lavorato sistematicamente per lo smantellamento di tutti i servizi pubblici e della protezione sociale, ha portato avanti le privatizzazioni a vantaggio delle grandi multinazionali, ha precarizzato il lavoro e cancellato i diritti dei lavoratori su salario e pensioni.
Nessuna ventata keynesiana, nessun cambio di rotta. Si tratta solo del riflesso di un sistema, quello capitalistico, ormai in una profonda crisi e che affannosamente cerca qualsiasi appiglio pur di sopravvivere ed evitare un nuovo drammatico e colossale crack. In queste situazioni, il neoliberismo si attacca come una sanguisuga allo Stato sociale e all’intervento statale: fare “tutto ciò che serve contro il virus (e la crisi)”, come richiesto da due Chicago boys come Alberto Alesina e Francesco Giavazzi in un editoriale sul Corriere della Sera.
L’emergenza coronavirus sta mettendo in discussione l’efficacia del sistema capitalistico e del cosiddetto libero mercato, come ha affermato in una recente intervista il Prof. Luciano Vasapollo. Ma il sistema capitalistico non sarà vittima di un virus – anzi! – ne potrebbe uscire rafforzato (le crisi del 2001 e del 2008 ne sono una prova) e le “buone parole” di Macron, Merkel, Lagarde o chicchessìa non saranno sufficienti a cancellare le loro responsabilità politiche e sociali di queste settimane, di questi mesi, di questi anni.
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