(aggiornato alle ore 7,30)
L’Iran ha dato il via all’operazione “Soleimani Martire” lanciando
alcuni missili contro la base aerea Aynal-Asad, nei pressi di Erbil, nel
Kurdistan iracheno. Lo riporta la tv iraniana citando il Corpo dei
Guardiani della Rivoluzione (pasdaran) che ha annunciato la completa
distruzione della base americana e l’avvio di una seconda serie di
attacchi missilistici contro basi americane.
La tv di Stato iraniana Press Tv ha reso noto che i pasdaran
attaccheranno ogni regione che servirà da piattaforma per aggressioni
statunitensi, ammonendo così i paesi arabi che ospitano basi e forze
americane.
La stessa fonte ha riferito che 80 persone sono state uccise, ed
altre 200 sono rimaste ferite, in seguito al bombardamento della base
americana. “Grandi perdite sono state inflitte inclusi numerosi droni,
elicotteri ed equipaggiamento militare nella base” di al-Asad.
Secondo i paasdaran nessun missile è stato intercettato dalle forze
statunitensi . “Circa 104 obiettivi degli Stati Uniti e dei suoi alleati
locali sono sotto osservazione da parte dell’Iran, e se commetteranno
un errore, siamo pronti ad attaccarli”, ha aggiunto spiega una fonte dei
Guardiani della Rivoluzione.
Voice of America citando fonti militari americane ha reso noto che 35
missili sarebbero stati lanciati contro due basi statunitensi in Iraq.
Il Pentagono ha confermato che “oltre una dozzina di missili balistici”
sono stati lanciati contro due basi Usa e delle forze di coalizione in
Iraq.
L’agenzia iraniana Farsnews precisa che Teheran ha lanciato i missili balistici Qiam – 1 (con un raggio d’azione di 750 chilometri) e Fateh (il Fateh 110 ha 200 chilometri di raggio d’azione, il Fateh 313 circa
500 chilometri), precisando che l’attacco alle due basi americane è
iniziato all’ 1.20 di notte ora locale, la stessa ora in cui è stato
ucciso il generale Qassem Soleimani a Baghdad venerdì scorso.
“È chiaro che questi missili sono stati lanciati dall’Iran e hanno
preso di mira almeno due basi militari irachene che ospitano forze Usa e
personale della coalizione a al-Asad e Irbil”.
Missili contro militari americani sarebbero stato lanciati in diversi
luoghi dell’Iraq in quella che sembra “una serie di attacchi
dall’Iran”. Ha affermato nella notte una fonte militare americana a Fox
News.
Secondo l’Iraq Journal contro la base sono stati lanciati almeno nove razzi, numero riportato anche da al-Jazeera.
L’avvio della rappresaglia iraniana contro gli USA sembra quindi concentrarsi in Iraq (come Analisi Difesa aveva previsto)
dove i bersagli certo non mancano e le azioni belliche iraniane possono
risultare al tempo stesso ad alta visibilità ma limitate nell’intensità
per scongiurare ulteriori escalation anche se, a questo proposito,
molto dipenderà dalle valutazioni della Casa Bianca e del Pentagono
L’ Iran “non vuole una escalation ma ci difenderemo contro ogni
aggressione” ha detto il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif.
Donald Trump ha invece twittato “Tutto bene! Missili lanciati
dall’Iran in due basi militari situate in Iraq. Valutazione delle
vittime e dei danni in corso ora. Fin qui tutto bene! Abbiamo di gran
lunga le forze armate più potenti e ben equipaggiate al mondo! Farò una
dichiarazione domani mattina”.
L’attacco alle due basi di Erbil, area in cui sono basati anche altri
contingenti della Coalizione incluso quello italiano (i militari si
sono rifugiati in un bunker e sono tutti illesi) conferma inoltre la
necessità di rimpatriare al più presto i militari della Coalizione
anti-Isis il cui compiuto risulta di fatto esaurito dopo l’uccisione del
generale iraniano Qassem Suleimai ad opera delle forze statunitensi.
Non solo le attività addestrative delle forze irachene sono sospese, a
oggi i contingenti alleati rischiano di venire coinvolti negli scontri
in atto tra forze americane e milizie sciite sostenute dai pasdaran. La
Spagna è il primo membro della Coalizione ad annunciare il ritiro della
“maggior parte” delle truppe dispiegate in Iraq.
Inoltre l’accordo militare fra Iraq e Usa/Coalizione prevede di
ospitare queste forze militari, anche italiane, per aiutare gli iracheni
a combattere l’Isis, non per uccidere alti ufficiali iraniani mentre la
missione approvata dal Parlamento italiano nell’estate 2014 non
prevedeva certo lo scenario attuale.
L’Italia aderì alla Coalizione schierando il suo contingente in Iraq
ma non in Siria poiché, a differenza del governo di Baghdad, quello
siriano non ha mai invitato i paesi Occidentali a combattere l’Isis sul
suo territorio.
Dopo l’omicidio di Suleimani, neppure gli iracheni vogliono più
truppe occidentali sul territorio nazionale, nonostante il caos che
domina il paese abbia determinato negli ultimi mesi la ricomparsa delle
milizie dello Stato Islamico in diverse aree sunnite del nord e
dell’ovest.
Del resto una parte delle truppe straniere dispiegate in Iraq sono state ritirate o riposizionate all’interno dell’Iraq.
Il generale canadese Jonathan Vance, capo di Stato maggiore della
Difesa, ha dichiarato che circa 500 soldati canadesi saranno
temporaneamente trasferiti in Kuwait per garantire la loro sicurezza.
La Germania ha temporaneamente ritirato una parte dei suoi 120
militari dall’Iraq. Un totale di 32 soldati tedeschi di base a Camp
Taji, vicino a Baghdad, sono stati trasportati in aereo alla base aerea
di al-Azraq in Giordania. Altri tre sono andati in Kuwait.
Dopo aver sospeso la sua missione di addestramento in Iraq la NATO
sta temporaneamente riposizionando parte del personale al di fuori
dall’Iraq.
Il ministero della Difesa romeno dice di avere 14 soldati che
partecipano alla missione NATO in Iraq e che saranno “temporaneamente
trasferiti in un’altra base della coalizione” mentre il ministro della
Difesa ungherese, Tibor Benko, ha detto che i 200 soldati di Budapest
schierati a Erbil sono pronti per l’evacuazione “se necessario”, ma
rimarranno se non fosse stato chiesto loro di ritirarsi.
Da Londra, Boris Johnson si è limitato a precisare che il Regno Unito
mantiene costantemente sotto controllo la protezione delle sue forze
armate in Iraq mentre fonti del governo francese riferiscono che non c’è
nessuna volontà di ritirare i suoi 200 militari.
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