Durante quel lungo e intenso minuto di silenzio questo è ciò che pensavo.
Ho letto nel Corriere della Sera di oggi l’articolo sui "miliziani dei barconi" di Fiorenza Sarzanini: "Tantissimi
(potenziali migranti) vengono "avvicinati" dai trafficanti, pronti a
tutto pur di avere "merce" umana da imbarcare, che li convincono a
seguirli." E ancora, qualche riga dopo: "Altre migliaia di
stranieri aspettano di intraprendere lo stesso viaggio. Merce umana
inconsapevole del reale pericolo di essere mandati a morire, o forse
pronti a tutto pur di cercare un’altra vita."
Sono frasi che si rifanno con coerenza
ad un punto di vista che si è talmente consolidato nell’opinione
pubblica europea, da non permetterci più di capire perché sia stato
creato e quali posizioni di politica internazionale sostenga. Un punto
di vista che trionfa nella stragrande maggioranza dei giornali e dei
commenti di oggi dopo la tragedia di Lampedusa e che può essere
sintetizzato con le seguenti parole d’ordine: "La tratta di esseri
umani nelle acque del Mediterraneo è un crimine contro l’umanità che va
fermato con tutti i mezzi e l’Europa non ci può lasciare da soli".
Sono parole che potrebbero essere pronunciate da personalità politiche o
morali di qualsiasi schieramento e appartenenza.
Ebbene a mio avviso questa frase è
fuorviante e scorretta e conduce a strategie politiche ed operazioni
militari incapaci di affrontare il fenomeno migratorio, mettendo
davvero al centro la dignità e la vita degli esseri umani che emigrano.
Da almeno quindici anni i Paesi
Europei, sia singolarmente che insieme, sviluppano, con plauso di tutte
le forze politiche, "misure di contrasto all’immigrazione clandestina e
alle organizzazioni criminali che la controllano" e da almeno quindici
anni il numero di vittime continua a crescere. Come mai?
Il motivo è per me semplice e quasi banale.
Il problema sta nel fatto che esistono persone al mondo che hanno necessità di viaggiare, o per salvarsi la pelle o per cercare una vita migliore, ma non hanno il diritto di farlo perché altre persone, la cui pelle e la cui vita sono tendenzialmente molto più al sicuro della loro, hanno deciso di negarglielo. Queste persone non stanno ferme a casa a rispettare l’ordine di quelli che stanno bene. Cercano di raggiungere le terre dove stanno quelli che vorrebbero impedirglielo. E siccome in mezzo al viaggio trovano ostacoli naturali e soprattutto militari (le operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina di cui sopra) allora si fanno aiutare da gente che dà a loro qualche sgangherato e pericoloso mezzo per superare quegli ostacoli e che per farlo si fa pagare caro puntando sulla loro disperazione e sulla corruttibilità di buona parte degli operatori coinvolti nei controlli delle frontiere.
Il problema sta nel fatto che esistono persone al mondo che hanno necessità di viaggiare, o per salvarsi la pelle o per cercare una vita migliore, ma non hanno il diritto di farlo perché altre persone, la cui pelle e la cui vita sono tendenzialmente molto più al sicuro della loro, hanno deciso di negarglielo. Queste persone non stanno ferme a casa a rispettare l’ordine di quelli che stanno bene. Cercano di raggiungere le terre dove stanno quelli che vorrebbero impedirglielo. E siccome in mezzo al viaggio trovano ostacoli naturali e soprattutto militari (le operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina di cui sopra) allora si fanno aiutare da gente che dà a loro qualche sgangherato e pericoloso mezzo per superare quegli ostacoli e che per farlo si fa pagare caro puntando sulla loro disperazione e sulla corruttibilità di buona parte degli operatori coinvolti nei controlli delle frontiere.
Attraversare mare, deserto, steppe,
montagne per noi europei costa 5-10-20 volte di meno che per migranti
non europei: perché per noi è legale quindi sicuro, per loro no quindi
insicuro.
Se davvero vogliamo salvare la pelle
delle persone che hanno necessità di viaggiare, la prima cosa da fare è
garantire loro il diritto di poterlo fare in modo sicuro e umano.
Invece siccome questo non lo vogliamo fare, allora facciamo finta di
occuparci di loro attaccando i trafficanti e la loro disumanità.
I trafficanti di esseri umani esistono,
ma sono quelli che reclutano a forza altri esseri umani per venderli
contro la loro volontà. Coloro che lucrano sui migranti per farli
attraversare le frontiere che i migranti stessi vogliono attraversare
sono, per usare un termine caro alla democrazia italiana, "utilizzatori
finali" del sistema di frontiere e muri che l’Europa ha creato intorno
alla sua fortezza.
Il termine "merce umana" utilizzato
dalla Sarzanini è corretto solo se diamo per scontato il punto di vista
europeo, cioè di chi continua a volere il consolidamento della
Fortezza facendo finta che tale strategia non produca vittime e
tragedie. I migranti sono "merce umana" sì, ma creata dalle nostre politiche e poi utilizzata da chi sfrutta l’occasione per fare business.
Cambiando punto di vista i migranti sono invece persone a cui è stato
negato un diritto fondamentale non per una loro colpa, ma per una
discriminazione su pura base etnica, in base cioè a dove il destino li
ha fatti nascere.
Il Presidente Napolitano ha chiesto
ieri, e tutti si sono accodati, di rafforzare Frontex, l’agenzia
europea che dovrebbe coordinare gli interventi degli Stati Membri nel
controllo delle frontiere esterne e che gestisce varie operazioni
marittime, terrestri e aeree per fermare le entrate dei migranti
illegali. Bene, caro Presidente, se rafforziamo Frontex e la strategia
che Frontex rappresenta, noi otterremo due immediati risultati:
l’aumento delle vittime tra coloro che chiedono protezione e l’aumento
dei costi dei viaggi illegali e quindi dei ricavi per coloro che li
gestiscono. Poi però potremo presentare meravigliosi report in cui ci
vanteremo di aver ridotto gli sbarchi e gli arrivi illegali nel
territorio europeo. Ma ci siamo mai chiesti una cosa semplicissima:
quando si riducono gli arrivi illegali nel territorio europeo dove
finiscono le persone che abbiamo fermato e respinto? Pensiamo davvero
che tornano a casa e rinunciano al viaggio perché hanno scoperto che è
illegale? No, si rimettono in viaggio, se riescono a sopravvivere alle
prigioni e alle torture dei Paesi extra-europei (Libia, Tunisia,
Egitto,Turchia, Ucraina, Bielorussia e altri) a cui le nostre polizie
li affidano, pagando salatamente il servizio.
Si ma allora? Come si fa?
Si spostano i finanziamenti dal contrasto all’immigrazione illegale alla creazione di canali di emigrazione legale.
Si creano servizi e agenzie che danno informazioni su come e dove emigrare o su come e dove fuggire.
Ma così vengono tutti qui?
Non è vero.
Non è vero.
La maggior parte di chi deve scappare da
regimi e guerre, cerca rifugio vicino casa per sperare di tornarci
quando le guerre finiscono o i regimi cadono.
Altri, i 20-30enni. cercano di andare
più lontano per mandare soldi alle famiglie che intanto aspettano
vicino a casa. E quelli vanno aiutati.
Chi invece si muove per motivi
economici se sa che un tot possono farlo legalmente si organizzerà per
mandare quel tot e ricavare guadagno dalla loro emigrazione attraverso
le loro rimesse.
Ma per rendere ciò possibile bisogna
costruire sistemi di informazione e di organizzazione delle vie legali
di emigrazione: aprire uffici ad hoc, usare mediatori culturali e
comunitari, finanziare le agenzie UN preposte a ciò, utilizzare le sedi
diplomatiche per questi scopi e altro ancora. E dove si trovano i
soldi? Beh da quelli che possiamo risparmiare riducendo le follie e
smantellando le inefficienze del sistema securitario fatto di
operazioni di respingimento, di rimpatrio forzato, di espulsione, di
detenzione e simili.
E’ una direzione rivoluzionaria e
complessa, ma che è l’unica che può permetterci di non essere ipocriti
quando ci scandalizziamo per le tragedie e quando diciamo di voler
rispettare le vite e la dignità dei migranti.
Altrimenti l’unica cosa che ci rimarrà è la vergogna.
A noi la scelta.
A noi la scelta.
Andrea Segre
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