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02/08/2020

Quella di Bologna fu strage fascista e di Stato, come le altre


Il 2 agosto sono quaranta anni da quella strage alla stazione di Bologna che fermò il paese – spezzandolo in due – e il cuore di milioni di persone convinte che la stagione delle Stragi di Stato fosse ormai alle spalle. Il costo umano fu enorme, 85 morti e 200 feriti, solo poche settimane dopo la strage di Ustica in cui venne abbattuto un aereo civile dell’Itavia, anch’esso partito da Bologna.

La strage della stazione di Bologna, da un lato, fu la continuazione della politica delle stragi di Stato tesa a condizionare nel profondo i rapporti politici e di classe nella società, nonché a confermare la collocazione dell’Italia nelle relazioni internazionali. Dall’altro materializzò agli occhi di tutti il significato di una guerra concepita e combattuto sul “fronte interno”, in cui i killer fascisti sono stati utilizzati come manovalanza per il lavoro sporco.

In molti continuano a chiedersi che faccia e che logica possano avere i personaggi che collocano una bomba ad alto potenziale nell'affollata sala d’attesa della principale stazione dell’Italia centrale, nei giorni della partenza per le vacanze (che allora, con un’altra organizzazione della produzione, avveniva in contemporanea quasi per tutti).

È la stessa faccia di chi aveva collocato bombe in una banca nel giorno di maggiore affollamento, in una piazza riempita da una manifestazione sindacale antifascista, in un treno affollato d’agosto e negli anni successivi durante le feste natalizie.

Li abbiamo denominati come gli esponenti della rete degli “uomini neri”. Non numerosissimi, ma operativi, pronti a fare il lavoro sporco per lo Stato; anzi per il deep state, quello secondo cui ci sono prezzi da pagare per un “fine superiore”, che può essere la stabilità o l’instabilità, a seconda delle fasi storiche e delle esigenze delle classi dominanti.

A febbraio di quest’anno la Procura di Bologna ha chiuso le indagini sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna.

Per gli inquirenti bolognesi i colpevoli che si aggiungono a quelli già condannati sono: Paolo Bellini fascista di Avanguardia nazionale, in qualità di esecutore; Licio Gelli, fascista fin dai tempi della guerra di Spagna e poi con Salò, capo della Loggia P2, in qualità di mandante e finanziatore; Umberto Ortolani banchiere e bancarottiere, in quanto finanziatore e mandante; Federico Umberto D’Amato, prefetto e capo dell’Ufficio Affari Riservati, legato alla CIA, in qualità di mandante e depistatore, e Mario Tedeschi, altro fascista della Repubblica di Salò, senatore del MSI e direttore del settimanale Il Borghese.

I tentativi di depistaggio sulla strage di Bologna sono stati numerosi, a cominciare dai neofascisti, così come avvenuto per Piazza Fontana, Piazza della Loggia, il treno Italicus.

Quello perseguito con maggiore sfrontatezza e pervicacia è stato il tentativo di addossare la strage alla resistenza palestinese. Un depistaggio che ha visto protagonisti non solo Cossiga, ma anche giornalisti “di sinistra” occhieggianti ai favori di Israele o di qualche cordata islamofoba e filo-Usa sempre attiva.

Quale soluzione migliore che allontanare da sé la rabbia e le indagini?

Per quaranta anni le autorità politiche del paese hanno cercato di tenere alla larga dallo “Stato” ogni responsabilità. Ma le sistematiche contestazioni di massa in Piazza Medaglie d’Oro hanno impedito, anno dopo anno, ogni autoassoluzione. Quest’anno non si faranno eccezioni.

Noi, purtroppo e per fortuna, non dimentichiamo nulla. Abbiamo una memoria prodigiosa.

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