Nonostante il freddo polare e la neve che hanno investito Parigi e molte zone della Francia in questi giorni di gennaio, le mobilitazioni studentesche non si sono raffreddate né tantomeno congelate dopo la sosta natalizia e le proteste del dicembre scorso. Un fronte, quello studentesco, che oggi sembra più che mai pronto a dar battaglia e a mantenere un livello elevato e partecipativo della protesta dentro e fuori università e licei.
Se negli ultimi mesi del 2018 molti studenti, sia universitari che medi, erano già scesi in piazza per partecipare alle mobilitazioni convocate dal movimento dei Gilets Jaunes, portando avanti la propria lotta contro le riforme dell’istruzione pubblica superiore del governo Macron, in queste ultime settimane si è assistito a un crescendo propositivo e organizzativo da parte dei settori giovanili studenteschi.
Come se non bastassero i numerosi provvedimenti regressivi ed elitari del governo Macron nel mondo della scuola e dell’università – dall’entrata in vigore della Loi Orientation et Réussite des Étudiants, all’operatività della riforma del Baccalauréat, all’implementazione del ParcourSup e al recente annuncio (novembre 2018) di voler aumentare vertiginosamente le tasse di iscrizione universitarie per gli studenti extra-comunitari – si sono aggiunti numerosi episodi di repressione da parte delle forze dell’ordine e di intimidazione disciplinare da parte delle stesse università.
Sono ancora vivide le immagini scioccanti di quanto accaduto all’inizio dello scorso dicembre a Mantes-la-Jolie, dove più di 150 studenti liceali (tutti minorenni) furono costretti a mettersi in ginocchio con le mani sulla testa sotto la “fiera” sorveglianza degli agenti di polizia che commentavano su quella “classe modello”. Nelle settimane successive, quel gesto è stato più volte ripreso durante le manifestazioni degli studenti, in solidarietà a quelle che non possono che essere considerate vittime di una tortura fisica e psicologica di portata unica nella “democratica Francia”, dai caratteri e dalle modalità molto più simili invece alle peggiori dittature sudamericane del secolo scorso.
Durante la manifestazione dell’11 dicembre scorso, “Macron t’es foutu, la jeunesse est dans la rue”, un intero corteo di almeno 5mila studenti si mise in ginocchio con le mani sulla testa di fronte al cordone di CRS (celere anti-sommossa) schierati per impedire al corteo di arrivare fino al Ministero dell’Istruzione.
Ma nelle settimane successive l’apparato repressivo non si è fermato, anzi si è inasprito ulteriormente, andando a colpire direttamente gli esponenti e i militanti di spicco all’interno delle organizzazioni e dei collettivi studenteschi. È il caso dei provvedimenti disciplinari contro Mickael e Victor, militanti dell’UNEF (Union Nationale des Etudiants de France) di Paris-Nanterre, ai quali un’ordinanza emanata dal Preside dell’università ha impedito l’accesso al campus e ai locali dell’università per circa un mese (dal 7 gennaio al 5 febbraio 2019).
Nel provvedimento veniva contestato loro di aver reso operative, insieme ad altri studenti, le decisioni prese durante un’Assemblea Generale di facoltà (tenutasi il 13 dicembre, con 2.000 persone partecipanti) la quale aveva a larga maggioranza votato per lo sciopero e il rinvio degli esami di metà anno al fine di permettere agli studenti di mobilitarsi senza essere penalizzati a causa della loro assenza agli esami. Si è trattato di un tentativo, parecchio evidente, di intimidire il resto degli studenti in mobilitazione, colpendo direttamente quelli più attivi nell’organizzazione.
In particolare, a Nanterre, dove si era fatta già sentire pesantemente la repressione nei confronti di alcuni studenti-militanti, questo provvedimento si è aggiunto agli altri procedimenti disciplinari e giudiziari già in corso. Dopo la notifica di questo ulteriore provvedimento nei confronti dei loro compagni, gli studenti di Nanterre hanno organizzato una partecipata Assemblea Generale il 10 gennaio per ribadire il loro dissenso con le riforme di Macron e con la sua idea di università. Specialmente contro il decreto, annunciato a novembre, dal nome propagandistico “Bienvenue en France” che comporta un aumento fino a 2.770 euro per la laurea di primo livello e 3.770 euro per master e dottorato per gli studenti extra-comunitari, a fronte dei 170 euro per un anno di formazione di primo livello, 243 euro per il master e 380 euro per il dottorato per i giovani europei.
Questa misura profondamente razzista ed elitaria è solo l’ennesimo passo verso la distruzione definitiva delle università pubbliche in favore di “poli di eccellenza”, in un sistema come quello francese già profondamente segnato dalla divisione netta tra “universités” e “grandes écoles”.
Inoltre questa riforma, in linea con il quadro già delineato dalla Loi ORE e dal progetto ParcorSup, accentuerà ulteriormente quel processo di selezione reale e sociale all’università contro il quale migliaia di studenti delle scuole superiori hanno protestato nella scorsa primavera e che continuano a combattere anche durante quest’anno scolastico, con centinaia di licei bloccati tra novembre e dicembre.
Come ribadito in numerosi comunicati di diversi collettivi studenteschi, questa serie di riforme segna la fine dell’università pubblica per imporre al suo posto un modello sempre più incentrato sulla competizione tra studenti e piegato alle logiche del mercato del lavoro.
Per questo in numerose facoltà, nel mese di gennaio, sono state indette assemblee generali, per continuare le proteste iniziate a novembre e dicembre, estendendo la partecipazione e la mobilitazione anche agli ormai consueti appuntamenti degli atti dei Gilets Jaunes.
Alla sede di Tolbiac dell’Université Panthéon-Sorbonne, il collettivo Paris 1 mobilisée contre Macron et la sélection ha organizzato un’Assemblea Generale il giorno 31 gennaio, in vista dell’Acte XII dei Gilets Jaunes e anche dello sciopero generale proclamato dai sindacati CGT, Sud e Solidaires previsto per il 5 febbraio.
Gli studenti, consapevoli del livello di mobilitazione raggiunto dai Gilets Jaunes contro Macron dopo ben due mesi di proteste di piazza, hanno sottolineato che il presidente della Repubblica si trova al punto più basso, in termini di gradimento e di fiducia, dall’inizio dal suo mandato: “è il momento di dargli uno scossone forte per farlo crollare definitivamente”, viene ribadito durante l’assemblea.
In questo senso, la mobilitazione studentesca per “università più libera e aperta a tutte e tutti” si va ad aggiungere alle rivendicazioni delle organizzazioni sindacali di categoria, che hanno già aderito allo sciopero il 5 febbraio per protestare contro i bassi salari e la politica antisociale del governo. Queste ultime domandano chiaramente l’aumento immediato del salario minimo (SMIC) a 1800 euro al mese, l’aumento della spesa e dell’investimento pubblico nel settore dell’istruzione, lo sviluppo generalizzato dei servizi pubblici su tutto il territorio, la democratizzazione dell’accesso all’insegnamento superiore e il ritorno alla pensione a 60 anni di età.
Di fronte a un governo odiato, ormai divenuto in tutto e per tutto un regime politico-autoritario profondamente indebolito e alla caccia di consenso tramite il falso “grand débat national” proposto ai Gilets Jaunes, il movimento mira a riappropriarsi concretamente del proprio futuro, lottando per l’istruzione, la formazione e la società che desiderano.
Per ottenere ciò che vogliono, molti studenti non si sono fatti ammaliare dalle promesse delle università che hanno dichiarato di non voler applicare, qualora dovesse essere approvato, l’aumento delle tasse di iscrizione per gli studenti extra-comunitari. In numerose assemblee, gli studenti hanno denunciato questa presa di posizione come meramente illusoria, essendo convinti che alla fine le presidenze si arrenderanno alle decisioni del governo.
L’obiettivo primario che il movimento studentesco si è prefissato è il ritiro immediato e incondizionato della Loi ORE, e non una soluzione specifica caso per caso a seconda degli istituti e delle università. Infine, l’Assemblea Generale di Tolbiac si è conclusa con un invito alla partecipazione allo sciopero generale, accogliendo l’appello fatto da alcuni esponenti Gilets Jaunes di uno sciopero illimitato e determinato, insieme ai lavoratori, ai precari e ai disoccupati.
Lo stesso giorno si è tenuta all’Université Paris 8 di Saint-Denis un’altra Assemblea Generale, che in questo caso ha visto la partecipazione congiunta di numerose facoltà parigine e di licei della capitale francese. Un vero e proprio momento di convergenza e di compattezza del fronte studentesco (il primo dall’inizio delle proteste) che lascia ben presagire per il proseguo della mobilitazione per la primavera.
L’obiettivo dichiarato di questa Assemblea Generale, infatti, era quello di creare un momento di discussione e di decisione collettiva per coordinare le azioni dei vari gruppi mobilitati nelle università e nelle scuole superiori, definendo azioni e slogan comuni. E su questo le lotte sono le stesse: si tratta di difendere un’istruzione pubblica di qualità, aperta a tutti, emancipatrice, in una fase in cui i vari progetti di riforma vanno nella direzione opposta.
Durante l’assemblea, si è evidenziato a più riprese “il rifiuto di un’istruzione a buon mercato, la cui unica funzione sarebbe quella di creare un esercito di lavoratori precari e disposti a lavorare al minimo salariale e alle peggiori condizioni di lavoro, oppure costretti a proseguire i loro studi indebitandosi per provare a costruire una vita diversa da quella delineata dal liceo o dalla classe di appartenenza”.
A tal proposito l’UNL (Union National Lycéenne, ovvero il sindacato degli studenti medi) ha recentemente pubblicato un appello per promuovere la partecipazione allo sciopero generale del 5 febbraio. Tra i punti ribaditi nel comunicato, risaltano la denuncia dell’avvio della seconda fase del ParcourSup, che ha già lasciato fuori dall’università pubblica 170.000 studenti delle scuole superiori per questo anno scolastico, e la decisione presa dal ministro dell’istruzione di razionalizzare i corsi formativi in 7 specializzazioni per le scuole superiori, che mira a creare istituti di serie A e di serie B.
Infine, un passaggio significato del comunicato è dedicato alla crescente e sempre più dura repressione delle commissioni disciplinari nei licei e alle violenze della polizia durante le manifestazioni di piazza e le occupazioni dei licei.
Proprio per l’Acte XII dei Gilets Jaunes, in omaggio ai feriti e contro le violenze della polizia, gli studenti hanno partecipato con uno spezzone compatto e unitario insieme alle realtà dei quartieri popolari, ai collettivi antifascisti, ai ferrovieri dell’Intergare e ai gruppi della France Insoumise. Durante la manifestazione, Louis Boyard, segretario dell’UNL, è rimasto ferito da un colpo di flashball sul piede.
In un video-messaggio il giorno seguente Louis Boyard ha denunciato la deriva autoritaria del governo Macron e l’approvazione da parte dell’Assemblée Nationale della cosiddetta “loi anti-casseurs” che costituisce un duro attacco alla libertà di manifestare oggi in Francia.
Di fronte alla regressione sociale e all’aumento delle disuguaglianze economiche, la prospettiva di un futuro precario sta crescendo in tutte le fasce giovanili, non solo tra gli studenti universitari o liceali. Seguendo la determinazione del movimento dei Gilets Jaunes, i giovani francesi (studenti, lavoratori precari e disoccupati) hanno deciso di attaccare il governo Macron come massima espressione e culmine di tutte le politiche anti-sociali portate avanti negli ultimi anni, da Sarkozy a Hollande.
Il processo di mercificazione ed elitarizzazione dell’istruzione in Francia si è intensificato a partire dalla riforma del 2007 del governo Sarkozy che, con il falso pretesto di concedere autonomia alle università, ha sistematizzato il loro sotto-finanziamento, riducendo drasticamente la spesa pubblica per studente di quasi il 10% in dieci anni.
Le politiche del governo Hollande, con la riduzione dei finanziamenti all’istruzione pubblica e l’approvazione della Loi Travail, hanno proseguito in questo solco, aprendo la strada al governo Macron.
Le riforme dell’istruzione non sono altro che una sintesi della politica generale di crescente disuguaglianza economica e sociale, che favorisce i ricchi e impoverisce i settori popolari, colpendo duramente le fasce giovanili soprattutto delle banlieues e dei quartieri popolari. Ed è proprio tramite l’estensione di queste politiche neoliberali e classiste al mondo della scuola e dell’università che si prosegue con la mercificazione dell’istruzione e l’incremento di forme di sfruttamento.
Per questo motivo gli studenti, gli insegnati e i ricercatori universitari si stanno coordinando unitariamente, rilanciando il cosiddetto movimento dei “carrés rouges”, simbolo politico di opposizione all’aumento delle tariffe del servizio pubblico e di sostegno allo sciopero del movimento studentesco del 2012 in Québec.
La lotta degli studenti e dei docenti non rimane isolata dal resto del movimento sociale e per questo motivo la giornata di sciopero generale del 5 febbraio rappresenta sicuramente un passo importante che potrebbe sostanziare una convergenza tra sindacati, Gilets Jaunes e studenti medi e universitari per contrastare lo smantellamento del welfare state, la distruzione dei diritti e delle condizioni di lavoro e la regressione sociale volute dalle politiche neoliberiste di Macron, costretto a ricorrere alla repressione della polizia e giudiziaria per provare a difendere il suo potere autoritario, che si sta sgretolando sotto la spinta e la determinazione delle proteste sociali generalizzate di queste mesi.
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