Egitto - Il nuovo canale di Suez |
di Francesca La Bella
Dopo
quasi 150 anni dall’inaugurazione del Canale di Suez, il Generale Abd
al Fattah Al Sisi, in abiti militari, ha celebrato la scorsa settimana
l’apertura di un nuovo tratto e l’allargamento del Canale stesso. La
nuova struttura dovrebbe consentire il raddoppio del traffico marittimo
da e per il Mediterraneo grazie alla possibilità di circolazione
contemporanea nelle due direzioni e la riduzione dei tempi di
percorrenza. Un opera grandiosa, portata a termine in un solo
anno e costata circa 8 miliardi di dollari provenienti quasi
esclusivamente da investitori nazionali. Un progetto che non deve essere
considerato concluso in quanto il Governo egiziano prevede di creare,
nel breve periodo, un polo produttivo di importanza strategica lungo il
corso del Canale. Un intervento che, nelle dichiarazioni
ufficiali provenienti dal Cairo, viene presentato come veicolo di
crescita economica e progresso: “un regalo al mondo” secondo le parole
di Al Sisi.
Davanti a questo quadro, le motivazioni e
gli obiettivi dell’intervento potrebbero risultare evidenti: rilancio
dell’economia in una fase di stallo, abbattimento della disoccupazione,
incentivo all’ingresso di capitali stranieri. Le basi su cui poggia il
progetto sembrano, però, essere più politico-diplomatiche che economiche
è ed è lo stesso Generale a fornirci una diversa chiave di lettura. Nel
discorso inaugurale, davanti a membri di spicco della società egiziana
come Ahmed El-Tayyeb, Imam di Al Azhar, o Tawadros II, Patriarca della
Chiesa copta, e ad ospiti internazionali come Francois Hollande e Dmitry
Medvedev, Al Sisi ha concentrato la propria attenzione sulle difficoltà
attraversate dall’Egitto negli ultimi anni, sulla lotta del Governo
contro il terrorismo e sulla necessità di unità nazionale per superare
questa fase. Il Generale si è, dunque, presentato come l’uomo forte capace di mantenere la sicurezza e la stabilità del Paese garantendo agli attori internazionali, Governi o privati, nuovi canali di investimento e nuove possibilità commerciali:
la ricerca di un’investitura di legittimità che, attraverso legami
sempre più stretti, possa far dimenticare le politiche di repressione
sistematica delle opposizioni e le condizioni di costante impoverimento
del Paese.
Anche guardando al progetto dal punto di vista economico, molti studiosi si dicono scettici sul reale impatto dell’opera.
Se da un lato analisti come l’economista argentino Ernesto Mattos
ritengono che non si potrà avere una ricaduta positiva sulla popolazione
egiziana senza politiche di redistribuzione degli utili provenienti dal
Canale, in un lungo articolo di alcuni giorni fa, il giornale The
Economist affermava che, a fronte di uno stallo dei commerci navali a
partire dal 2008, l’aumento dei flussi commerciali conseguente
all’ampliamento del Canale potrebbe essere ben minore delle aspettative.
Benché non si prospetti un aumento
immediato e consistente dei traffici marittimi, l’apertura del nuovo
tratto potrebbero, invece, avere effetti significativi dal punto di
vista ambientale. Nonostante le pressioni della Commissione Europea ed
una lettera di circa 500 scienziati che chiedevano una valutazione
preventiva dell’impatto dell’opera sulle acque del Mediterraneo, nessuna
risposta è arrivata dal Cairo. I timori degli studiosi sono
rivolti in due principali direzioni: crescita dell’inquinamento a causa
dell’aumento del numero e della frequenza dei passaggi navali e
infestazione del Mediterraneo da parte di specie marine aliene.
Su questo secondo aspetto è maggiormente concentrata
l’attenzione degli ambientalisti in quanto molte specie animali
pericolose per l’ecosistema mediterraneo (come pesce palla e medusa)
proverrebbero già oggi dal Mar Rosso.
Molti, dunque, i lati negativi
di un progetto Suez che, a prescindere dalle dichiarazioni ufficiali,
sembra essere stato pensato più per rafforzare a livello interno ed
internazionale la posizione di Al Sisi e del suo Governo che per dare
nuovo impulso allo sviluppo del Paese. Una maggiore legittimità
internazionale, inoltre, potrebbe permettere al Generale di muoversi
ancor più duramente contro le opposizioni in nome della sicurezza e
della guerra al terrorismo.
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