di Michele Giorgio – Il Manifesto
Il viaggio di papa
Francesco negli Emirati sarà ricordato anche per il documento sulla
“Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” che il
pontefice ha firmato assieme ad Ahmad al Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar
del Cairo, la scuola teologica più autorevole dell’Islam sunnita.
Alla fratellanza e alla tolleranza fanno costante riferimento
i leader emiratini che descrivono la visita di Bergoglio come una prova
del “rispetto delle diversità” garantito nel loro paese. La realtà è
diversa. Dopo il 2011, anno delle rivolte arabe, i servizi di
sicurezza emiratini hanno ridotto al silenzio le voci critiche di
giornalisti, accademici, studenti e difensori dei diritti umani.
Amnesty International sottolinea che «gli squilli di tromba
per la visita di papa Francesco non saranno ascoltati dai molti
difensori dei diritti umani, tra cui Ahmed Mansoor, Nasser bin Ghaith e
Mohammed al-Roken, che stanno scontando lunghe condanne solo per aver
esercitato il loro diritto alla libertà d’espressione». Amnesty
ha chiesto al pontefice «di parlare della loro situazione coi suoi
interlocutori e di sollecitare il loro rilascio immediato e
incondizionato».
Non è noto se papa Francesco abbia avuto modo di affrontare,
durante i colloqui avuti con l’erede al trono Mohammed bin Zayed Al
Nahyan, la questione del rispetto negli Emirati dei diritti umani e
politici oltre alla libertà di culto. Fonti vaticane ieri sera ci
dicevano che questi temi sono emersi, anche se brevemente, durante
l’incontro. Da parte sua Al Nahyan dice che si è parlato solo
di «consolidamento del dialogo, di tolleranza, coesistenza umana e di
importanti iniziative per raggiungere la pace».
Pace anche in Yemen, si spera, dove Abu Dhabi contribuisce alla
guerra sanguinosa che la coalizione militare araba a guida saudita sta
facendo ai ribelli sciiti Houthi, incurante della gravissima crisi
umanitaria in cui ha gettato quel paese.
La tolleranza che ispirerebbe l’atteggiamento dei regnanti emiratini
cessa di fronte a coloro che esprimono dissenso ed inoltre non
garantisce una piena tutela alle centinaia di migliaia di lavoratori
stranieri presenti nel paese. Oggi nello stadio di Abu Dhabi dove il
papa officerà la messa, ci saranno tanti dei 900mila asiatici, in
maggioranza filippini di fede cattolica, che vivono e lavorano negli
Emirati nel settore dell’edilizia e come personale di servizio in hotel,
ristoranti e abitazioni private. Lo scorso anno quasi mille
filippini sono stati rimpatriati dopo aver subito minacce e abusi da
datori di lavoro senza scrupoli. Tanti manovali riferiscono che spesso
sono costretti a lavorare in condizione di insicurezza solo perché
stranieri.
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