Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

10/04/2025

Iran, da sabato si tratta in Oman sul nucleare

Iran-Usa: dopo avere agitato efficacemente il bastone, adesso è giunto il momento della carota. Donald Trump ha letteralmente trascinato al tavolo delle trattative gli ayatollah, per ‘discutere’ del loro programma nucleare. Se ne parlerà sabato prossimo nell’Oman, un Paese neutro che farà da mediatore tra Washington e Teheran.

Trump-Netanyahu

Secondo quanto si è appreso, ai colloqui, annunciati dallo stesso Presidente americano dopo il suo incontro con il premier israeliano Netanyahu, dovrebbero partecipare l’inviato speciale Steve Witkoff e il Ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi. Il Financial Times riporta testualmente le dichiarazioni di Trump, a metà tra speranza e aperta minaccia: «Tutti concordano che fare un accordo con l’Iran sarebbe preferibile a fare l’ovvio» ha detto il Presidente Usa. E il giornale britannico aggiunge che si tratta di un apparente riferimento alla distruzione della capacità nucleare dell’Iran, con mezzi militari. «E ciò che chiamo "ovvio" non è qualcosa in cui voglio essere coinvolto o, francamente, in cui Israele vuole essere coinvolto, se può evitarlo» ha poi chiarito Trump.

La conferma dall’Iran

Il Ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha confermato la notizia dell’incontro in Oman, definendo i colloqui, allo stesso tempo «tanto un’opportunità quanto un test». Come riporta il quotidiano israeliano Haaretz, Araghchi ha sostenuto che «la palla adesso è nel campo dell’America. L’unica discordanza (non solo formale) in questa fase, appare quella legata ai ‘risvolti tecnici’ dei colloqui. Sono da considerare ‘diretti’? Perché, così avrebbero ben altro peso e significato dal punto di vista politico. Per gli iraniani ‘no’, e per gli americani ‘si’. Un atteggiamento che forse riflette le diverse situazioni di equilibrio dei poteri, all’interno dei due Paesi. Insomma, per farla breve, non deve essere facile, per i moderati e i riformisti di Teheran, portare avanti una strategia di dialogo internazionale pressati come sono dall’ala intransigente della teocrazia.

New York TimesHaaretz

Lo ha spiegato bene il New York Times in un articolo, di cui Haaretz dà un’ulteriore chiave di lettura: «Secondo il New York Times – scrive il giornale di Tel Aviv – la Guida Suprema, l’ayatollah Alì Khamenei, si era finora rifiutata di autorizzare colloqui diretti con funzionari statunitensi, citando il ritiro di Trump dall’accordo nucleare. Tuttavia, dopo l’incontro di lunedì tra Trump e Netanyahu, tre funzionari iraniani hanno detto al Times che Khamenei aveva cambiato posizione, in un modo che potrebbe consentire un impegno diretto. Secondo loro, se l’incontro di sabato sarà rispettoso e produttivo, potrebbe aprire la strada a negoziati diretti». Pare di capire che, in questo giro di valzer del potere sciita persiano, sia chiara la minaccia rappresentata dalle pressioni che il premier israeliano sta esercitando sulla Casa Bianca. Pressioni che puntano a indurla ad accettare un bombardamento da Armageddon contro i siti nucleari di Teheran».

La minaccia dei B-2

Un’azione mirata, micidiale e iper-specialistica, da condurre con strumenti eccezionali, come sono appunto gli aerei invisibili B-2 (quelli che costano quanto l’oro). E gli ayatollah sanno che il Pentagono quei bombardieri li ha già messi ad aspettare, con i motori accesi, nelle vicinanze del Golfo Persico. La seconda cosa è che Netanyahu, pur di ottenere la vittoria totale della sua strategia, cioè quella di costruire il Grande Israele mascherandolo dietro il paravento dell’autodifesa, non si fermerà davanti a niente. Meno che mai davanti a un Iran che rischia di diventare potenza nucleare, da un mese all’altro. Questo non solo il Likud, ma nessun altro governo dello Stato ebraico lo permetterà mai. La terza considerazione che dev’essere fatta per spiegare, eventualmente, l’ammorbidimento della Guida suprema iraniana è la caotica situazione interna. La lotta per la successione di Khamenei si è già aperta da un pezzo, e la barcollante economia del Paese non si può permettere lotte intestine che trascurino i bisogni della società civile.

La crisi economica

Soprattutto, in una fase storica in cui la globalizzazione economica è messa all’angolo e all’orizzonte si prospetta una recessione di dimensioni epocali, una realtà già «sanzionata» come l’Iran deve ritrovare la strada giusta per ricollegarsi alla comunità internazionale. L’alternativa è quella di tirare troppo la corda, fino a spezzarla. Per questo, alle ultime elezioni presidenziali, Khamenei si è accontentato di Pezeshkian. È stato il giusto mezzo per far finta di cambiare, perché tutto continuasse come prima. Ma ora l’affaire del nucleare ha fatto venire tutti i nodi al pettine. E quelli che ancora mancano, ce li ricorda il think tank Al Monitor: «I prossimi negoziati in Oman – sostengono gli specialisti di Medio Oriente – coincidono con le consultazioni tra Iran, Russia e Cina sulla questione nucleare a Mosca. Le consultazioni a livello di esperti sono iniziate martedì, dopo un ciclo di colloqui simile che ha coinvolto i vice Ministri degli Esteri dei tre Paesi, svoltosi a Pechino il 14 marzo. Dopo il meeting di Pechino, i tre Paesi hanno concordato di porre fine alle sanzioni e hanno espresso il loro sostegno al diritto dell’Iran all’uso pacifico dell’energia nucleare.

Iran, Russia, Cina

Secondo una dichiarazione del Ministero degli Esteri cinese – conclude Al Monitor – "i tre Paesi hanno inoltre ribadito che l’impegno politico e diplomatico e il dialogo basati sul principio del rispetto reciproco restano l’unica opzione praticabile e praticabile in questo senso". Insomma, prima di bombardare Teheran bisognerà vedersela pure con Mosca e con Pechino. Trump e Netanyahu sono avvisati.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento