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03/11/2020

È tempo di giustizia sociale: far pagare i ricchi per reperire le risorse necessarie per tutti

Dissolta la propaganda sul virtuoso modello italiano nel contrasto al Covid-19 e con una curva del contagio oramai totalmente fuori controllo, l’emergenza sanitaria si sta drammaticamente saldando con quella sociale ed economica facendo sprofondare nella miseria fasce sempre più ampie della popolazione.

Decenni di politiche orientate al taglio della spesa sociale unitamente alla diffusione a piene mani del lavoro povero, non contrattualizzato, del lavoro pseudo autonomo e in generale dell’economia dei “lavoretti”, ora presentano drammaticamente il conto scontrandosi con la realtà di un paese privo di quei pilastri e di quelle tutele sociali che avrebbero meglio consentito di fronteggiare l’emergenza.

Occorrerebbe investire subito in sanità, trasporti e scuola, per contenere gli effetti devastanti del virus, ma occorrerebbe anche un reddito garantito per tutti, per dare protezione sociale a chi è stato costretto a lavorare in nero in questi anni ed è ora escluso da qualsiasi forma di ristoro o a chi ha perso il lavoro o semplicemente non lo ha mai avuto.

La risposta prevista dai circa 5 miliardi del decreto ristoro è risibile sia per l’esiguità delle risorse stanziate sia per la parzialità della platea di riferimento che non tiene minimamente conto della devastazione prodotta in questi decenni nel mercato del lavoro.

Ed allora se il tema è quello di coniugare diritto alla salute e quindi sanità pubblica con un reddito per tutti dove recuperare le risorse?

Ebbene i soldi vanno recuperati laddove ci sono, anzi laddove ci sono sempre stati, perché l’emergenza sanitaria sta esasperando le diseguaglianze sociali traducendosi in miseria per la stragrande maggioranza della popolazione, ma in una ghiotta occasione per incrementare i profitti per alcuni.

Proprio nel primo semestre 2020, quindi durante quello che passerà alla storia come l’annus horribilis dell’economia mondiale, un rapporto del settore dell’Area studi Mediobanca ha verificato che i giganti del web (Amazon, Google, Microsoft, ecc.) hanno registrato una impennata del fatturato pari al 17 percento rispetto allo stesso periodo del 2019, con un vero e proprio boom dell’e-commerce, realizzando il record di 18 milioni di euro di profitti netti al giorno che, come è noto, prendono rapidamente la strada dei paradisi fiscali. Risultato: a livello globale, nel quadriennio 2015-2019, su circa 480 miliardi di profitti realizzati, 46 miliardi di tasse non pagate!

Sempre il medesimo rapporto ha rilevato che in Italia nel 2019 l’aggregato delle filiali italiane delle big tech, collocate prevalentemente nelle province lombarde, ha realizzato un fatturato di circa 2,4 miliardi di euro. Ma grazie allo spostamento del fatturato delle controllate italiane in paesi ove la fiscalità è agevolata (ovvero bassissima o inesistente), al Fisco sono stati versati soltanto 64 milioni, per una aliquota fiscale effettiva mediamente pari al 32,1 percento: cioè sensibilmente meno di quanto paga un qualsiasi lavoratore dipendente compreso nello scaglione tra i 28.000 e i 55.000 euro l’anno al quale si applica una aliquota del 38 percento!

Ma non finisce qui. La ricchezza complessiva (finanziaria ed immobiliare) delle famiglie italiane si attestava nel 2017 a 9.700 miliardi di euro, oltre cinque volte il Pil. Ebbene tale ricchezza è estremamente concentrata, per cui il 10% più ricco detiene il 55% del totale, ovvero oltre 5.000 miliardi di euro: applicando a quel 10 percento più ricco un contributo straordinario di solidarietà nazionale pari al 5% della ricchezza si otterrebbe un gettito attorno ai 117 miliardi di euro. Altro che MES ed annesse condizionalità!

Nulla a che vedere, dunque, con le patrimoniali alla Amato o alla Monti o quelle a cui ogni tanto allude il PD ma, al contrario, un prelievo che, facendo salvi i risparmi accumulati in anni di lavoro, le prime case o le casette in campagna o al mare, consentirebbe di fronteggiare da subito le debolezze strutturali del nostro welfare facendo pagare i Paperoni ed utilizzando la leva fiscale in un’ottica finalmente redistributiva.

La retorica degli applausi e dell’inno nazionale cantato dai balconi che ha caratterizzato la prima fase della diffusione della pandemia si infrange ora con la realtà, come dimostrano le proteste che divampano in tutto il Paese.

Questo è il tempo della giustizia sociale, questo è il tempo di far pagare i ricchi fino all’ultimo centesimo rompendo l’assurda retorica del “tutti sulla stessa barca”!

Sanità pubblica e reddito per tutti!

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