“È la fine di qualunque tipo di buona notizia. Il sistema immunitario del nostro pianeta sta cercando di sbarazzarsi degli esseri umani. Questo sicuramente è il modo migliore per riuscirci.” (Kurt Vonnegut – Un uomo senza patria)
Forse aveva proprio ragione Vonnegut 15 anni fa: non ci sono più buone notizie e il sistema immunitario della terra sta entrando in azione per eliminare la razza umana...
Forse... ma in questo momento è giusto chiedersi qual è il ruolo concreto dell’informazione e della conoscenza nel mondo attuale.
Che cosa vuol dire oggi conoscere, scrivere, comunicare al tempo del Coronavirus? Che cos’è oggi la scienza? E la conoscenza? Di cosa dobbiamo scrivere o parlare di fronte a quello che ci viene incontro in maniera assordante e variegata, di fronte a quel sentire comune formato da tv, giornali e social? Cosa possiamo fare davanti a questo racconto quotidiano che ci invade di eventi, crisi, contagi, pareri di esperti e fake news? Come fa una persona oggi a unire il suo esistere, i suoi sogni e la sua vita reale a questo bombardamento continuo di notizie allarmanti e decreti governativi, di temi imposti e di leader politici e giornalisti da strapazzo, di borse che crollano e supermercati che si svuotano? A partire dal secolo dei Lumi, passando dalla scienza del 1900 e dalla tecnologia dei 2000 fino ad arrivare al ”noi fin qui siamo” di Rilke ora davvero dobbiamo chiederci veramente quale è il confine tra scienza e politica, tra tecnologia e controllo, tra scrivere per un noi e far girare fake news.
Perché “conoscere significa porsi angosciosamente e avidamente di fronte a ciò che non c’è” (Furio Jesi – Mito). Fin da oggi è necessario cercare altri modi di essere, essere insieme, conoscere e raccontare oltre il capitale e oltre la vita relazionale attuale.
Diventa importante, in questa fase storica, ripoliticizzare la scienza, la conoscenza, la tecnologia e riprendere, giorno per giorno, la lotta intorno ad un territorio reale devastato da crisi, povertà e inquinamento. Inoltre si tratta di rimettere in discussione che cosa vuol dire conoscere al tempo di Google, di Facebook e di Instagram dove tutti possono essere virologi e dove i virologi sono star dello spettacolo da consumare.
È necessario ricostruire un tessuto sociale, culturale e tecnologico per cambiare i rapporti di forza esistenti e bisogna rimettere al centro delle lotte la questione della sanità per i suoi posti letto che vengono tagliati e che non bastano davvero di fronte alle emergenze, per gli ospedali dimezzati, per la mancanza di infermieri, medici, reparti di terapia intensiva e mascherine.
Bisogna considerare che la scienza, la medicina, la tecnologia e la scrittura sono piani dello stesso insieme in cui ogni luogo e tempo devono dare la possibilità ad ognuno di esistere, fermarsi e capire.
Si tratta di ripensare a una comunità scientifica libera da interessi economici e dalla parte di un noi reale e concreto, dove il problema dei vaccini non si deve nemmeno porre perché la comunità scientifica, pur nelle sue diverse posizioni che la devono arricchire e non dividere, deve stare dalla parte delle persone e del pianeta. Relazionarsi, costantemente, con la scienza e con i suoi risultati è un rapporto essenziale per la società perché tutto ciò che è esclusivamente scientifico e tecnico non può capire veramente che cosa sia la scienza o la tecnica in quanto parti di un insieme più esteso e più profondo, come ci suggerisce Heidegger nelle Lezioni di Brema del 1949.
Infine sarebbe anche ora di ripensare al senso della morte, della malattia e del dolore, a quanto ci sia di naturale in loro e quanto invece sia dovuto alla storia devastante dell’umanità in generale e del capitalismo di questi ultimi secoli.
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