La “giustizia spagnola” ha fissato la data del processo contro i leader e i militanti indipendentisti catalani: le udienze cominceranno il prossimo 12 febbraio.
Ieri una lunga carovana di mezzi della Guardia Civil ha prelevato i prigionieri politici dal carcere catalano di Lledoners per condurli in un carcere di Madrid, dove i leader politici e sociali imprigionati ormai da 14 mesi rimarranno per tutta la durata del procedimento giudiziario. Un vero e proprio processo politico contro dirigenti politici e sociali accusati di ribellione e sedizione, che rischiano pene dai 15 ai 25 anni di reclusione. Ad accusarli ci saranno per lo più agenti dei corpi repressivi di Madrid, che rappresentano l’80% dei test dell’accusa.
Intanto migliaia di catalani protestavano contro la repressione e la criminalizzazione del movimento per l’autodeterminazione.
Circa quattromila persone hanno risposto all’appello dell’Assemblea Nazionale Catalana, di Esquerra Republicana e della CUP – la sinistra radicale indipendentista – manifestando in passeig de Gràcia e nel tardo pomeriggio una ventina di attivisti hanno occupato la sede di Barcellona della Commissione Europea.
Il messaggio che hanno voluto mandare a Bruxelles, e in particolare a Jean Claude Juncker, è che “L’autodeterminació és un dret, no un delicte”, l’autodeterminazione è un diritto, non un crimine.
La presidente dell’Assemblea Nazionale Catalana, Elisenda Paluzie, nel suo intervento ha denunciato la violazione sistematica dei diritti civili e politici degli indipendentisti, chiedendo all’Unione Europea di attivare l’articolo 7 del trattato costitutivo e di privare lo Stato Spagnolo dei suoi diritti di voto e di rappresentanza all’interno delle istituzioni comunitarie.
Il deputato catalano Carles Riera, della CUP, ha fatto appello alla continuità della mobilitazione e all’unità del movimento popolare, definendo l’Unione Europea una “prigione dei popoli”, mentre il deputato di ERC Ruben Wagensberg ha detto che la Commissione Europea ha il dovere di pronunciarsi, “siamo abituati a vedere che si gira dall’altra parte di fronte alla violazione dei diritti individuali e collettivi”.
Il PDeCat del President Quim Torra, invece, non ha voluto partecipare alla mobilitazione, nonostante in prigione e sotto processo ci siano alcuni dei suoi esponenti di punta.
Circa duemila persone hanno manifestato a Girona, e migliaia di manifestanti sono scesi in piazza nel resto delle località della Catalogna, alla fine della giornata si contano una cinquantina di concentramenti e cortei.
Indignazione ha suscitato un video, registrato con lo smartphone da un agente della polizia spagnola che scortava i prigionieri politici catalani, in cui questi e i manifestanti catalani che protestano al passaggio del convoglio sulle strade catalane vengono derisi.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento