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07/03/2020

Arricchirsi sulle epidemie. Quei “pandemic bonds” emessi dalla World Bank nel 2017

Il 1° febbraio 2019 si era dimesso, in modo alquanto improvviso, il presidente della Banca Mondiale Jim Yong Kim. Nelle motivazioni dichiarava anche la volontà di andare a lavorare in un Hedge Fund (più o meno un fondo apertamente speculativo, ndr).

Ma il sig. Jing Yong Kim risulta essere anche l’ideatore di un “pandemic bonds” nato per “assicurare” i paesi poveri contro il rischio di pandemie, come quelle che hanno devastato alcuni paesi africani.

Il Washington Post del 2 marzo scrive che la Banca Mondiale aveva lanciato nel 2017 “un fondo specializzato in pandemia e derivati ​​che pagherebbe un buon tasso di interesse agli investitori, con la consapevolezza che gli investitori perderebbero denaro se le obbligazioni fossero necessarie per combattere una malattia che si diffonde. Le obbligazioni pandemiche devono ancora pagare. Ora è il momento”.

In un altro passaggio, il quotidiano statunitense scrive che “La nuova malattia da coronavirus, covid-19, si sta diffondendo in tutto il mondo, la gente è in preda al panico e molti paesi poveri con sistemi sanitari deboli sono colpiti duramente. Il coronavirus si trasmette tra gli umani e ha un alto tasso di mortalità tra gli anziani, secondo i dati provvisori provenienti dalla Cina, dove è iniziata l’epidemia. I paesi a basso e medio reddito sono proprio quelli su cui le obbligazioni della Banca Mondiale sono state progettate per dare una mano e, come ha sottolineato Bill Gates la scorsa settimana, i loro sistemi sanitari sono già “ridotti”.

Il sito Scenarieconomici.it sottolineava questa notizia già nell’aprile del 2019. Lo stesso sito ricorda in questi giorni come dei pandemic bonds, titoli sulle pandemie, siano stati emessi dalla Banca Mondiale e dalla Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo nel 2017 con un tasso di ritorno dell’11% in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nell’ambito di un Pandemic Emergency Financial Facility

L’esborso massimo per le pandemie da coronavirus è stato determinato a 200 milioni di dollari e scatterebbe in caso di un certo numero di morti e di vicinanza geografica.

“I pandemic bonds sarebbero stati modellati sullo scenario più plausibile di un virus proveniente dalla Cina. I criteri per far scattare l’esborso sono che la pandemia debba durare per oltre 12 settimane in più di un paese”, scrive Scenarieconomici, precisando che “Le compagnie assicurative Swiss Re Capital Market e Matterhorn Re, hanno piazzato un “bond catastrofe” da 225 milioni $ per il 2020-2022, uno per un ciclone e l’altro per un evento molto mortale nel Regno Unito, Canada e Australia”.

“Ciò che è osceno è che la Banca mondiale lo abbia impostato in questo modo. Aspetta che le persone muoiano” denuncia al The Guardian, l’economista Olga Jonas, per un trentennio dirigente della Banca Mondiale. “Gli obiettivi erano aiutare i paesi più poveri a rispondere rapidamente alle epidemie. Le malattie infettive si diffondono in modo esponenziale e il coronavirus ha un tasso di crescita molto rapido. Ma i legami si innescano solo quando la malattia si è diffusa per molto tempo”.

La Jonas, che ha analizzato i termini delle obbligazioni, ha affermato che erano “così contorti, non è affatto chiaro se pagheranno. È troppo poco, troppo tardi – e in questo caso, forse mai”.

Nel mettere insieme queste notizie, due brividi ci sono corsi lungo la schiena.

La prima è la materializzazione del fatto che negli istituti finanziari e nei fondi speculativi anche le pandemie possano diventare strumenti di arricchimento privato (anche quando nascono formalmente come “aiuti” ai paesi poveri).

La seconda è quella di fornire materia ai “complottisti” sulla connessione tra fondi finanziari mirati e lo scoppio dell’epidemia di Covid19 più nota come coronavirus. Se è vero che i primi casi erano individuabili nel 2019 ma sono diventati di pubblico dominio proprio nel 2020 previsto dai pandemic bonds, dobbiamo ammettere che questa volta i dietrologi potrebbero avere qualche ragione da vendere.

Entrambe le motivazioni non ci rendono affatto più sereni.

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